Se avessi potuto
scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Tredici
anni fa, ho smesso di suonare la batteria. Non che la suonassi da
tanto tempo né che fossi questo granché, ma la suonavo e ho smesso
per un problema caratteriale che diventava stilistico al cospetto
delle varie pelli da percuotere: ero troppo gentile con i tom,
chiedevo perdono al rullante per averlo picchiato troppo forte e
correvo a scrivere lettere di scuse ai miei vicini per il riverbero
dei piatti. Era uno strumento che non faceva per me, quindi ho
smesso.
Ho
suonato anche nella banda del mio paese, con le mostrine e il
cappello, ma soprattutto con Oris qualche fila più avanti che si
esibiva con un sax soprano, ancora più piccolo di lei, e con un
frangia talmente gonfia che sarebbe potuto decollare.
Ma
non siamo rimaste musiciste. Non eravamo portate.
Me
ne ero accorta già ai tempi, ma l'ho rispolverato quando mi sono
rimessa dietro ad una batteria, pochi giorni fa, e ho suonato un
quattro quarti che nemmeno la più scolastica delle rigidone: non
sono riuscita a non pensare al fatto che 4/4 equivalga ad un'unità e
non sono riuscita ad accettare di non saper suonare un tempo dispari.
“Se
fosse stata più consapevole dei rischi a cui andava incontro, lei
avrebbe accettato di cambiare regime...”
“Una
voce fuoricampo con la erre moscia non l'accetto...”
“Sono
Pierre Dukan, mi devi accettare per forza perché io sono il maestro
dell'accettazione...”
“Nel
senso di sbozzatura? Accettatura? Taglio di scure? Modellazione con
alabarda?”
“No,
non senso di dieta.”
“Pensi
che io debba dimagrire?”
“No,
penso che tu debba smettere di bere Estathè.”
Su
quella frase, orde di proteine hanno rullato di felicità, cortei di
carboidrati hanno manifestato in piazza e cesti di frutta e verdura
hanno perseverato a pensare solo al loro orticello. Non ci sono
quattro quarti nell'alimentazione, non c'è unità, né in tempi pari
né in tempi dispari.
“Senti,
Pierre, a parte che la Dukan è stata tacciata di qualunque cosa,
anche di procurare l'aumento di rischio di cancro al colon retto; ma
posso, secondo te, prendere sul serio l'opinione di un uomo che
divide la sua dieta in periodi, di cui il secondo si chiama
crociera?”
“Tu
devi prendere sul serio la mia opinione perché io ho aiutato un
sacco di gente ad essere felice...”
“E
sei stato pure radiato dall'albo dei medici”
“E'
stata tutta colpa dei carboidrati e delle loro lotte in piazza. I
carboidrati sono dei facinorosi!”
“Comunque,
tu e la tua erre moscia state perdendo il vostro tempo qui: è più
probabile che io ricominci a suonare la batteria in duo con il mio
amico Manganese piuttosto che smetta di bere Estathè”
“Non
si deve mai ricominciare a fare niente dopo il consolidamento
raggiunto: si chiama stabilizzazione.
Nella vita, si deve solo smettere di fare le cose, mai ricominciare.
E poi non fidarti del manganese, il manganese puro è tossico”
“Certo,
fidiamoci solo delle proteine: i succulenti pezzi di carne sono
sempre destinati al successo...”
“E'
sarcasmo questo?”
“No,
è ora che te ne vai!”
Nella
mia vita, ho smesso di fare un sacco di cose: ho smesso di bere il
caffè, di seguire il calcio, di mettere i libri in ordine alfabetico
e di mangiare le patate dolci; ma ho anche ricominciato a fare un
sacco di cose: ho ricominciato a mangiare il formaggio, ad andare sui
pattini, a guardare Sanremo e a scrivere a mano.
Conto
di smettere e ricominciare ancora miliardi di affari, ma nessuno di
questi ha a che fare con l'Estathè, anche se lo so che è un
chimicone pieno di zuccheri che non fa bene al mio organismo.
La
vita di tutti quelli che conosco è piena zeppa di dipendenze che non
sono risolvibili a colpi di rinunce forzate, di proteine o di
letteratura (sì, sto pensando a Jonathan Safran Foer). La vita di
tutti quelli che conosco è in esubero di massa, ma ognuno di noi si
tiene strette le sue peculiarità come se fossero doni.
E'
tutta colpa della forza gravitazionale.
La
massa è solo una povera proprietà intrinseca, come l'Estathè.
E'
la forza gravitazionale che la fa diventare pesante come piombo.
Sulla
luna, le nostre dipendenze peserebbero meno.
Sulla
luna, io sarei una gran batterista.
Peccato
non vendano Estathè, altrimenti, mostrine e cappello, sarei già
lassù.