Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 23 luglio 2013

Thècnologia della fede

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Quando ero piccola, mi è capitato (in rare occasioni, che ho comunque reso cruciali nei miei ricordi) che una lampadina si fulminasse al mio contatto con l'interruttore che la gestiva.
"E' perché sei elettrica!", mi diceva mia madre.
Ero fermamente convinta che se stonavo avrebbe piovuto, che stringendo il telecomando forte forte non avrei provato dolore durante le iniezioni (questa credenza in particolare è merito del delirio di onnipotenza televisiva di Oris) e che Del Piero avrebbe segnato solo se me ne stavo zitta e immobile sulla poltrona del salotto.
Nelle ultime due settimane, oltre al gancio della tenda, mi si è rotto il telefono, poi il computer e poi di nuovo il telefono: allora mi sono ricordata di Licia Maglietta in Agata e la tempesta e ho pensato di essere una specie di slider (SLI sta per Street Lamp Interference, ma credo di poter allargare il fenomeno al lampadario della mia camera da letto di bambina, andato in pappa non appena ho toccato l'interruttore; "E' perché sei elettrica!", mi ha detto mia madre).
Io non credo al paranormale, nemmeno quando lo si giustifica con i campi elettromagnetici, ma quando il tipo che mi ha aggiustato il telefono mi ha detto che era tutto a posto e che probabilmente era colpa della maniera in cui spingevo il pulsante di accensione, ho pensato davvero a un fenomeno di compensazione tecnologica della mia ansia. Ho pensato che fosse tutta colpa mia.

"Non piangere, Iris!"
"Devo piangere, Madonnina della 'mella"
"E perché? Sentiamo..."
"Essenzialmente per due motivi: il primo è che, a luglio, questi stronzi di accaldati fanno impennare la domanda di Estathè e la Ferrero non tiene botta, quindi io mi ritrovo molto spesso a dover razionare le mie risorse. E poi..."
"E poi?"
"Mi si sono rotti il computer e il telefono, non so nemmeno quanti dati ho perso..."
"Devi avere fede, Iris"
"Ho tante cose, Madonnina, ma non la fede. Domani compio 29 anni, è escluso che io possa avere fede"
"Fai così: pensa intensamente al mare mentre fai due giravolte intorno al computer, irrori la ventola con l'aria fredda di un fohn e spingi a ripetizione il tasto E sulla tastiera. Se bevi un sorso di Estathè al contrario, fissando una capra e urlando Angela Lansbury, vedrai che il computer si riaccende"

Ognuno di noi sceglie in cosa credere: l'oroscopo di Brezsny, la colonna destra di Repubblica.it, la Street Lamp Interference o la Casaleggio&Associati.
Io e Oris, quando eravamo piccole, credevamo nella Madonnina della 'mella: ci inginocchiavamo davanti a un quadro e chiedevamo delle caramelle; le 'melle ci arrivavano uscendo direttamente dalla cornice. 
Prima che io diventassi così elettrica da fulminare le lampadine, quello era il prodigio più esaltante che conoscessimo. 
I nostri genitori erano passibili di denuncia per vari motivi: innanzitutto la Madonnina della 'mella non era una vera madonna ma un ritratto di nonna Oris fatto da un artista amico di mio padre (nonna Oris è quella che ha dato il nome alla regina del telecomando); e poi le caramelle venivano lanciate da loro sul quadro che, a sua volta, le rimbalzava a terra.
Non si capisce perché alcuni individui procreatori si divertano a traumatizzare la loro prole ma, venticinque anni dopo, ancora si sbellicano dalle risate se parliamo della Madonnina della 'mella.

Dopo queste due settimane di tecnologia avversa, di ansia, tristezza da assenza di Estathè e sindrome pre compleanno ho voluto credere a nonna Oris: ho fatto quello che mi ha detto, ma il computer non si è riacceso.
"E' perché sei elettrica!", ha commentato mia madre.

Ho un amico che, quando cerco di parlargli in modo serio di sentimenti, mi dice sempre "Eppure sei una scienziata... Vuoi anche dirmi che abbiamo un'anima, Federico Moccia?".
Di solito non lo degno di una risposta ma, stamattina, in questo ultimo post prima della vacanze estive, mi sento di parlare di fede che, no, non è il diminutivo di Federico Moccia.
Io credo nell'elettromagnetismo, nella forza di gravità e negli spostamenti d'aria. Credo nella tecnologia e nel prisma triangolare ma, ogni tanto, devo ammetterlo, io credo nella Madonnina della 'mella.
Mi sono inginocchiata davanti a una bottiglia di Estathè con la Signora in giallo in sottofondo e, a poche ore dal mio compleanno, mia madre e mia sorella hanno fatto comparire un computer nuovo come regalo.
Del Piero ha segnato, ho cantato senza far piovere, la luce è rimasta forte e il telefono ha ricominciato a funzionare.

Buon compleanno, Madonnina della 'mella!

P.S. Se ti avanza tempo, mi faresti vincere la maglietta dell'Estathè? Non voglio una raccomandazione, una segnalazione piuttosto.

lunedì 8 luglio 2013

Le partithè di pallone

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Quando a casa c'è Oris è sempre domenica, pure se è sabato o se è un giorno feriale qualsiasi che per qualche motivo non è di lavoro. Domenica è quel giorno della settimana che è posizionato prima del lunedì, un po' triste e un po' conclusivo, durante il quale ondeggi per la casa in déshabillé, sei pieno di cose da fare (tutte quelle che non riesci a fare durante la settimana), pensi che in televisione ci sia Quelli che il calcio pure se il campionato è finito e pranzi alle quattro del pomeriggio perché ieri sera siamo usciti...
«Oris, guarda che ieri sera non siamo mica usciti...»
«Iris, è la tua parola contro la mia, noi comunque prima delle quattro non cuciniamo. Se vuoi mangiare da sola come nelle case degli studenti che hanno i piani del frigo separati, con le tagliole sulle scorze dei formaggi, fai come ti pare».

Peccato Iris!
Oggi non hai vinto la tua domenica perfetta.
Torna domani per tentare di nuovo la fortuna.

Oggi, per esempio, è domenica. Pure ieri era domenica. E pure il giorno prima.
Questa settimana, ci sono toccate tre domeniche di seguito a casa mia, fatte di pulizie di spazi privati, pulizie di spazi comuni, raccolta di oggettistica di Oris sparsa per tutta la casa (con pesca a premi finale), spesa settimanale con carrello privato («Va bene, compriamolo nero non rosa, sennò Pezzetta si arrabbia...») e:
«Dovrei fare una lavatrice...»
«Pure io»
«Magari possiamo farla insieme»
«La tua di che è?»
«Scuri»
«Io ce li ho e pure Pezzetta, c'è spazio per la roba nostra?»
«Penso di sì...»
«Però, io ho una mutanda...»
«E mettici 'sta mutanda, Pezzetta»
«D'altronde, si sa: è famiglia solo quando si lavano le mutande insieme»

A casa nostra, di solito, avviene uno strano fenomeno per il quale i panni di Oris, durante la settimana, fuggono dal cesto di loro iniziativa, si differenziano da soli e poi si buttano sfiniti nella lavatrice, o almeno questo è quello che pensa lei quando torna a casa e li trova puliti e piegati sul suo letto. Nel caso strano in cui è lei ad essere promotrice a attrice di un lavaggio, ci invita a conficcare le nostre cose nel cestello facendo leva sul silicone del water, solo per poter dire:
«Aò, però la stendete voi che io l'ho fatta partire»
«Ma io ci ho messo solo una mutanda!»
«Guarda che non è che perché, nel tuo idioma partenopeo, si dice al singolare, quella mutanda occupa meno spazio dei vestiti di Iris...»
«Sì, Oris, però sei tu che hai lanciato l'idea della lavatrice...»
«E' vero, così come è vero che accollarsi ha un prezzo...»
«E quando noi laviamo i tuoi, allora?»
«I miei vestiti si autogestiscono, provate a dimostrare il contrario»

Peccato Iris!
Oggi non hai vinto il tuo lavaggio a scrocco.
Torna domani per tentare di nuovo la fortuna.

Tutti e tre continuiamo ad ondeggiare all'interno delle nostre partite domenicali cercando di risolvere il più possibile, ma io continuo a perdere la mia battaglia più grande, da tre domeniche a questa parte, anzi da più di dieci giorni, avvalorando dentro di me la tesi che viviamo in un mondo ingiusto, tra gente ingrata perché non c'è una persona su questo pianeta che meriterebbe di vincere quella battaglia più di me.
L'Estathè ha indetto un concorso che si chiama Vero come te: uno risponde ad una serie di domande, crea una maglietta personalizzata e poi tenta la fortuna per vincerla.
Io, ovviamente, continuo a non vincerla.


Peccato Iris!
Oggi non hai vinto la tua T-shirt personalizzata.
Torna domani per tentare di nuovo la fortuna.

«Se mi dai la grafica, la facciamo fare noi questa cazzo di maglietta...»
«Ma no! E' una questione di principio! La devo vincere...»
«Iris, non gliela dare la grafica a questo che te la fa stampare sopra una mutanda...»
«Oddio! A proposito di mutande, ma chi l'ha stesa la lavatrice?»

Il bello delle domeniche d'estate è che, facendo zapping per cercare Quelli che il calcio e ascoltando Pezzetta che difende termini come 'Nguacchio o 'Nzivare, finisci per dimenticarti pure come ti chiami. Per questo motivo, il programma Risciacquo della lavatrice viene fatto partire anche cinque o sei volte di seguito, perché i vestiti se li lasci pure solo per quattro minuti e mezzo dentro la lavatrice con l'oblò chiuso, guadagnano quella puzza di umido che non ti sbagli.
Io credo che peggio di una persona che indossa vestiti con quell'odore, ci siano solo due cose: una persona che indossa una maglietta personalizzata dell'Estathè, se quella persona non sono io, e il verso di Una partita di pallone, in cui Rita Pavone dice E se scoprir io potrò che mi vuoi imbrogliar da mamma ritornerò, quando senti che quel verso lo vorresti dedicare a quelli della Ferrero.

Estathè, perché? Perché la domenica mi lasci sempre sola?