Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

domenica 30 dicembre 2012

Pessime annathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Mi piace visualizzare gli anni geometricamente: i dodici mesi, per me, corrono su una circonferenza simile a un pulsante di avvio che, alla metà del suo quadrante destro, presenta un trattino orizzontale che la fa sembrare una G: un meno che stabilisce la fine di quei trecentosessanta gradi, equivalenti a trecentosessantacinque giorni, quattro stagioni, due pasque, un natale, un ferragosto, trecentosessantaquattro non compleanni e nessuna festa del grazie.
Quella stanghetta che fa partire un nuovo anno è il 31 dicembre, un giorno come tutti gli altri, che si prende, però, molto più spazio degli altri, e lo fa immotivatamente, con strombazzate fragorose, vestiti pieni di strass, tappi che esplodono spumante, lenticchie che si incastrano nei denti, ricchi premi, cotillon e manco un bicchiere di Estathè.

Er trentuno dicembre è solo vigilia, comunque. Capodanno è er primo de gennaio”
Ma questa voce viene dal vischio?”
Vischio? Ma quale vischio? Vischio maschio senza rischio? Io so' er dio Giano e vengo da Fiano Romano”
Da Fiano Romano? Ma il fegato di Piacenza non aveva detto che eri un po' etrusco?”
Etrusco? Parla co' quello mio de fegato che conosce solo er vino dei castelli. Tu continua a fa' la sfigata con l'Estathè...”
Senti Giano, l'anno è già stato quello che è stato, ci manchi solo tu a renderlo ancora peggiore.”
Girava voce che Irise Versicolon fosse 'na tipa strana, arcigna, sempre incazzata, de quelle che nun se mettono le mutanne rosse a capodanno per intenderci, ma er Dio Giano, creatore e patrono degli inizi, dei passaggi, delle porte e perfino delle soglie delle case su cui cacano i piccioni, l'aveva voluta incontrare lo stesso...”
Scusa se ti interrompo, ma i piccioni sono stati debellati dalla mia casa grazie all'idea di Pezzetta di riprodurre su legno dei gufi reali...”
Scusa se te interrompo io, ma 'sti cazzi? Io sto qua, in veste autorevole, solo pe' esse la voce fuori campo de st'anno de merda...”
Beh, il guano dei piccioni è una buona rappresentazione di questa anno andato...”
Incontrandola, Giano aveva scoperto che Irise Versicolon era davvero 'na tipa strana, co' na specie de patologia convulsa pe' le metafore e pe' le immagini auliche rappresentative de qualche cosa, ma aveva anche scoperto che finiva comunque a parlare de merda pure lei. Forse perché er 2012 era stato veramente un anno difficile con la crisi, l'aumento dei prezzi, la profezia insolvente dei Maya e l'IMU, mortacci loro, che pe' l'imposta sur Gianicolo, er Dio Giano era rimasto solo co' le mutanne rosse...”

Oris quest'anno, non ce la fa a smettere di polemizzare per il fatto che il mondo sarebbe dovuto finire il 21 dicembre, giorno che invece è passato in sordina, senza esplosioni, devastazioni, terremoti o inondazioni. Io mi ero comprata una cassa di estathè per i titoli di coda, ma il giro di ruota non si è fermato, l'anno è giunto al suo termine naturale e ci troviamo ad affrontare una nuova circonferenza, altri gradi, giorni inediti, perimetri sconosciuti.
Oris non riesce a spingere il pulsante di avvio e a buttarsi nella mischia, senza guardarsi indietro: sembra diventata come Giano, un dio bifronte che copre con gli occhi tutti e trecentosessanta i gradi del passato, oscillando tra risentimento e ostinazione.

Ho brindato”, mi ha detto Oris.
Ho baciato sotto il vischio, fatto il conto alla rovescia, guardato i fuochi d'artificio, indossato una cosa vecchia, una cosa nuova e una cosa brutta, buttato via una cosa rotta, mangiato le lenticchie che fanno ricchezza e i chicchi d'uva che portano fortuna. Ho letto gli sms zozzi di buon augurio in rima, messo il cappotto al rovescio e imparato la differenza tra zampone e cotechino. Sono partita, rimasta, stata in casa o in un locale, ho festeggiato al chiuso o in piazza. Ho riso, pianto o mimato indifferenza. Eppure...”
Eppure sono state pessime annate.

Siccome Oris, una volta tanto, ha ragione, quest'anno non faremo uso di tradizioni, fingeremo che la vigilia di capodanno sia davvero un giorno come tutti gli altri. L'unica cosa nostalgica che farò sarà prendere una bottiglia di Estathè dalla scorta fatta per l'apocalisse per portarla nell'anno nuovo e sistemarla nella cantina dei ricordi.
Benvenuti ner duemilaecredici”, ci dirà Giano a mezzanotte.
E noi entreremo in un nuovo anno probabilmente bislacco, ma geometricamente perfetto.

martedì 11 dicembre 2012

Buone festhè!

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Sono tre mesi che ci siamo trasferiti nella casa nuova, eppure non smettono di succedere le cose che facciamo per la prima volta nella casa nuova. La prima cena sociale. La prima sciarpa chiusa. La prima volta che Core è caduta per strada venendoci a trovare. La prima torta salata. La prima torta dolce. La prima bottiglia di Estathè essiccata (ovviamente questa è stata la prima cosa che ho fatto, in assoluto, nella casa nuova).
E adesso, il primo albero di Natale.
La lunga diatriba che ha preceduto la messa a punto dell'addobbo è stata scandita dal sottofondo di Oris che inneggiava alle palle di cioccolato, sua unica vera richiesta, mentre io e Pezzetta discutevamo sulla verità più profonda dell'albero di Natale: in sostanza, io volevo usare il vecchio albero in pura plastica, spelacchiato e stortigno, mentre Pezzetta voleva comprare un albero vero.
Alla fine ho ceduto, perché era l'unica maniera di impedire ad Oris di continuare a urlare: “Palledicioccolatopalledicioccolato”, saltellando per casa come in overdose da zuccheri.
Quando Pezzetta e l'albero hanno citofonato, sono andata ad aspettarli davanti all'ascensore, pensando a quelle scene da film americano con abeti giganti trascinati per metri che sembrano chilometri. Solo che la luce dell'ascensore non si accendeva e sentivo i passi di Pezzetta per le scale.
O l'albero sta salendo da solo, oppure è talmente piccolo che non ha dovuto nemmeno prendere l'ascensore”.
Palle di cioccolato”, mi ha risposto Oris contrariata.

Era chiuso in una rete arancione, era pungente e profumava di bosco.
Sono Æbete, il vostro albero di Natæle”, ha detto.
Mi ha guardato, io l'ho guardato, poi ho guardato Pezzetta e ho spinto Oris affianco al sempreverde.
E' più basso di Oris, che è la misura universale della bassitudine. Praticamente, potevamo addobbare una bottiglia di Estathé...”.
Æbete è parso offeso, tutto aggrovigliato su se stesso, anche perché, in realtà, era alto come ben tre bottiglie di Estathè messa una sull'altra.

Sono un ænimo sensibile, io. Se non mi volete, mi faccio da pærte”
Abete, scusa, ma mi sa che ti sei già fatto da parte”
Si dice Æbete, è questa la pronuncia giusta.”
Beh, èbete, pendi da un parte. Ti hanno invasato male.”
Potrei denunciarti per maltrattæmenti.”

Mentre disquisivo con Abethé, Oris ha cominciato ad addobbarlo, ha preparato una cioccolata calda che nemmeno nella pubblicità Ciobar (suppongo fosse un tentativo di fare da sola le palle di cioccolato che non le abbiamo comprato) e devo dire che aprendo le braccia, il vegetale ha acquisito fascino.
Niente puntæle, græzie. Equivarrebbe a tagliarmi la testa
Palle di cioccolæto”, ha chiuso Oris prima di far partire l'illuminazione.

Chiaramente, Æbete è già diventato uno di famiglia, ci ha riunito intorno a lui per parlare male degli alberi di natale troppo magri, di quelli tossicodipendenti, dell'associazione solidale con gli alberi costretti alla coabitazione con i felini e del gruppo di supporto per la depressione post feste. Poi, ci ha anche cantato le canzoncine migliori, con quella sua pronuncia un po' læppone, trasportando Oris in un coro da vecchia frequentatrice di karaoke, quando ha attaccato con “La prima cosa bella”.
Questa non è una canzone di Natale”, li ha interrotti Pezzetta con il suo peso specifico musicale elevatissimo.
San Nicola di Bari ha dato origine al mito di Santa Claus”, ho detto io con sapienza, smuovendo l'Estathè in un bicchiere da whisky.
San Nicola di Bæri”, ha ripetuto Æbete, mostrandoci una chiara pronuncia pugliese più che lappone.

Stiamo costruendo un cubo con i vuoti di Estathè per mettere i tacchi ad Æbete, in modo che sia alto almeno quanto Oris e il pensiero che finite le feste ci dovremo dividere inizia già a distruggerci.
Credo che lo faremo rimanere in casa per sempre.
Potrebbe essere la prima cosa veramente bella che facciamo nella casa nuova, oltre a raccogliere i punti dei Regalissimi Ferrero che giustificano il mio abuso teinico con l'obiettivo di un tostafette che disegna delle N di Nutella sul pane.
Enne di cioccolato”, ha detto Oris.
Enne di Nicola di Bari”, ha detto Pezzetta
Enne di Natæle”, ha detto Æbete.

Enne di Estathè, ve lo dico io.

mercoledì 21 novembre 2012

E-sigaretthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Nel proprio immaginario privato, ognuno di noi sogna l'esistenza di cose non terrene: calorose grucce che stirano i vestiti, camere e mobili autopulenti, polli ruspanti che entrano nel forno di propria iniziativa, uomini eterosessuali che riconoscono che ti sei tagliata i capelli, parole che vengono fuori al momento opportuno e che riescono a cogliere le intricate sfumature dei nostri sentimenti.
Nel proprio immaginario privato, ognuno di noi vorrebbe non essere costretto a pensare cinquanta o grigio quando sente la parola sfumature, eppure troppo spesso la realtà ha poco a che fare con la fantasia.
Quindi, bisogna stirare, pulire, mangiare gli animali contro la loro volontà, non rasarsi la testa quando si è alla ricerca di attenzioni e dire Forza Italia con cognizione di causa, visto che alcune parole vengono rapite e segregate dalle locuzioni cattive.

La parola sfumare, a me, è sempre piaciuta.
L'Estathé è tutto una sfumatura di giallo, per esempio.
E poi, nel mio immaginario, dire che volevo che Oris sfumasse equivaleva a dire che volevo che smettesse di fumare.
Sfuma, Oris!”, le ho sempre detto, facendo ambiguamente sibilare la s privativa.

Nell'immaginario privato di Oris, le cose migliori da fare erano quelle proibite...
Oris, non puoi fare la voce narrante di te stessa, non è questo il luogo.”
Non è questo il luogo, le dicevano sempre. Qui non puoi farlo, aggiungevano indomiti...
E' inutile che dici indomiti per convincermi a farti restare.”
La disdetta di avere una sorella che si chiama Iris non si ferma al fatto di sembrare un terribile duo comico degli anni sessanta; purtroppo, comporta lo svantaggio di essere dipinti come un personaggio assurdo che non sarebbe riuscito nemmeno a fare il comico negli anni sessanta...”
Sembra che stai dicendo che era facile far ridere negli anni sessanta.”
Vengo sempre fraintesa io, probabilmente perché su questo blog mi fai sembrare un'imbecille.”
Il blog è mio e faccio quello che voglio. E poi fammi almeno un esempio di bugia che ho detto su di te...”
...”
Ecco, appunto. Comportati bene e ricordati che qui non puoi fumare.”
Da un po' di tempo, Oris aveva smesso di fumare. Ma invece di fare come la sua sorella un po' cretina Iris le aveva consigliato -pensate che le diceva di sfumare, tsk-, lei aveva iniziato a svapare”

Svapare. Meraviglia delle meraviglie. Neologismo. Realtà. Che. Supera. La. Fantasia.
Si chiamano e-sigarette e sono sigarette elettroniche che permettono di inalare vapore di una soluzione di glicole propilenico, glicerolo, aromi naturali e nicotina. Ma quest'ultima puoi anche diminuirla con l'andare avanti del tempo.
Ovviamente, non è stato il fatto che l'assenza di combustione le avrebbe evitato i rischi cancerogeni a convincere mia sorella a passare al lato vaporoso della forza, è stato il fatto che poteva avere una sigaretta rosa.
Trasformare un vizio in un accessorio, però, è stata solo la prima delle cose che hanno reso Oris una svapatrice felice. Subito dopo aver impugnato la sua sigaretta, sotto consiglio del suo immaginario, è andata a svapare nei luoghi in cui è proibito fumare perché Oris è una facinorosa, è come un chihuahua in tutù che ama abbiare agli alani.
La mia camera da letto è stato il suo primo obiettivo bellico, poi ha svapato nel suo ufficio, in metropolitana, nel salotto dei nostri genitori, in un locale pubblico, ad un concerto al chiuso e al ristorante. Le manca il cinema, solo perché sono riuscita a convincerla che lì anche il vapore potrebbe dar fastidio.
Sono sicura, però, che quando ci andrà senza di me, lo farà anche al cinema.
Insieme a Pezzetta, magari. Neo-svapatore di una Ego Phantom Bianca.
Sì, un modello della sigaretta elettronica si chiama Ego. Questo fenomeno svapatorio è il trionfo della linguistica, sarà per questo che lo adoro.

L'unico vero problema è che quando si riunisce il circolo di svapatori nella mia cucina (con l'aggiunta di UkuLele e Manganese arriviamo a quattro), la stanza inizia a sembrare una fumeria d'oppio e, anche se profuma di zucchero filato come una fiera di paese, io mi indispettisco perché mi sento esclusa.
Come al liceo, quando tutti fumavano ed io no.

Iris, ci andiamo a fumare una sigaretta insieme a ricreazione?”
Ehm, ehm, sì...”, rispondevo; ma poi mi portavo dietro la cannuccia del mio brick che non durava nemmeno un minuto se le davo fuoco.

Questo post, dunque, ha due intenti: il primo è di convincere tutti i fumatori a sfumare, iniziando a svapare, e il secondo è di fare un appello diretto ai produttori di Estathè.
Vi prego, fate una e-sigaretta con cinquanta sfumature di giallo nella quale sia possibile mettere Estathè. Dopo il brick, la bottiglia da un litro e mezzo, la bottiglietta piccola e il fastidioso bicchiere con gli stecchetti e la nutella che vendono negli autogrill (e che non è mai in frigo e quindi, diciamocelo, è il vostro peggior prodotto -io lo consumo solo nei casi di astinenza molto grave-), la Esta-sigaretta è il futuro.
Potrei finalmente entrare nel circolo degli svapatori.

Oris chiederebbe a sua sorella 'Iris, ci facciamo una svapata?'. Iris le risponderebbe di sì e, finalmente rilassata, la lascerebbe parlare nel suo blog in terza persona.
Sfuma, Oris. Adesso, sfuma.”

venerdì 9 novembre 2012

Sviolinathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Essere sopravvissuta alle scuole dell'obbligo nonostante le premesse è il mio fiore all'occhiello: ho scalato il livellometro della socievolezza contro ogni aspettativa. Alle elementari avevo solo un'amica, al liceo quasi dieci. Poteva andarmi peggio e questa cosa me la sono ripetuta ossessivamente in ogni ambito della vita. E' una scusa tipica, è il confronto con il peggiore, è la giustificazione per tutte le mancanze.
Mamma, poteva andarti peggio, no? Potevo essere una tossica, vendere la collanina d'oro del battesimo per comprarmi un cd di Gigi D'Alessio, mangiare le caccole tirate fuori dal mio naso, essere piromane, aspirare a diventare un'assassina, avere fidanzati musicisti...”
Ecco, se fossimo in una pagina della Settimana Enigmistica, direi che, tra le precedenti affermazioni di difesa, ce n'è solo una che non ho mai potuto usare, in quanto fatto reale di pessima virtù. Indovinate quale.

Secondo me, tu sei il tipo che si mangia le caccole...”
Che cosa hai detto?”
Paganini non ripete”
Ecco, Niccolò: ci mancavi giusto tu”
Vuoi per caso darmi fuoco?”
No, non era nemmeno la piromania, il problema. Quello che ho fatto di terribile, nella vita, è stato innamorarmi di musicisti...”
Ti ricordo che stai dicendo queste cose in presenza di un violinista d'antan

Niccolò Paganini vive con me da una quindicina di giorni e, in questo momento, dopo la mia affermazione, mi sta minacciando con un taglientissimo archetto, ma non otterrà il mio silenzio. Non mi impedirà di dire ciò che penso: ovvero che il musicista è un esemplare particolare di uomo, una persona apparentemente normale che, però, può trasformare la nostra vita in un inferno. Quando ci costringe a raccontargli le cose a tempo con il metronomo, per esempio, così che lui possa ascoltarci in maniera costruttiva; oppure quando ci chiede “Secondo te di cosa parla Rimini di DeAndrè?” ed è il secondo appuntamento e abbiamo diciassette anni e ci sentiamo come all'interrogazione di italiano, sotto stress e alla ricerca della sufficienza.
Il musicista è una figura mitologica, confusa e mutante, che può anche essere una chiavica a suonare o un cesso a pedali, ma dobbiamo sapere che quando quell'esemplare di maschio di cui ci siamo innamorate salirà sul palco, orde di donne si allontaneranno dai loro semplici e banali compagni, che giocano al fantacalcio nel loro massimo picco di creatività, per andare a desiderare il nostro, come se fosse Lennon, Cobain o Mick Jagger. E' la sindrome della groupie, di cui purtroppo soffre la quasi totalità del genere femminile.
E' il motivo per cui siamo pronte ad imparare ad analizzare testi e melodia, manco fossimo delle critiche musicali; il motivo per cui abbiamo trasformato la bocciatura all'esame in un pezzo hip hop; il motivo per cui fingiamo di canticchiare un'aria della Traviata sotto la doccia quando lui ci urla dall'altra stanza “Che canti?” (e, invece, nella migliore delle ipotesi, ci stavamo dimenando con Single Ladies di Beyoncé).

Ai miei tempi, non funzionava così”
Paganini, non mi dire che non avevi groupies...”
Avevo un caratteraccio, una cattiva reputazione, girava voce che avessi fatto un patto con il diavolo...”
Se fossi nato nella seconda metà del novecento, saresti stato un sex symbol...”

Da quando è arrivato, Paganini non ha fatto altro che suonare e bere il mio estathè. Non ha fatto altro, giuro. Credo sia il contrappasso, la punizione, l'onta per aver avuto un paio di fidanzati musicisti: l'equivalente della cirrosi epatica per gli alcolisti o della broncopneumopatia per i tabagisti.
A noi ex fidanzate ci tocca ospitare Niccolò Paganini.
E' tutta colpa del vescovo di Nizza che non ha voluto che il suo corpo fosse seppellito in luogo sacro, a causa di quella storia sul diavolo e della sua condotta poco religiosa, se lo spirito di Paganini incombe su tutte noi.
Come antidoto, ad oggi, faccio compilare un'autocertificazione agli uomini prima di innamorarmi, nella quale giurano di non aver mai suonato nemmeno il triangolo.

Guarda che il triangolo è uno strumento sottovalutato”
Niccolò, non fare i capricci...”
Se non posso fare i Capricci, me ne vado, ma sappi che sentirai la mia mancanza. C'è gente che pagherebbe oro per ascoltarmi suonare tutto il giorno. Poteva andarti peggio, no?”

E' vero, sì. Una delle cose che Niccolò ha detto è profondamente vera, ma non dico quale. Lascio che siate voi ad indovinare.















martedì 23 ottobre 2012

Diethè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Tredici anni fa, ho smesso di suonare la batteria. Non che la suonassi da tanto tempo né che fossi questo granché, ma la suonavo e ho smesso per un problema caratteriale che diventava stilistico al cospetto delle varie pelli da percuotere: ero troppo gentile con i tom, chiedevo perdono al rullante per averlo picchiato troppo forte e correvo a scrivere lettere di scuse ai miei vicini per il riverbero dei piatti. Era uno strumento che non faceva per me, quindi ho smesso.
Ho suonato anche nella banda del mio paese, con le mostrine e il cappello, ma soprattutto con Oris qualche fila più avanti che si esibiva con un sax soprano, ancora più piccolo di lei, e con un frangia talmente gonfia che sarebbe potuto decollare.
Ma non siamo rimaste musiciste. Non eravamo portate.
Me ne ero accorta già ai tempi, ma l'ho rispolverato quando mi sono rimessa dietro ad una batteria, pochi giorni fa, e ho suonato un quattro quarti che nemmeno la più scolastica delle rigidone: non sono riuscita a non pensare al fatto che 4/4 equivalga ad un'unità e non sono riuscita ad accettare di non saper suonare un tempo dispari.

Se fosse stata più consapevole dei rischi a cui andava incontro, lei avrebbe accettato di cambiare regime...
Una voce fuoricampo con la erre moscia non l'accetto...”
Sono Pierre Dukan, mi devi accettare per forza perché io sono il maestro dell'accettazione...”
Nel senso di sbozzatura? Accettatura? Taglio di scure? Modellazione con alabarda?”
No, non senso di dieta.”
Pensi che io debba dimagrire?”
No, penso che tu debba smettere di bere Estathè.”

Su quella frase, orde di proteine hanno rullato di felicità, cortei di carboidrati hanno manifestato in piazza e cesti di frutta e verdura hanno perseverato a pensare solo al loro orticello. Non ci sono quattro quarti nell'alimentazione, non c'è unità, né in tempi pari né in tempi dispari.

Senti, Pierre, a parte che la Dukan è stata tacciata di qualunque cosa, anche di procurare l'aumento di rischio di cancro al colon retto; ma posso, secondo te, prendere sul serio l'opinione di un uomo che divide la sua dieta in periodi, di cui il secondo si chiama crociera?”
Tu devi prendere sul serio la mia opinione perché io ho aiutato un sacco di gente ad essere felice...”
E sei stato pure radiato dall'albo dei medici”
E' stata tutta colpa dei carboidrati e delle loro lotte in piazza. I carboidrati sono dei facinorosi!”
Comunque, tu e la tua erre moscia state perdendo il vostro tempo qui: è più probabile che io ricominci a suonare la batteria in duo con il mio amico Manganese piuttosto che smetta di bere Estathè”
Non si deve mai ricominciare a fare niente dopo il consolidamento raggiunto: si chiama stabilizzazione. Nella vita, si deve solo smettere di fare le cose, mai ricominciare. E poi non fidarti del manganese, il manganese puro è tossico”
Certo, fidiamoci solo delle proteine: i succulenti pezzi di carne sono sempre destinati al successo...”
E' sarcasmo questo?”
No, è ora che te ne vai!”

Nella mia vita, ho smesso di fare un sacco di cose: ho smesso di bere il caffè, di seguire il calcio, di mettere i libri in ordine alfabetico e di mangiare le patate dolci; ma ho anche ricominciato a fare un sacco di cose: ho ricominciato a mangiare il formaggio, ad andare sui pattini, a guardare Sanremo e a scrivere a mano.
Conto di smettere e ricominciare ancora miliardi di affari, ma nessuno di questi ha a che fare con l'Estathè, anche se lo so che è un chimicone pieno di zuccheri che non fa bene al mio organismo.
La vita di tutti quelli che conosco è piena zeppa di dipendenze che non sono risolvibili a colpi di rinunce forzate, di proteine o di letteratura (sì, sto pensando a Jonathan Safran Foer). La vita di tutti quelli che conosco è in esubero di massa, ma ognuno di noi si tiene strette le sue peculiarità come se fossero doni.

E' tutta colpa della forza gravitazionale.
La massa è solo una povera proprietà intrinseca, come l'Estathè.
E' la forza gravitazionale che la fa diventare pesante come piombo.
Sulla luna, le nostre dipendenze peserebbero meno.
Sulla luna, io sarei una gran batterista.

Peccato non vendano Estathè, altrimenti, mostrine e cappello, sarei già lassù.

martedì 9 ottobre 2012

Essere John Fruscianthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


L'altro giorno ero sul balcone della mia cucina con Pezzetta, il mio coinquilino igienista, a studiare metodi per non ospitare più i piccioni o, per lo meno, per convincerli a pagare l'affitto. Avevamo appena finito di posizionare girelle, buste di plastica, chiodi, cd di Povia e una riproduzione di un gufo reale (loro acerrimo nemico), quando Oris mi ha chiamato da sotto la doccia perché aveva paura di affogare dopo aver sganciato la porta di vetro del box, facendola uscire fuori binario.
Ancora mi chiedo come abbia fatto, visto che Oris è alta quanto lo sportello del pensile basso dalla cucina, ma fatto sta che, in quel momento di pericolo e umidità, i suoi capelli erano come quelli di Lotte, la moglie animalista del burattinaio Craig Schwartz.
L'ho attaccata subito, parlando della differenza tra un sistema numerico posizionale in base 2 e il binario 9 e ¾ della stazione londinese di King's Cross, motivando le mie scelte antivolatili con la manfrina del libero arbitrio. Spaventata dalla mia foga, Oris si è messa a correre verso lo sportello del pensile basso della cucina, quello in cui conservo le mie scorte di estathè e ci si è nascosta dentro.
Dopo un minuto, una voce ha invaso la stanza.

Sono Jack Frusciante”, ha detto.
Jack? Ma non ti chiamavi John?”
John Frusciante, sì. Infatti volevo dire che sono Jack White”
Si, ma pure Jack White in realtà si chiamava John.”
Allora sono Jack Black.”
Pure quello è un nome d'arte”
Iris, lo sai che scassacazzi come te ne ho conosciute poche? E lo sai che pure Iris è uno pseudonimo di merda?”
A parte il turpiloquio, senti Jack Daniels, ho un problema con i piccioni...”
E con la merda dei suddetti.”
Già, ma vorrei che la chiamassi guano.”

Abbiamo scoperto che se ti infili nel pensile basso della cucina, bevi un bicchiere di estathè di straforo e senti una canzone dei Nirvana al contrario, entri nella testa di chi vuoi per 15 minuti. Siccome Oris è una grande comunicatrice, l'abbiamo convinta a entrare nella testa di un piccione e a parlare a tutti gli altri di un progetto web in crescita: smetteredicacare.com (a cura di un certo Bob UkuLele, genio sconosciuto ai più).
Il comunicato stampa parla di metamedicina e possessività e di come la stipsi possa essere un metodo di forza e di accumulazione per combattere l'odierna valanga di informazioni inutili e non richieste che, molto spesso, fanno più danni del guano.
Però non dite guano, dite merda”, c'ha suggerito John Holmes collegandosi con un jack.
Con i vostri modi gentili ed educati, mi avete fatto schiattare due anni fa, senza un goccio di concime”.
John Holmes era il mio olmo bonsai e la sua voce torna a trovarmi solo raramente, perché lui è stato uno dei miei errori più grandi: un ossimoro imperdonabile.

Alla fine della giornata, i capelli di Oris erano vaporosissimi e la sua eccitazione in seguito alle ingenti quantità di estathè bevuto era incalcolabile.
Io e Pezzetta abbiamo ricamato una maglietta con l'indirizzo internet del sito e l'abbiamo fatta indossare al gufo reale, ma non sappiamo se tutto questo basterà.
In compenso ci sentiamo sempre in bilico tra un film di Hitchcock e una centrale energetica a biomasse.
Il guano è una risorsa”, ci ha detto Lotte mentre giocavamo a Blackjack.
Quindi l'abbiamo infilata nel pensile degli estathè.
Perché quello, invece, sì che è una risorsa.

mercoledì 3 ottobre 2012

Posso bere un po' di estathè? No, non puoi.

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”


Se potessi, farei un albero genealogico, una planimetria botanica della casa, un disegno da economista, con le entrate e le uscite, con i bilanci delle persone ospitate e viste, convissute e amate, provate e odiate. Se potessi, non farei passare il tempo che purtroppo è già passato, quello che ci divide dalle feste estive sul terrazzo della vicina, dalle cene di Natale con le palle dell'albero personalizzate, dalle partite di Risiko e dalle puntate di Sex&The city su La7d.
Se avessi potuto, avrei rubato gli occhi del finto di Modigliani del salotto, messo su uno di quei muri che se solo potessero parlare...

Posso bere un goccio d'estathè?”
Dipende.”
Da cosa?”
Senti di avere con Iris un rapporto di quel tipo? Sei sicuro che togliendo quel goccio la lascerai con un bicchiere di sicurezza? Potresti giurare di saper usare bene il punto e virgola?”
Casa Nardini è una casa nei dintorni di piazza Bologna. E' il pianerottolo di un attico, condiviso da due famiglie che sono sempre state una sola casa, con Decio, India e Sophie come dirimpettaie, una cosa che quando guardavi Friends negli anni '90 ti dicevi “Magari capitasse anche me” e poi è successa.
Casa Nardini, di partenza, è una casa di cinque persone, escluse le vicine, che però non si è mai banalmente fermata a cinque e chi non c'ha dormito nemmeno una volta, alzi la mano.

Oris, Iris, Martina, Roberta e Patrizia. Via Patrizia e dentro Jon. Via Jon e dentro Matteo. Via Roberta e dentro Eleonora. Via Martina e dentro Francesca. Via Matteo e dentro Renato. Via Francesca e dentro David. Via David e dentro Federico. Via Federico e dentro Aldo. Via Eleonora e dentro di nuovo Federico. E poi tana libera tutti.
In nove anni, quattordici coinquilini in tutto, esponenzialmente elevati ad un certo quantitativo di amici ciascuno, che aumentati dagli amici di Decio e dagli amici degli amici di Decio e di tutti, diventano un numero incontenibile di persone che sono state ospitate, sfamate, abbigliate e pettinate in quella casa.

Posso bere un goccio d'estathè?”
Dipende.”
Da cosa?”
Rifai sempre il letto quando ti svegli la mattina? Hai mai pensato che fare le sciarpe sia un buon metodo antistress? Sei pronto a condividere una coppa d'amarezza mentre sei seduto sotto il manifesto di Amarcord?”

Sono tre giorni che vivo in una casa nuova, senza essere nemmeno certa del quartiere in cui sto. Non ho girato molto, mi sono solo assicurata, in una passeggiata mattutina con un amico che è una consolante consonante, che c'è un posto in cui posso comprare l'estathè.
Abbiamo bucato i brick, fermi ad un semaforo, per festeggiare.
Sono innumerevoli le cose che mi mancheranno di Casa Nardini e sono ingestibili tutti i ricordi che mi legano a quel posto. Ricordi e cose che sono persone, eventi, risate, festeggiamenti, febbri, esami, litigi, tagliatelle al ragù di cinghiale, amari del capo, lavatrici in panne, bicchieri rotti, tovaglie, sveglie, scampanellate, pianti, cani, sedie e tagli di capelli. Nove anni sono tanti davvero.

Posso bere un po' di estathè?”
No, non puoi.”
E perché?”
Non ce n'è più nemmeno un goccio...”

Ebbene sì, le cose finiscono.
Finiscono le stagioni, gli amori, i biscotti e le bottiglie di estathè.
Spero che i nuovi inquilini non bevano thè deteinato.
E spero che dall'altra parte del mio nuovo pianerottolo ci sia una casa di Bruxelles.