Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

lunedì 18 febbraio 2013

Ballathè, amici!

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Io, Oris e Pezzetta abbiamo una zona notte fatta di tre camere da letto, un bagno, uno sgabuzzino e un corridoio che ci divide dai giorni, quando i giorni diventano cattivi. E allora certe mattine tristi, prima di andare a fare colazione, Pezzetta, il nostro esperto musicale, mette un pezzo, e tutti e tre balliamo in corridoio per cercare di renderci talmente tanto ridicoli che niente di peggio potrà succedere, quel giorno.
Se scelgo io la musica, di solito, metto Rock Around the Clock di Bill Haley oppure Lookin' out my back door, Up around the Bend o qualsiasi cosa dei Creedence Clearwater Revival, ma loro si lamentano perché dicono che sono monomaniacale (infatti, molto raramente mi è permesso di mettere la musica).

L'altra mattina, Pezzetta ha messo Give my love to rose di Johnny Cash, ma era troppo triste; allora Oris ha fatto partire Salvation dei Rancid e Salute your solution dei The Raconteurs. Pezzetta ha rilanciato con Maybellene di Chuck Berry e I've got my love to keep me warm di Ella Fitzgerald e Louis Armstrong, ma poi Oris ha distrutto tutto con Farewell Mona Lisa dei The Dillinger Escape Plan.
In questo gioco al rialzo, io non riuscivo a ballare nemmeno una nota e loro continuavano a discutere su chi doveva mettere le canzoni, su quanta dose di tristezza usare, su come potevamo salvare quel giorno e su chi dovesse preparare la colazione, poi, che è sempre un dramma. E in tutto quel casino, è arrivato lui e si è presentato.

Sono Fourier, amici! Il capitolo dell'amore, che si credeva esaurito, è appena iniziato; stiamo per entrare in un nuovo mondo amoroso in cui tutto sarà per noi sorprendente, come questo vostro poliamore...”
Oddio Fourier! Della serie di Fourier! Della trasformata di Fourier! Cos'è questa? Un'analisi in frequenza del sistema dinamico del nostro impianto stereo?”
Non sono un matematico, io sono un filosofo. Dalla mia opera Il nuovo mondo amoroso, parte il concetto di poliamore che voi rappresentate così bene...”
No, Fourier, non ci siamo capiti...”

Mi sono dovuta fermare per raccontare a Charles che il nostro non è un poliamore, che Oris è mia sorella di nascita e Pezzetta è nostro fratello per acquisizione. Che, oggi, a trent'anni e dintorni, la gente vive insieme pure se non è sposata o pluriunita e che le complicazioni della nostra società non c'entrano niente con tutti i sistemi utopistici che la filosofia si è tanto impegnata a immaginare. C'erano una volta la famiglia, il lavoro, l'affermazione personale, la politica, l'ambizione, le spalline, l'Estathè a basso costo, il mutuo per comprare casa, i contributi, Sergio Endrigo a Sanremo, ma poi è stato tutto riformato, annacquato, mistificato. Altro che trasformata integrale di Fourier, c'è stata una derivazione puntuale, un abbandono alla corrente.
E a noi, individui incerti che si uniscono in bizzarre famiglie che sembrano polimeri, non ci resta che ballare.

Iris, che hai? Ti senti bene? Con chi stai parlando? Ti stai intristendo troppo! Così, non va bene. Dai, sceglila tu la musica”

Grazie a Fourier, ho preso in mano le redini della situazione, mi sono scrollata di dosso l'analisi matematica dei fatti e ho spinto play. Quando è partita Tremarella di Edoardo Vianello rifatta dai Persiana Jones, Oris e Pezzetta hanno sbuffato, ma poi si sono fatti trascinare.
Pezzetta dice sempre che lui non balla ma la realtà dei fatti è che le sue coreografie su Tremarella sono la cosa che più lo avvicina alla santità, alla nobiltà d'animo, al trattamento ecclesiastico: al diventare Don Lurio, insomma.


Non siate tristi, amici, ballate anche voi.
Chi balla peggio, prepara la colazione.
Chi riesce a seguire la coreografia, vince un brick di Estathè.

Il polimero batte sempre il poliamore, è una cosa scientifica.

sabato 9 febbraio 2013

Stagionathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Ad un certo punto, le stagioni si sono mescolate: autunno e primavera hanno fatto finta di sparire, infilandosi in un luogo comune che poi è diventato proverbio e, nel frattempo, come abili carbonari, i vari climi si sono messi a combattere giornalmente la loro guerra di sopravvivenza.
E' così che mi sono spiegata il fatto che di giorno è primavera e di sera è autunno, in un mese che non è nemmeno il povero marzo, da sempre accusato di varie patologie psichiatriche senza fondamento (pazzerello è un aggettivo decisamente fraintendibile).
La stagionatura non è solo un periodo di maturazione, è anche un sistema di difesa, “l'insieme di accorgimenti protettivi a cui”, cito testualmente, “deve essere sottoposto il calcestruzzo giovane”.

Io non mi sento giovane, non mi sono mai sentita giovane, e non mi sento nemmeno calcestruzzo, anche se, insieme a capodoglio, calcestruzzo è una di quelle parole che mi recano gioia. Questo conglomerato cementizio viene scasserato da una cassaforma durante la stagionatura, e allora, niente, la mia è una stagionatura diversa.
Più che altro, infatti, io mi sento un formaggio di fossa, visto che per combattere il sogno rivoluzionario dei settari del clima confuso, stagiono da due mesi nella mia camera ovale, manco fossi il presidente delle Sagre Unite Di Sogliano al Rubicone.
Le poche volte che sono uscita di casa ho sudato perché ero vestita troppo pesante oppure sono morta di freddo per l'insostenibile leggerezza del mio cappottino rosso.
Quindi, ho deciso che mi ci voleva una stagionatura.

Se dobbiamo stare qui dentro, spero che miglioreremo l'architettura interna della stanza”
Jacopo Barozzi, che stile”
Mi avete riconosciuto...”
Certo, tu hai fatto a pianta ovale perfino una scala a chiocciola autoportante”
Questa stanza però non è ovale, non dovreste dirlo”
Ma quando usi questa seconda persona plurale, lo fai perché parli a me e alla mia bottiglia di Estathè?”
Non capisco proprio a cosa vi riferiate”
Jacopo Barozzi, che stile. Anche se...”
Prego?”
Anche se, niente... Si può dire che la torta Barozzi fa schifo?”
Assolutamente no”
Secondo me si potrebbe sostituire l'Estathè al caffè per renderla più...”
Assolutamente no”
E' che quei fondi di caffè danno diciamo una stagionatura, una secchezza, una malloppanza al composto che è un pochino duro da deglutire...”
Si chiama manierismo e vi faccio presente che la parola malloppanza non ha alcun tipo di significato”
Vignola, fai poco il saputello, malloppanza è un rafforzativo di mappanza, che in questo caso è d'obbligo visto quanto costa la torta Barozzi. E poi smettila di darmi del voi e di scandagliare in questo modo la sistemazione dei mobili: questa è una stanza per stagionare, non è mancanza di estetica è pura utilità...”

Dopo aver costruito un rialzo per computer con i semi di zucca, Jacopo Barozzi, detto Il Vignola, si è messo a giocare con i vuoti di Estathè e, dai bozzetti del suo progetto, ho il timore che mi stia costruendo un soppalco per il letto.
Mentre lui produce, il cielo ha iniziato a ghiacciarsi e dalla bella mattina che era, la giornata sta virando verso la rigidezza.

Jacopo, mettiti questo maglione che fa freddo”
Non potete obbligarmi, tutta questa lana crea una certa malloppanza. Piuttosto sbrigatevi a finire di bere, ché quella bottiglia mi serve per il comodino...”

L'architettura del clima, la mia stanza e il talento di un uomo del Cinquecento mi stanno portando alla follia. Ora mi vesto a cipolla e vado a fare una passeggiata, anche perché voglio delle mensole e, visto che Jacopo non ha alcuna intenzione di usare il calcestruzzo, ho bisogno di altre bottiglie di Estathé.
Arriva marzo, salvami tu.