Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 23 ottobre 2012

Diethè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Tredici anni fa, ho smesso di suonare la batteria. Non che la suonassi da tanto tempo né che fossi questo granché, ma la suonavo e ho smesso per un problema caratteriale che diventava stilistico al cospetto delle varie pelli da percuotere: ero troppo gentile con i tom, chiedevo perdono al rullante per averlo picchiato troppo forte e correvo a scrivere lettere di scuse ai miei vicini per il riverbero dei piatti. Era uno strumento che non faceva per me, quindi ho smesso.
Ho suonato anche nella banda del mio paese, con le mostrine e il cappello, ma soprattutto con Oris qualche fila più avanti che si esibiva con un sax soprano, ancora più piccolo di lei, e con un frangia talmente gonfia che sarebbe potuto decollare.
Ma non siamo rimaste musiciste. Non eravamo portate.
Me ne ero accorta già ai tempi, ma l'ho rispolverato quando mi sono rimessa dietro ad una batteria, pochi giorni fa, e ho suonato un quattro quarti che nemmeno la più scolastica delle rigidone: non sono riuscita a non pensare al fatto che 4/4 equivalga ad un'unità e non sono riuscita ad accettare di non saper suonare un tempo dispari.

Se fosse stata più consapevole dei rischi a cui andava incontro, lei avrebbe accettato di cambiare regime...
Una voce fuoricampo con la erre moscia non l'accetto...”
Sono Pierre Dukan, mi devi accettare per forza perché io sono il maestro dell'accettazione...”
Nel senso di sbozzatura? Accettatura? Taglio di scure? Modellazione con alabarda?”
No, non senso di dieta.”
Pensi che io debba dimagrire?”
No, penso che tu debba smettere di bere Estathè.”

Su quella frase, orde di proteine hanno rullato di felicità, cortei di carboidrati hanno manifestato in piazza e cesti di frutta e verdura hanno perseverato a pensare solo al loro orticello. Non ci sono quattro quarti nell'alimentazione, non c'è unità, né in tempi pari né in tempi dispari.

Senti, Pierre, a parte che la Dukan è stata tacciata di qualunque cosa, anche di procurare l'aumento di rischio di cancro al colon retto; ma posso, secondo te, prendere sul serio l'opinione di un uomo che divide la sua dieta in periodi, di cui il secondo si chiama crociera?”
Tu devi prendere sul serio la mia opinione perché io ho aiutato un sacco di gente ad essere felice...”
E sei stato pure radiato dall'albo dei medici”
E' stata tutta colpa dei carboidrati e delle loro lotte in piazza. I carboidrati sono dei facinorosi!”
Comunque, tu e la tua erre moscia state perdendo il vostro tempo qui: è più probabile che io ricominci a suonare la batteria in duo con il mio amico Manganese piuttosto che smetta di bere Estathè”
Non si deve mai ricominciare a fare niente dopo il consolidamento raggiunto: si chiama stabilizzazione. Nella vita, si deve solo smettere di fare le cose, mai ricominciare. E poi non fidarti del manganese, il manganese puro è tossico”
Certo, fidiamoci solo delle proteine: i succulenti pezzi di carne sono sempre destinati al successo...”
E' sarcasmo questo?”
No, è ora che te ne vai!”

Nella mia vita, ho smesso di fare un sacco di cose: ho smesso di bere il caffè, di seguire il calcio, di mettere i libri in ordine alfabetico e di mangiare le patate dolci; ma ho anche ricominciato a fare un sacco di cose: ho ricominciato a mangiare il formaggio, ad andare sui pattini, a guardare Sanremo e a scrivere a mano.
Conto di smettere e ricominciare ancora miliardi di affari, ma nessuno di questi ha a che fare con l'Estathè, anche se lo so che è un chimicone pieno di zuccheri che non fa bene al mio organismo.
La vita di tutti quelli che conosco è piena zeppa di dipendenze che non sono risolvibili a colpi di rinunce forzate, di proteine o di letteratura (sì, sto pensando a Jonathan Safran Foer). La vita di tutti quelli che conosco è in esubero di massa, ma ognuno di noi si tiene strette le sue peculiarità come se fossero doni.

E' tutta colpa della forza gravitazionale.
La massa è solo una povera proprietà intrinseca, come l'Estathè.
E' la forza gravitazionale che la fa diventare pesante come piombo.
Sulla luna, le nostre dipendenze peserebbero meno.
Sulla luna, io sarei una gran batterista.

Peccato non vendano Estathè, altrimenti, mostrine e cappello, sarei già lassù.

martedì 9 ottobre 2012

Essere John Fruscianthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


L'altro giorno ero sul balcone della mia cucina con Pezzetta, il mio coinquilino igienista, a studiare metodi per non ospitare più i piccioni o, per lo meno, per convincerli a pagare l'affitto. Avevamo appena finito di posizionare girelle, buste di plastica, chiodi, cd di Povia e una riproduzione di un gufo reale (loro acerrimo nemico), quando Oris mi ha chiamato da sotto la doccia perché aveva paura di affogare dopo aver sganciato la porta di vetro del box, facendola uscire fuori binario.
Ancora mi chiedo come abbia fatto, visto che Oris è alta quanto lo sportello del pensile basso dalla cucina, ma fatto sta che, in quel momento di pericolo e umidità, i suoi capelli erano come quelli di Lotte, la moglie animalista del burattinaio Craig Schwartz.
L'ho attaccata subito, parlando della differenza tra un sistema numerico posizionale in base 2 e il binario 9 e ¾ della stazione londinese di King's Cross, motivando le mie scelte antivolatili con la manfrina del libero arbitrio. Spaventata dalla mia foga, Oris si è messa a correre verso lo sportello del pensile basso della cucina, quello in cui conservo le mie scorte di estathè e ci si è nascosta dentro.
Dopo un minuto, una voce ha invaso la stanza.

Sono Jack Frusciante”, ha detto.
Jack? Ma non ti chiamavi John?”
John Frusciante, sì. Infatti volevo dire che sono Jack White”
Si, ma pure Jack White in realtà si chiamava John.”
Allora sono Jack Black.”
Pure quello è un nome d'arte”
Iris, lo sai che scassacazzi come te ne ho conosciute poche? E lo sai che pure Iris è uno pseudonimo di merda?”
A parte il turpiloquio, senti Jack Daniels, ho un problema con i piccioni...”
E con la merda dei suddetti.”
Già, ma vorrei che la chiamassi guano.”

Abbiamo scoperto che se ti infili nel pensile basso della cucina, bevi un bicchiere di estathè di straforo e senti una canzone dei Nirvana al contrario, entri nella testa di chi vuoi per 15 minuti. Siccome Oris è una grande comunicatrice, l'abbiamo convinta a entrare nella testa di un piccione e a parlare a tutti gli altri di un progetto web in crescita: smetteredicacare.com (a cura di un certo Bob UkuLele, genio sconosciuto ai più).
Il comunicato stampa parla di metamedicina e possessività e di come la stipsi possa essere un metodo di forza e di accumulazione per combattere l'odierna valanga di informazioni inutili e non richieste che, molto spesso, fanno più danni del guano.
Però non dite guano, dite merda”, c'ha suggerito John Holmes collegandosi con un jack.
Con i vostri modi gentili ed educati, mi avete fatto schiattare due anni fa, senza un goccio di concime”.
John Holmes era il mio olmo bonsai e la sua voce torna a trovarmi solo raramente, perché lui è stato uno dei miei errori più grandi: un ossimoro imperdonabile.

Alla fine della giornata, i capelli di Oris erano vaporosissimi e la sua eccitazione in seguito alle ingenti quantità di estathè bevuto era incalcolabile.
Io e Pezzetta abbiamo ricamato una maglietta con l'indirizzo internet del sito e l'abbiamo fatta indossare al gufo reale, ma non sappiamo se tutto questo basterà.
In compenso ci sentiamo sempre in bilico tra un film di Hitchcock e una centrale energetica a biomasse.
Il guano è una risorsa”, ci ha detto Lotte mentre giocavamo a Blackjack.
Quindi l'abbiamo infilata nel pensile degli estathè.
Perché quello, invece, sì che è una risorsa.

mercoledì 3 ottobre 2012

Posso bere un po' di estathè? No, non puoi.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Se potessi, farei un albero genealogico, una planimetria botanica della casa, un disegno da economista, con le entrate e le uscite, con i bilanci delle persone ospitate e viste, convissute e amate, provate e odiate. Se potessi, non farei passare il tempo che purtroppo è già passato, quello che ci divide dalle feste estive sul terrazzo della vicina, dalle cene di Natale con le palle dell'albero personalizzate, dalle partite di Risiko e dalle puntate di Sex&The city su La7d.
Se avessi potuto, avrei rubato gli occhi del finto di Modigliani del salotto, messo su uno di quei muri che se solo potessero parlare...

Posso bere un goccio d'estathè?”
Dipende.”
Da cosa?”
Senti di avere con Iris un rapporto di quel tipo? Sei sicuro che togliendo quel goccio la lascerai con un bicchiere di sicurezza? Potresti giurare di saper usare bene il punto e virgola?”
Casa Nardini è una casa nei dintorni di piazza Bologna. E' il pianerottolo di un attico, condiviso da due famiglie che sono sempre state una sola casa, con Decio, India e Sophie come dirimpettaie, una cosa che quando guardavi Friends negli anni '90 ti dicevi “Magari capitasse anche me” e poi è successa.
Casa Nardini, di partenza, è una casa di cinque persone, escluse le vicine, che però non si è mai banalmente fermata a cinque e chi non c'ha dormito nemmeno una volta, alzi la mano.

Oris, Iris, Martina, Roberta e Patrizia. Via Patrizia e dentro Jon. Via Jon e dentro Matteo. Via Roberta e dentro Eleonora. Via Martina e dentro Francesca. Via Matteo e dentro Renato. Via Francesca e dentro David. Via David e dentro Federico. Via Federico e dentro Aldo. Via Eleonora e dentro di nuovo Federico. E poi tana libera tutti.
In nove anni, quattordici coinquilini in tutto, esponenzialmente elevati ad un certo quantitativo di amici ciascuno, che aumentati dagli amici di Decio e dagli amici degli amici di Decio e di tutti, diventano un numero incontenibile di persone che sono state ospitate, sfamate, abbigliate e pettinate in quella casa.

Posso bere un goccio d'estathè?”
Dipende.”
Da cosa?”
Rifai sempre il letto quando ti svegli la mattina? Hai mai pensato che fare le sciarpe sia un buon metodo antistress? Sei pronto a condividere una coppa d'amarezza mentre sei seduto sotto il manifesto di Amarcord?”

Sono tre giorni che vivo in una casa nuova, senza essere nemmeno certa del quartiere in cui sto. Non ho girato molto, mi sono solo assicurata, in una passeggiata mattutina con un amico che è una consolante consonante, che c'è un posto in cui posso comprare l'estathè.
Abbiamo bucato i brick, fermi ad un semaforo, per festeggiare.
Sono innumerevoli le cose che mi mancheranno di Casa Nardini e sono ingestibili tutti i ricordi che mi legano a quel posto. Ricordi e cose che sono persone, eventi, risate, festeggiamenti, febbri, esami, litigi, tagliatelle al ragù di cinghiale, amari del capo, lavatrici in panne, bicchieri rotti, tovaglie, sveglie, scampanellate, pianti, cani, sedie e tagli di capelli. Nove anni sono tanti davvero.

Posso bere un po' di estathè?”
No, non puoi.”
E perché?”
Non ce n'è più nemmeno un goccio...”

Ebbene sì, le cose finiscono.
Finiscono le stagioni, gli amori, i biscotti e le bottiglie di estathè.
Spero che i nuovi inquilini non bevano thè deteinato.
E spero che dall'altra parte del mio nuovo pianerottolo ci sia una casa di Bruxelles.