Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
L'entusiasmo
con il quale mia madre mi ha telefonato per dirmi che si era rotto il
serbatoio del nostro sistema idraulico mi ha fatto subito pensare a
quella volta che ho preso 4 in matematica (l'unica volta in vita mia
che ho preso 4 in matematica): glielo avevo comunicato tra i
singhiozzi, disperata, e lei si era messa a ridere, era arrivata
perfino a esultare, «Evviva!»: aveva detto a mio padre; e allora
io, incredula, avevo iniziato ad accusarla di avermi rovinato la
carriera scolastica e la vita, obbligandomi ad andare in settimana
bianca senza libri, che era colpa sua se il compito a sorpresa al mio
rientro mi aveva colto impreparata. Devo ammettere che nessuna accusa
aveva minimamente scalfito il suo atteggiamento gioioso: forse mi
stava educando alla sconfitta o forse ho solamente una mamma un po'
strana.
Dunque,
quando l'ho sentita che mi urlava felice: «Iris, non puoi capire! Si
è rotto il serbatoio dell'acqua!», non mi sono preoccupata, non
l'ho immaginata in preda a un raptus distruttivo, non me la sono
figurata nell'atto di percuotere il serbatoio con la sua pesantissima
borsa sempre piena di roba e di fogli, ho impedito alla mia mente di
visualizzarla mentre aizzava Léon contro la cisterna, sventagliando
una merendina come ricompensa, no: invece di pensare che
quell'entusiasmo fosse causato dalla vittoria di una donna troppo
multitasking contro un oggetto che si limita a fare una cosa e che la
fa pure male, io ho bucato un brick di Estathè e l'ho fatta finire
di parlare.
«Non
abbiamo capito subito cosa fosse successo, ma poi l'idraulico ci ha
detto che...»
Forse
è stata la fine rumorosa (e velocissima - come al solito) del mio
brick di Estathè che ha coperto la grande notizia o forse mi sono
distratta perché ogni volta che qualcuno si mette a parlare di
idraulici la mia testa si riempie del soundtrack di SuperMario Bros,
fatto sta che l'ho dovuta far ripetere.
«IRIS!
SI È
ROTTA LA VALVOLA DI RITEGNO!», ha urlato allora mia madre, con
estremo giubilo.
«(fufufu)
Iris, (fufu)
non penserai mica che questo (fu)
c'entri qualcosa con il tuo libro...»
«SuperMario!
Ma che è 'sto fiatone? Scusa se te lo dico, ma questa salopette
inizia a starti un pochino stretta!»
«Lo
so. (fufufu)
Corri, salta, prendi la bandierina, mangia i funghi e uccidi le
tartarughe: (fufu)
sono diventato vecchio per tutta questa roba (fu).
Ma dicevamo di te...»
«Stai
tranquillo... Figurati se penso che la rottura di questa valvola
c'entri qualcosa con me!»
«(fufu)
Giuralo. (fu)
Sull'Estathè.»
«Non
posso giurare sulla console del Nintendo che mio padre ha nascosto in
cantina?»
(fine
del soundtrack)
Il
fatto è questo: non posso giurare il falso sull'Estathè, non posso
far finta di non aver condiviso l'entusiasmo di mia madre, per una
volta: scrivo un intero romanzo sulle famiglie come sistema idraulico
in cui la protagonista è un contenitore collegato a una valvola di
ritegno e poi capita che, a casa della mia famiglia, si inceppa la
distribuzione dell'acqua proprio per colpa di quel piccolo pezzo
meccanico che mi ha ossessionata per anni. È
ovvio che io me ne chieda il perché, no?
Come
quando capita di pensare a una persona un attimo prima che il suo
nome brilli sul display del telefono tra le chiamate in entrata o di
finire sempre allo stesso tavolo, ogni volta che si va in un locale.
Capita perfino di avere una fissazione deterministica tipo quella di
Pezzetta che sostiene che ore e minuti si equivalgano tutte le volte
che guarda l'orologio («Ecco, sono le 09:09. (…) Guarda ora! Le
21:21!» «Pezzetta, perdona: dove credi ti porterà queste
simmetria? Alla fermata del 360:360?» «Non lo so, ma lo scoprirò»).
Io
e mia madre non siamo le uniche ad avere attimi di fatalismo, non
siamo le uniche pronte a giurare sulla console del Nintendo che tutto
accade per un motivo, che certe volte ogni cosa sembra avere senso.
«IRIS,
CAPISCI? TE LA TIENAMO DA PARTE! ORA TUO PADRE LA PULISCE: TE LA
DIAMO QUANDO VIENI!», ha continuato a urlare mia madre.
«POTREI
FARCI UNA COLLANA!», l'ho seguita io, con il tono dell'esaltazione.
E
allora: «Non ti sento più...», mi ha risposto tra gli abbai di
Leon – sono quasi certa che, in realtà, mi abbia sentito e che
abbia biecamente sventagliato una merendina per incitare Léon a far
casino, pur di non avvallare una delle mie sempre un po' strane idee
in fatto di accessori (non ha mai accettato gli scaldamuscoli che ho
fatto con le maniche di un maglione, le polsiere a mezzo guanto
ricavate da un paio di calzini a righe e le attache che usavo come
fermacapelli – eviterò di riportare le ignominie che mi riservava
Oris, in quei miei periodi bizzarri).
(soundtrack di SuperMario Bros)
«(fufufu)
Iris, le cose non hanno mai senso (fufu):
ce l'hanno solo (fu)
quando
andiamo alla ricerca maniacale di risposte...»
«SuperLuigi,
sempre a dissentire, voi due! E tutti e due co 'sto fiatone...»
«(fufufu)
Siamo videogiochi degli anni '80, (fufu)
con sole 2D (fu):
che cosa ci vuoi fare?»
«Aspetta.
Non è che mia madre, la valvola di ritegno, voi due che
rappresentate la mia vita in 2D, non è che significate qualcosa di
più complesso di quello che ho immaginato? Che senso ha tutto
questo?»
(fine
del soundtrack)
Non
ho fatto una collana con la valvola di ritegno (ma solo perché mio
padre non l'aveva pulita abbastanza bene): l'ho messa su una mensola
insieme alla valvola a farfalla che un ragazzo mi ha regalato -
spacciandola per una valvola di ritegno - per cercare di
conquistarmi. Adesso che sto scrivendo di lei, mi guarda da quel
ripiano con il suo tentativo di boicottaggio in corpo, con la sua
rivoluzione dentro: quando si era rotta non permetteva più all'acqua
né di entrare né di uscire, era diventata una specie di tappo che
aveva fatto chiudere a riccio il sistema, aveva cercato di
contrastare i collegamenti, di interrompere i flussi, di fare un nodo
ai tubi.
Succede
quando pensi che tanto non completerai mai tutti i livelli di
SuperMario Bros, non salverai mai la principessa Peach, non
recupererai mai quel 4 in matematica, non impedirai mai a tua madre
di dare le merendine a Léon, al tuo orologio di interrompere la
simmetria, alla tua mente di essere impunemente veggente o a tua
sorella di fermarsi i capelli con le attache. Succede quando pensi che
nonno Peppino non smetterà mai di mancarti. E allora rompi la
valvola di ritegno e chi si è visto si è visto.
«IRIS!
Papà ti ha ritrovato il Nintendo, che ci dobbiamo fare?»
«Non
lo so, quando torno proviamo a dargli un po' di fiato e vediamo che
succede».