Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

domenica 16 settembre 2012

L'estathè sta finendo

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Io vengo da un paese di collina (che pure se ci sale Hugh Grant non diventa una montagna), contornato da una famosa pianura bonificata e non troppo lontano dal mare: una summa di possibili altitudini e metrature che ne fanno un bel posto, uno di quelli che guarda che la sera devi metterti un maglioncino.
Quello che rende il mio paese di collina un posto di cui vado particolarmente orgogliosa sono le statistiche da consumo di estathè: è chiaro che se la Ferrero facesse un concorso per assegnare la medaglia del maggiore consumo pro capite del bene, il paese sbancherebbe. Trovi l'agognato brick perfino allo stand della carne di capra nella sagra di agosto.
Sarà anche per questo che sono abituata male. Quando viaggio, mi indigno non poco se non posso apporre il mio bollino giallo di teinica presenza sulle città, fossero anche città meravigliose.
Come disse Don Buro, in quel capovaloro cinematografico di Vacanze in America: “E poi senti Giuà, saremo puro burini ma beata la 'gnoranza!”.

Don Buro è stato il mio spirito guida, l'accompagnatore indispensabile con cui ho condiviso la réunion della Anonima Tisanisti di quest'anno, tenutasi a Mantova, città meravigliosa e non parca di estathè (due tisaniste mi hanno visto piangere di fronte al bar della stazione mentre agitavo due brick tra le mani).
E' stato un viaggio da intellettuali, durante il quale abbiamo parlato principalmente di Violante Placido, della teoria estetica delle ragazze Cin-Cin di Colpo Grosso e soprattutto di come la precarietà si sia fatta spazio nel mondo a partire da “Call me” dei Blondie per arrivare a “Call me maybe” di una tipa uscita da Canadian Idol, un excursus sociale e culturale di forse su cui uno dei tisanisti scriverà la tesi.
Siccome la levatura dei nostri discorsi era innegabile, ad un certo punto, ci hanno dato un microfono, ci hanno messo di fronte a delle persone e ci hanno chiesto di parlare.
Essendo in disintossicazione, non abbiamo potuto bere una tisana per farci coraggio, quindi il panico si è facilmente impadronito di noi, facendoci invocare Micheal e Johnson, i mitici Righeira che sono arrivati con vocoder e sintetizzatori e si sono seduti accanto a Don Buro, con le loro giacche laminate.

Neo psichico es el sintético edén
Yo quisiera estar ahí más
No tengo dinero, no, no, no, no”

E' tempo che i gabbiani arrivino in città
L'estate sta finendo lo sai che non mi va...”

El vento radiactivo
despeina los cabellos
Vamos a la playa oh, oh, oh, oh, oh”

Ebbene sì, ce la siamo cavata, grazie alle rime dei Righeira tirate fuori dalle tasche e ai santini di Don Buro usati come segnalibro.
Mantova, ripeto, è una città stupenda, è bene che si sappia, ma non vendono l'estathè in tutti i bar e, una mattina, ho dovuto bere un Lipton: un gesto da fine dell'anno, da spumante sgasato, da lenticchie fredde; una di quelle sventure che ti spingono a fare la lista dei buoni propositi per l'anno nuovo:
  1. Cambiare casa
  2. Farsi crescere i capelli
  3. Monogamia assoluta con l'estathè (massimo della concessione: un infuso propaganda con EcCì, l'amica che, rettifico, non beve solo caffè freddo -ho rischiato la denuncia per il post precedente, si vede che non sono l'unica maniaca di liquidi eccitanti-)

Siccome i Tisanisti guardavano prima me e poi il Lipton, poi sempre il Lipton e dopo di nuovo me, ho dovuto aprire youtube dallo smartphone (che Oris mi ha regalato contro la mia volontà) per cercare di farli sentire il meno smarriti possibile.
Quando è partito il sax, tutto è diventato dannatamente ufficiale.

L'estathè sta finendo
e un anno se ne va
sto diventando grande
lo sai che non mi va


Tanti auguri.
Iris.