Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Mi
piace visualizzare gli anni geometricamente: i dodici mesi, per me,
corrono su una circonferenza simile a un pulsante di avvio che, alla
metà del suo quadrante destro, presenta un trattino orizzontale che
la fa sembrare una G: un meno che stabilisce la fine di quei
trecentosessanta gradi, equivalenti a trecentosessantacinque giorni,
quattro stagioni, due pasque, un natale, un ferragosto,
trecentosessantaquattro non compleanni e nessuna festa
del grazie.
Quella
stanghetta che fa partire un nuovo anno è il 31 dicembre, un giorno
come tutti gli altri, che si prende, però, molto più spazio degli
altri, e lo fa immotivatamente, con strombazzate fragorose, vestiti
pieni di strass, tappi che esplodono spumante, lenticchie che si
incastrano nei denti, ricchi premi, cotillon e manco un bicchiere di
Estathè.
“Er
trentuno dicembre è solo vigilia, comunque. Capodanno è er primo de
gennaio”
“Ma
questa voce viene dal vischio?”
“Vischio?
Ma quale vischio? Vischio maschio senza rischio? Io so' er dio Giano
e vengo da Fiano Romano”
“Da
Fiano Romano? Ma il fegato
di Piacenza
non aveva detto che eri un po' etrusco?”
“Etrusco?
Parla co' quello mio de fegato che conosce solo er vino dei castelli.
Tu continua a fa' la sfigata con l'Estathè...”
“Senti
Giano, l'anno è già stato quello che è stato, ci manchi solo tu a
renderlo ancora peggiore.”
“Girava
voce che Irise Versicolon fosse 'na tipa strana, arcigna, sempre
incazzata, de quelle che nun se mettono le mutanne rosse a capodanno
per intenderci, ma er Dio Giano, creatore e patrono degli inizi, dei
passaggi, delle porte e perfino delle soglie delle case su cui cacano
i piccioni, l'aveva voluta incontrare lo stesso...”
“Scusa
se ti interrompo, ma i piccioni sono stati debellati dalla mia casa
grazie all'idea di Pezzetta di riprodurre su legno dei gufi reali...”
“Scusa
se te interrompo io, ma 'sti cazzi? Io sto qua, in veste autorevole,
solo pe' esse la voce fuori campo de st'anno de merda...”
“Beh,
il guano dei piccioni è una buona rappresentazione di questa anno
andato...”
“Incontrandola,
Giano aveva scoperto che Irise Versicolon era davvero 'na tipa
strana, co' na specie de patologia convulsa pe' le metafore e pe' le
immagini auliche rappresentative de qualche cosa, ma aveva anche
scoperto che finiva comunque a parlare de merda pure lei. Forse
perché er 2012 era stato veramente un anno difficile con la crisi,
l'aumento dei prezzi, la profezia insolvente dei Maya e l'IMU,
mortacci loro, che pe' l'imposta sur Gianicolo, er Dio Giano era
rimasto solo co' le mutanne rosse...”
Oris
quest'anno, non ce la fa a smettere di polemizzare per il fatto che
il mondo sarebbe dovuto finire il 21 dicembre, giorno che invece è
passato in sordina, senza esplosioni, devastazioni, terremoti o
inondazioni. Io mi ero comprata una cassa di estathè per i titoli di
coda, ma il giro di ruota non si è fermato, l'anno è giunto al suo
termine naturale e ci troviamo ad affrontare una nuova circonferenza,
altri gradi, giorni inediti, perimetri sconosciuti.
Oris
non riesce a spingere il pulsante di avvio e a buttarsi nella
mischia, senza guardarsi indietro: sembra diventata come Giano, un
dio bifronte che copre con gli occhi tutti e trecentosessanta i gradi
del passato, oscillando tra risentimento e ostinazione.
“Ho
brindato”, mi ha detto Oris.
“Ho
baciato sotto il vischio, fatto il conto alla rovescia, guardato i
fuochi d'artificio, indossato una cosa vecchia, una cosa nuova e una
cosa brutta, buttato via una cosa rotta, mangiato le lenticchie che
fanno ricchezza e i chicchi d'uva che portano fortuna. Ho letto gli
sms zozzi di buon augurio in rima, messo il cappotto al rovescio e
imparato la differenza tra zampone e cotechino. Sono partita,
rimasta, stata in casa o in un locale, ho festeggiato al chiuso o in
piazza. Ho riso, pianto o mimato indifferenza. Eppure...”
Eppure
sono state pessime annate.
Siccome
Oris, una volta tanto, ha ragione, quest'anno non faremo uso di
tradizioni, fingeremo che la vigilia di capodanno sia davvero un
giorno come tutti gli altri. L'unica cosa nostalgica che farò sarà prendere una bottiglia di Estathè
dalla scorta fatta per l'apocalisse per portarla nell'anno nuovo e
sistemarla nella cantina dei ricordi.
“Benvenuti
ner duemilaecredici”, ci dirà Giano a mezzanotte.
E
noi entreremo in un nuovo anno probabilmente bislacco, ma geometricamente perfetto.