Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

domenica 30 dicembre 2012

Pessime annathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Mi piace visualizzare gli anni geometricamente: i dodici mesi, per me, corrono su una circonferenza simile a un pulsante di avvio che, alla metà del suo quadrante destro, presenta un trattino orizzontale che la fa sembrare una G: un meno che stabilisce la fine di quei trecentosessanta gradi, equivalenti a trecentosessantacinque giorni, quattro stagioni, due pasque, un natale, un ferragosto, trecentosessantaquattro non compleanni e nessuna festa del grazie.
Quella stanghetta che fa partire un nuovo anno è il 31 dicembre, un giorno come tutti gli altri, che si prende, però, molto più spazio degli altri, e lo fa immotivatamente, con strombazzate fragorose, vestiti pieni di strass, tappi che esplodono spumante, lenticchie che si incastrano nei denti, ricchi premi, cotillon e manco un bicchiere di Estathè.

Er trentuno dicembre è solo vigilia, comunque. Capodanno è er primo de gennaio”
Ma questa voce viene dal vischio?”
Vischio? Ma quale vischio? Vischio maschio senza rischio? Io so' er dio Giano e vengo da Fiano Romano”
Da Fiano Romano? Ma il fegato di Piacenza non aveva detto che eri un po' etrusco?”
Etrusco? Parla co' quello mio de fegato che conosce solo er vino dei castelli. Tu continua a fa' la sfigata con l'Estathè...”
Senti Giano, l'anno è già stato quello che è stato, ci manchi solo tu a renderlo ancora peggiore.”
Girava voce che Irise Versicolon fosse 'na tipa strana, arcigna, sempre incazzata, de quelle che nun se mettono le mutanne rosse a capodanno per intenderci, ma er Dio Giano, creatore e patrono degli inizi, dei passaggi, delle porte e perfino delle soglie delle case su cui cacano i piccioni, l'aveva voluta incontrare lo stesso...”
Scusa se ti interrompo, ma i piccioni sono stati debellati dalla mia casa grazie all'idea di Pezzetta di riprodurre su legno dei gufi reali...”
Scusa se te interrompo io, ma 'sti cazzi? Io sto qua, in veste autorevole, solo pe' esse la voce fuori campo de st'anno de merda...”
Beh, il guano dei piccioni è una buona rappresentazione di questa anno andato...”
Incontrandola, Giano aveva scoperto che Irise Versicolon era davvero 'na tipa strana, co' na specie de patologia convulsa pe' le metafore e pe' le immagini auliche rappresentative de qualche cosa, ma aveva anche scoperto che finiva comunque a parlare de merda pure lei. Forse perché er 2012 era stato veramente un anno difficile con la crisi, l'aumento dei prezzi, la profezia insolvente dei Maya e l'IMU, mortacci loro, che pe' l'imposta sur Gianicolo, er Dio Giano era rimasto solo co' le mutanne rosse...”

Oris quest'anno, non ce la fa a smettere di polemizzare per il fatto che il mondo sarebbe dovuto finire il 21 dicembre, giorno che invece è passato in sordina, senza esplosioni, devastazioni, terremoti o inondazioni. Io mi ero comprata una cassa di estathè per i titoli di coda, ma il giro di ruota non si è fermato, l'anno è giunto al suo termine naturale e ci troviamo ad affrontare una nuova circonferenza, altri gradi, giorni inediti, perimetri sconosciuti.
Oris non riesce a spingere il pulsante di avvio e a buttarsi nella mischia, senza guardarsi indietro: sembra diventata come Giano, un dio bifronte che copre con gli occhi tutti e trecentosessanta i gradi del passato, oscillando tra risentimento e ostinazione.

Ho brindato”, mi ha detto Oris.
Ho baciato sotto il vischio, fatto il conto alla rovescia, guardato i fuochi d'artificio, indossato una cosa vecchia, una cosa nuova e una cosa brutta, buttato via una cosa rotta, mangiato le lenticchie che fanno ricchezza e i chicchi d'uva che portano fortuna. Ho letto gli sms zozzi di buon augurio in rima, messo il cappotto al rovescio e imparato la differenza tra zampone e cotechino. Sono partita, rimasta, stata in casa o in un locale, ho festeggiato al chiuso o in piazza. Ho riso, pianto o mimato indifferenza. Eppure...”
Eppure sono state pessime annate.

Siccome Oris, una volta tanto, ha ragione, quest'anno non faremo uso di tradizioni, fingeremo che la vigilia di capodanno sia davvero un giorno come tutti gli altri. L'unica cosa nostalgica che farò sarà prendere una bottiglia di Estathè dalla scorta fatta per l'apocalisse per portarla nell'anno nuovo e sistemarla nella cantina dei ricordi.
Benvenuti ner duemilaecredici”, ci dirà Giano a mezzanotte.
E noi entreremo in un nuovo anno probabilmente bislacco, ma geometricamente perfetto.

martedì 11 dicembre 2012

Buone festhè!

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Sono tre mesi che ci siamo trasferiti nella casa nuova, eppure non smettono di succedere le cose che facciamo per la prima volta nella casa nuova. La prima cena sociale. La prima sciarpa chiusa. La prima volta che Core è caduta per strada venendoci a trovare. La prima torta salata. La prima torta dolce. La prima bottiglia di Estathè essiccata (ovviamente questa è stata la prima cosa che ho fatto, in assoluto, nella casa nuova).
E adesso, il primo albero di Natale.
La lunga diatriba che ha preceduto la messa a punto dell'addobbo è stata scandita dal sottofondo di Oris che inneggiava alle palle di cioccolato, sua unica vera richiesta, mentre io e Pezzetta discutevamo sulla verità più profonda dell'albero di Natale: in sostanza, io volevo usare il vecchio albero in pura plastica, spelacchiato e stortigno, mentre Pezzetta voleva comprare un albero vero.
Alla fine ho ceduto, perché era l'unica maniera di impedire ad Oris di continuare a urlare: “Palledicioccolatopalledicioccolato”, saltellando per casa come in overdose da zuccheri.
Quando Pezzetta e l'albero hanno citofonato, sono andata ad aspettarli davanti all'ascensore, pensando a quelle scene da film americano con abeti giganti trascinati per metri che sembrano chilometri. Solo che la luce dell'ascensore non si accendeva e sentivo i passi di Pezzetta per le scale.
O l'albero sta salendo da solo, oppure è talmente piccolo che non ha dovuto nemmeno prendere l'ascensore”.
Palle di cioccolato”, mi ha risposto Oris contrariata.

Era chiuso in una rete arancione, era pungente e profumava di bosco.
Sono Æbete, il vostro albero di Natæle”, ha detto.
Mi ha guardato, io l'ho guardato, poi ho guardato Pezzetta e ho spinto Oris affianco al sempreverde.
E' più basso di Oris, che è la misura universale della bassitudine. Praticamente, potevamo addobbare una bottiglia di Estathé...”.
Æbete è parso offeso, tutto aggrovigliato su se stesso, anche perché, in realtà, era alto come ben tre bottiglie di Estathè messa una sull'altra.

Sono un ænimo sensibile, io. Se non mi volete, mi faccio da pærte”
Abete, scusa, ma mi sa che ti sei già fatto da parte”
Si dice Æbete, è questa la pronuncia giusta.”
Beh, èbete, pendi da un parte. Ti hanno invasato male.”
Potrei denunciarti per maltrattæmenti.”

Mentre disquisivo con Abethé, Oris ha cominciato ad addobbarlo, ha preparato una cioccolata calda che nemmeno nella pubblicità Ciobar (suppongo fosse un tentativo di fare da sola le palle di cioccolato che non le abbiamo comprato) e devo dire che aprendo le braccia, il vegetale ha acquisito fascino.
Niente puntæle, græzie. Equivarrebbe a tagliarmi la testa
Palle di cioccolæto”, ha chiuso Oris prima di far partire l'illuminazione.

Chiaramente, Æbete è già diventato uno di famiglia, ci ha riunito intorno a lui per parlare male degli alberi di natale troppo magri, di quelli tossicodipendenti, dell'associazione solidale con gli alberi costretti alla coabitazione con i felini e del gruppo di supporto per la depressione post feste. Poi, ci ha anche cantato le canzoncine migliori, con quella sua pronuncia un po' læppone, trasportando Oris in un coro da vecchia frequentatrice di karaoke, quando ha attaccato con “La prima cosa bella”.
Questa non è una canzone di Natale”, li ha interrotti Pezzetta con il suo peso specifico musicale elevatissimo.
San Nicola di Bari ha dato origine al mito di Santa Claus”, ho detto io con sapienza, smuovendo l'Estathè in un bicchiere da whisky.
San Nicola di Bæri”, ha ripetuto Æbete, mostrandoci una chiara pronuncia pugliese più che lappone.

Stiamo costruendo un cubo con i vuoti di Estathè per mettere i tacchi ad Æbete, in modo che sia alto almeno quanto Oris e il pensiero che finite le feste ci dovremo dividere inizia già a distruggerci.
Credo che lo faremo rimanere in casa per sempre.
Potrebbe essere la prima cosa veramente bella che facciamo nella casa nuova, oltre a raccogliere i punti dei Regalissimi Ferrero che giustificano il mio abuso teinico con l'obiettivo di un tostafette che disegna delle N di Nutella sul pane.
Enne di cioccolato”, ha detto Oris.
Enne di Nicola di Bari”, ha detto Pezzetta
Enne di Natæle”, ha detto Æbete.

Enne di Estathè, ve lo dico io.