Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

giovedì 29 settembre 2016

Il fuoco amico delle richiesthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!», gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo»

Nell'ultima settimana mi è stato gettato contro parecchio discredito per il fatto che ho deciso di riciclare una vecchia TV a tubo catodico e trasformarla in un tavolino («No, no, ma bello il salotto così: sembra Malagrotta...», ha commentato UkuLele, il mio amico architetto), ma sono sicura che questo non intaccherà in alcun modo il ruolo che da sempre rivesto nella vita dei miei amici: facendo parte della categoria delle persone molto affidabili, infatti, di solito vengo sommersa da richieste di ogni tipo.
Ti leggi questo articolo prima che lo spedisco? Puoi tenere a casa tua un mazzo di chiavi della casa di mio padre per ogni evenienza? Questa è la mia password Facebook: dovessi morire, entri e cancelli il mio profilo? Puoi dividere tu il conto del ristorante? Visto che hai acceso il ferro, mi stireresti questo vestito? Qua bisogna riprogrammare il decoder, ci pensi tu? Davvero mi stureresti il lavandino? Mi tieni questo ciuffo di capelli mentre mi faccio la treccia?
Sono ben consapevole quanto questa cosa dell'affidabilità sia zero sexy, ma non posso farci niente: vorrei essere capace di arrivare in ritardo, scordarmi di richiamare, essere misteriosa e irresponsabile, invece sono quella verso la quale tutti si girano se comincia a piovere perché sono quella che si porta sempre dietro l'ombrello.

Per darmi una giustificazione, mi piace pensare che sia colpa della mia famiglia, che il morbo dell'affidabilità mi abbia colto perché a casa mia si respira ossigeno, Estathè e mania del controllo: mia nonna è un motorino di ansia, mia madre un'indefessa risolutrice di problemi e entrambe delle pianificatrici folli, di quelle che ancora non sei scesa dal treno e già ti stanno chiedendo quando tornerai la prossima volta, a che ora, cosa vorrai mangiare, se pensi che per quel giorno ti sarà passata questa tua nuova avversione per la lasagna o almeno questo tuo insensato amore per il vestito blu che porti, che gli sembra una vestaglietta di bassa fattura che si spera ti avranno pagato quelli del negozio per comprare. Come si fa, non dico a non essere, ma almeno a non tentare di essere precisa di fronte a cotanta solerzia nell'ottenere risposte?
Ma questa giustificazione non regge, lo so, lo sappiamo tutti: se veramente l'affidabilità venisse dalla mania del controllo dei parenti, allora anche mia sorella avrebbe dovuto esserne affetta, ma visto che quel genio incontrastato dello scaricabarile, quella rallentatrice perpetua di tempo, quell'assorbitrice famelica di quasi tutte le mie energie (faticosamente ottenute grazie al mio impianto idrovoro interno di recupero di ingenti quantità di Estathè), insomma, visto che Oris è nata così libera da ansie e imposizioni, un essere così fluttuante nel mondo rigido delle priorità, così leggero sul limine delle scadenze, allora vuol dire che pure per questa cosa, come per tutte le altre, devo prendermi le mie responsabilità.

Da un mese a questa parte, però, il mio senso del dovere è stato messo a dura prova, visto che mi sono arrivate quasi 1000 richieste di amicizia su Facebook, a pacchi di cinquanta al giorno, certe volte cento – ovviamente, senza nessun motivo apparente (il mio amico Bob ha anche cercato su Google se c'era una mia omonima che faceva la pornostar, ma non ha avuto riscontri). Di fatto, quello che è successo è che non sono riuscita a tirarmi indietro di fronte alle domande, ai commenti, ai ringraziamenti per aver accettato l'amicizia.
Ciao, grazie per l'adesione amicale. Davvero fai la scrittrice? Ma vivi di questo? Sei molto carina, sei sposata? Grazie per l'amicizia, hai guadagnato un poeta. Di dove sei? No, ma a parte la città, in che via abiti? Io vengo dall'India, ma ho un ufficio anche a Roma, tu come estai? Potresti condividere la mia pagina fan sul tuo diario? Low&Secrets in onda (21.10 su Rai3): buona visione. Vorrei tanto conoscerti – perdona l'impudenza, ma è colpa della tua avvenenza. Mi presento: faccio l'impiegato, ma sono un militante anarchico. Posso proporle la mia attività di network e farla guadagnare? Grazie per la tua fiducia. Namastè. Colgo l'occasione per porgerle cordiali saluti di serena notte.
Ho cercato di rispondere sempre a tutti, di essere gentile, di spiegarmi, di dissimulare: «Grazie a te!», «Abito a Roma», faccine con il sorriso, «A presto!», ecc. Affidabile, seria, fiduciosa. Mi sono fermata solo alcune volte, proprio quando i messaggi mi hanno lasciata senza parole.


«Vabbè, ma mo perché a lui non rispondi? Forse ha saputo della tua passione per il riciclo dei mobili. E poi guarda che questo water starebbe benissimo con il tavolino a tubo catodico che hai fatto...», mi ha detto UkuLele.
«Non farmi venire sensi di colpa, per piacere, che coi sensi di colpa riesco a essere peggio che col senso del dovere», gli ho risposto, «e poi tra il senso del dovere, i sensi di colpa, la gentilezza, l'affidabilità, il riciclo e la dipendenza dall'Estathé rischio davvero di diventare troppo sexy...».
«Ma infatti guarda che mi sa che Nonno Libero ti ha appena inviato una richiesta di amicizia».

Quando non riesco a capire perché succedono le cose, rischio di impazzire; quando non mi so dare una motivazione, quando non riesco a trovare un senso, comincio a fare schemi, a dividere le cose in gruppi di appartenenza, cerco di ripercorrere all'indietro il sentiero di guerra che mi ha portato in mezzo al bombardamento: perché il fuoco pure se è fuoco amico è sempre fuoco. Così, in questo caso, ho cercato di individuare dei filoni, per capire se c'era potuto essere un innesco di catene di richieste che aveva moltiplicato questo strano interesse per il mio profilo.
Mentre compravo le chiavi a brugola adatte ad aprire la TV e il signore della ferramenta sotto casa mia si assicurava del fatto che non volessi spaccare il tubo catodico con una fiamma ossidrica facendo saltare in aria il mio palazzo e quindi anche il suo negozio, ho cominciato a fare delle suddivisioni. Ho ricevuto principalmente:
  • richieste di amicizia di sedicenti poeti e scrittori (individuabili dal fatto che la parola poeta o scrittore o scribacchino è messa tra parentesi dopo il nome e il cognome);
  • richieste di amicizia di comunisti (immagini profilo con falce e martello o pugni chiusi);
  • richieste di amicizia di rimorchioni cinquantenni (foto profilo con occhiali da sole e dicitura SINGLE in grande evidenza tra le informazioni del Diario);
  • richieste di amicizia random di cantautori, fabbri, osteopati, psicologi, venditori di roba per dimagrire che mi hanno invitato a fare mi piace alle loro pagine o mi hanno aggiunto ai loro gruppi (gruppi che ho abbandonato immediatamente e a cui loro mi hanno riaggiunto un minuto dopo).
Ma se non c'è nessuna pornostar che porta il mio nome, se non faccio parte di nessun gruppo politico combattente, se non compro, vendo, ammicco o pubblicizzo pagine, che diavolo può essere successo? Non è che si è sparsa la voce che sono affidabile e che tutta questa gente mi vuole chiedere di sturare lavandini, prendermi l'eredità dei propri profili Facebook, dare articoli da correggere o vestiti da stirare?
Nell'impossibilità di capire, ho deciso di fare qualcosa di pratico: ho aperto la TV e con un sommo ed enorme rispetto per il tubo catodico, ho cominciato a sfilare, sganciare, smontare e scastrare, sentendomi man mano sempre più gioiosa, agguerrita, leggera, fino a non sentire più il trillo del telefono che segnalava l'arrivo di nuove richieste d'amicizia. Quando è entrata Oris, mi ha trovato con le braccia dentro al televisore, la faccia e le mani sporche di qualcosa di scuro, di fianco a un cumulo di schede elettroniche, resistenze, condensatori, altoparlanti, diodi, transistor, pulsanti, cavi e fili di vari materiali.
«Oggi è il giorno più bello della mia vita!», le ho urlato.
«Mamma», ha sussurrato lei al telefono, «la lasagna e il vestito blu sono l'ultimo dei nostri problemi».

Siccome sono una persona affidabile e fiduciosa, ho accettato e continuo ad accettare (quasi) tutte le richieste d'amicizia che mi vengono inviate su Facebook, non mi tiro indietro se devo tenere una ciocca di capelli di Oris quando decide di farsi una treccia, conservo le chiavi di casa del padre di Pallax e riprogrammo il decoder di nonna Berta tutte le volte che torno a casa. Combatto, regalo spazio sotto al mio ombrello quando piove, resisto.
«E hai pure lasciato un buco di lato alla televisione. Quindi oltre che come tavolino, la utilizzerai anche come contenitore di libri?», mi ha chiesto UkuLele, sempre più sconvolto.
«Certo! Adesso la decoro, pure!», gli ho risposto con entusiasmo, appoggiando con cura un bicchiere di Estathè sul ripiano convesso creato dallo schermo.
«E niente, è ufficiale: la discarica di Malagrotta ti ha appena inviato una richiesta d'amicizia».
«Accetto subito! Sai lì quanti water ci trovo?».

Non importa come, ma le tue responsabilità, alla fine, trovano sempre il modo di raggiungerti.