Se avessi potuto
scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Esistono cose che sono
indimenticabili: il primo bacio dato dietro ai wc chimici del
campeggio, la prima efferata pagina di un libro che ti taglia il
polpastrello, quell'unica meravigliosa volta in cui hai picchiato una
chiave inglese sulla testa di tua sorella e le parole della prima
canzone che sei riuscito ad imparare a memoria.
Tua sorella, ancora
stordita dal colpo in testa, ti ha obbligato a cantarla mentre ti
faceva saltare la corda messa in moto da lei e dal vostro vicino di
casa, in un gioco così tremendo che nemmeno nelle caserme peggiori.
E quasi quasi, ti è
venuta in mente anche dietro a quel terribile wc chimico, mentre un
appiccicoso scambio di saliva iniziava a farti fare una serie di
domande filosofiche su chi siamo, da dove veniamo e perché passiamo
il tempo ad essere così igienicamente e romanticamente precari. (Più
tardi, avresti dato la colpa a Nora Ephron -vedi post precedente-, ma
questa è un'altra storia).
“Cerco
l'estate tutto l'anno e all'improvviso eccola qua...”
“Eh
no, eh. Celentano come voce fuoricampo non lo accetto...”
“Il
tuo bacio è come un rock...”
“Zitto!”
“Ehi,
ragazzina, ma come ti permetti? Sii grata del fatto che l'autore
della canzone che cantavi da piccola ti degni della sua presenza...”
“Non
è tua la prima canzone che ho imparato da piccola.”
“Impossibile.
A
mezzanotte sai che io ti penserò...”
“Smettila!
Potrai anche piombare a Sanremo a pontificare quando ti pare e piace,
ma accomodati fuori dalla pagina che sto scrivendo!”
“Veramente,
ho portato dell'estathè...”
“Potevi
dirlo subito! Resta pure, ma sappi che era 'Samarcanda' la prima
canzone che ho imparato a memoria...”
“Un'allegra
canzone sull'ineluttabilità della morte. Come ho potuto non
pensarci? Ridere,
ridere, ridere ancora...”
“Non
ti offendere, dai. Tra l'altro, ho capito di cosa parlasse molto
tempo dopo...”
“Beh,
anche nelle mie canzoni ci sono delle cose incomprensibili.
Prisencolinensinanciusol...”
“Celentano,
questo è Nestea, non estathè”
“E
non è la stessa cosa?”
No, non è la stessa
cosa. E' come dire che la pizza è sempre pizza, ovunque la mangi.
Oppure che vedere una cover band è come vedere la band originale.
Esistono cose che sono
indimenticabili, irripetibili e inenarrabili, alcune sensazioni che
sono numeri primi, cazzo. E no, la solitudine non c'entra.
Ormai non si può più
dire 'numeri primi' che tutti pensano alla solitudine. Chissà come
fanno i professori di matematica, chissà se desiderano dare una
chiave inglese sulla testa di Paolo Giordano per il fatto che
distoglie l'attenzione o se vogliono solo baciarlo dietro ad un wc
chimico per il fatto che l'attenzione la crea.
Chissà.
Ho
sempre pensato che il chissà
fosse
meno di un perché,
ma
più di un forse.
Ho sempre pensato che
fosse incomprensibile come il Nestea, anche se è fatto della stessa
materia di nostro signore delle estathènebre.
Ecco,
questa chiusura non piace a Celentano che, nel tentativo di avere una
sua ultima citazione, ha telefonato a Paolo Giordano per chiedergli
se anche
lui è nato per caso in via Gluck.
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