Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

lunedì 29 aprile 2013

Curriculum Vithè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Chi segue questo blog da almeno un anno o chi mi conosce personalmente (suo malgrado, in entrambi i casi) sa quanto l'arrivo di Maggio possa mettermi ansia, visto che mi succedono sempre cose brutte a Maggio; ma quest'anno, la mia amica Marco Polo mi ha spiegato che quando si affastellano tutte le sfighe del mondo nei mesi precedenti al Ma(nna)ggio, si riceve un bonus karmico che funziona come una protezione.
Essendo una persona poeticamente concreta, mi stavo chiedendo come sarebbe arrivato il bonus, quando una voce sconosciuta da automa ha bussato alla mia Porta Alchemica, per chiedermi conto dei mesti dividendi maturati.
Prima di andare avanti, ho necessità di fare una piccola digressione sulla mia Porta Alchemica: un tempo, infatti, come d'uopo, sulla soglia c'era scritto Si non sedes is, il famoso motto che può essere letto da destra a sinistra o da sinistra a destra e che, a seconda del verso, sta a significare Se non siedi vai oppure Se siedi non vai, ma la mia vita ha subìto diversi attacchi vandalici che prima hanno trasformato la scritta in Si non fetes is, per poi cancellarla e trasformarla in un motto romanicamente più consono: O t'elevi o te levi.

Ma torniamo alla voce robotica di chissà quale call center celeste che ha invaso la mia parte di subconscio posizionata dietro la Porta Ermetica (ermetica di ermetismo, non di tupperware).

Cu rri cu lum Vi tae”, ha detto (come Wall-E quando chiamava Eve, ma con meno trasporto).
Prego?”
Cu rri cu lum Vi tae: in se ri re da ti per so na li per bo nus kar mi co”
Allora, ok, sono pronta: Iris Versicolor...”
Fat to: bas ta il no me, ab bia mo già tut to nel da ta ba se”
Tutto tutto? Anche quella volta che mio cugino mi ha fatto roteare sui rollerblade nuovi per poi lanciarmi in una discesa libera? Oppure quella volta che, mentre facevo le medie, mi hanno tarato male gli sci perché non potevano crederci che pesassi solo 28 chili e quando sono caduta non mi si sono sganciati con provocazione danni?”
Tut to, c'è tut to; ma ab bia mo del le do man de.”
Prego.”
Lei di ce sem pre 'Pre go'?”
E' questa è la prima domanda?”
No, scu si.”
No, perché, nel caso fossimo al momento FAQ, avrei anche io una domanda: questo bonus karmico verrà accettato dagli esercenti Carrefour per essere commutato in Estathè?”
Pre go?”
No, nel senso: io la faccio pure tutta la trafila del curriculum, ma poi, di grazia, questo bonus come lo uso?”

La voce ha balbettato e non ha saputo spiegarmi come avrei potuto utilizzare il credito, offendendosi tremendamente quando ho provato a chiamarla Siri.
Non ci ri sul ta che lei ab bia un i Phone!”, ha detto piccata.
Io ho risposto che avrei gradito che anche quell'informazione fosse aggiunta alle altre e ho rimarcato la performance tremenda della metro presa al volo, con doppio cambio di verso e direzione a causa dell'errore iniziale, con la quale io e Marco Polo abbiamo rischiato di perdere il treno per Bologna. E poi la meraviglia di aver portato con noi il maltempo, rovinando quattro giorni interi ai bolognesi, che senza di noi sono stati preceduti e seguiti da un sole a picco.
Io non so che vuol dire quando si affastellano le sfighe (ma adoro Marco Polo quando usa parole come affastellano, frasi come Per Andrea Salerno ho un po' una crush o facce da tasto F4, basite dal modo in cui l'iPhon e Instagram l'abbiano resa una gran fotografa); quindi, al mio colloquio karmico, per non sbagliare, ho elencato le mie migliori abilità pur di guadagnare punti, anche se poi non avrei saputo cosa farci.

La mia capacità di sentirmi a disagio in ogni occasione in cui sono contornata da più di cinque persone che non conosco, per esempio. Oppure la mia estrema riluttanza ad avere le spalle dritte per cui l'ortopedico disse a mia madre: 'Non è una cifosi, è un atteggiamento: o non vuole essere la più alta delle sue amiche o vuole disperatamente somigliare a Leopardi'. E poi, ecco, sì: sono un'esperta redattrice di lettere di addio, non riesco a lasciare al tempo il merito di allontanarmi dalle persone, no no, io voglio proprio discutere, voglio scorticare, lo voglio quel Vaffanculo se mi appartiene...”

Non so dire con sicurezza per quanto tempo io sia andata avanti a sproloquiare sugli avvenimenti della mia vita, su tutto quello che è successo a me e alla mia famiglia in tutti i Maggio di tutti gli anni dei secoli nei secoli e sugli uomini che ho incontrato e incontro che, ecco, non so come altro dirlo, se non... bizzarri: gli uomini bizzarri che ho incontrato e incontro; so, però, che quando ho cominciato a parlare dell'Estathè e di come io abbia mancato la giornata nazionale Estapicnic per l'inizio degli influssi del Tu sai che mese mag(g)ico, la voce mi ha bloccato e mi ha detto:
Va be ne. Le fa re mo sa pe re”, manco avessi risposto a un annuncio su Subito.it.

Inizio a temere che la soglia del mio inconscio sia stata deturpata ancora di più di quella del mio subconscio e che il simbolismo incomprensibile insito in ciò che accade, nei debiti tra quello che hai e quello che vorresti, nella differenza tra quello che ricevi e quello che dai, non sia altro che una scritta anonima sulle pareti del cervello, fatta con il pennarello quasi scarico, che non c'entra niente con il curriculum karmico e il bonus vitae.
Una cosa tipo: Meglio scalzi che con le Hogan oppure Love will tear us apart.
Una cosa che poi uno ne rimane immotivatamente convinto e si affastella.
Una cosa che: Per me, sei thè.

Amici, coraggio: è quasi maggio.

mercoledì 17 aprile 2013

Nichilisthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

E' arrivato Aprile, poi metà Aprile, poi il caldo, quindi la primavera e allora: Picnic! mi sono detta. Villa Borghese, kit da bivacco fuori porta e pausa pranzo al sole con un'amica, con scorte di brick di Estathè.
A Roma, quando arriva Aprile, poi metà Aprile, poi il caldo, quindi la primavera, pure se sei un rompicoglioni lamentoso di quelli “A Roma non c'è mai niente da fare e poi piove che cazzo si piove e adesso ogni tanto nevica pure e si blocca tutto e poi non c'è il mare ti pare che non c'è il mare e 'sti lavori della metro quando li finiscono e gli autobus non passano mai e le ragazze della Tuscolana come cazzo si vestono”, beh, pure se sogni l'esilio in maniera continuativa, quando arrivano di colpo quelle belle giornate che l'Estathè ghiacciato è una benedizione, Roma ti frega, ti innamora e non l'abbandoneresti per niente al mondo.
E così fai i picnic, cammini, vai a vedere i concerti e lasci che i tuoi ormoni vaghino su tutta la pelle che inizia a scoprirsi.
Capìto le ragazze della Tuscolana che fighe, sì!”, si sente dire per strada.

Per questo non riuscivo a spiegarmi, durante il picnic, da dove venisse il riverbero di quella voce negativa, pesante e nichilista, che mi esplodeva nel cervello.

Guardali questi stronzi spaparanzati in tutte le ville di Roma, Dio è morto e a loro non gliene frega niente. Tutta questa gente è la dimostrazione dell'inutilità dell'esistenza umana, dell'assenza della moralità, della decadenza dell'intelligenza...”

Oddio, è Oris! mi sono detta, che va avanti con questa storia della decadenza dell'intelligenza da anni.

Tentano di allargare il loro pseudo-mondo attraverso sistemi sempre più potenziati, ma non fanno che inserirsi in meccanismi in cui continueranno ad essere perdenti, perduti, meno di niente...”

Oddio, è Pezzetta! ho pensato, che si ostina a non farsi un account Facebook, ma poi i suoi amici taggano me e Oris nelle foto, al suo posto, e lui lo deve usare comunque, anche se è contro il sistema.

Siamo in caduta libera, sono in caduta libera, fa tutto schifo, nulla ha senso...”
Picnichilista è stata l'ultima parola che ho sentito, mentre masticavo la cannuccia di uno dei miei brick di Estathè.
Poi è successo l'inimmaginabile e, mentre accadeva, mi sono ricordata di mia madre che quando io e Oris eravamo piccole si era fatta tutta una teoria oligocentrica per la quale se doveva succedere una cosa a qualcuno, succedeva alle sue figlie, al suo stretto nucleo familiare.
Solo perché Oris, a dodici anni, per una mini rissa accaduta in salagiochi mentre lei giocava a flipper, si era rotta un dito perché un tipo glielo aveva fatto incastrare nel pulsante con un calcio e poi io mi ero rotta lo stesso dito dopo qualche tempo, sempre a dodici anni, perché uno aveva tirato un sasso in aria ed era caduto sulla mia mano appoggiata su una panchina, provocando il danno.
E' chiaro che questa è una cosa assurda e che non è capitato solo a noi di scivolare di faccia su una pianta grassa, di picchiarci in testa con una chiave inglese o di rimanere con un piede infilato nei raggi di una bicicletta, ma mia madre, quando sono partita per trasferirmi a Roma, aveva paura che se si schiantava un albero a Zagarolo avrebbe colpito una di noi due e, giuro, mi ha chiamato per ogni ramo cascato a Roma e provincia.
Io non ho fatto altro che dire a mia madre che l'egocentrismo è una stronzata e che, come dice Wallace, non dobbiamo scivolare nella nostra configurazione di base per cui tutto ciò che accade nel mondo è collegato a noi, ma mi sono trovata senza parole quando, dopo l'urlo Picnichilista, un verme è caduto dalla bocca di un uccello e ha smesso di essere il suo pranzo per finire di schianto sulla mia borsa e poi caracollare a terra morto.

Ho sentito il rumore di lui che precipitava e il botto e ho pensato che era lui quella voce che sentivo e che lui era Nietzsche, che pure se non era romano diceva le stesse cose che dice un romano bloccato sul GRA dopo otto di ore di lavoro in centro.
Nietzsche è morto durante il mio pranzo, senza senso, senza morale, senza umanità.

A quel punto avevo due opzioni: avrei potuto sentirmi il centro dell'universo e telefonare a mia madre per dirle che aveva ragione e che era caduto un verme a Villa Borghese e, tra tutti, aveva beccato proprio me, oppure potevo guadarmi intorno, osservare quella gente serena, il sole, la natura e chiamare Oris per chiederle se si può considerare un eterno ritorno ornitologico il fatto che un piccione mi avesse cagato in testa, che altri piccioni avessero impestato il nostro balcone e che adesso uno di loro (o forse sempre lo stesso) mi avesse lanciato addosso il suo pranzo.
Ho chiamato Oris e lei mi ha detto “In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. Ma tu sei in un sistema infinito, con un tempo finito, quindi ha ragione mamma: è solo sfiga”.

Ho bucato un altro brick di Estathè e ho pensato: Also sprach mia sorella e poi ho chiamato mia madre per dirle che dopotutto non li avevamo sprecati quei soldi per farla laureare in filosofia.

giovedì 4 aprile 2013

De impossibilitathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Il mio medico roscio fricchettone è partito per la Cina, poi andrà in India e infine si trasferirà a Tubinga, in Germania. La mia migliore amica sono già tre mesi che si è accasata a Bruxelles, dopo che abbiamo condiviso un pianerottolo per tanti anni. Il disegnatore di donnine più ostinato che conosco in settimana mi ha detto che ha comprato un biglietto per Parigi.
Solo andata, ha aggiunto.
E' quantomeno scortese che vi trasferiate tutti, lasciandomi quasi sola, qui a Roma, e optando per paesi in cui sono molto scarse le possibilità che io mi imbatta in una bottiglia di Estathè, se vi vengo a trovare.
Ma non stavamo meglio quando stavamo peggio?

Dato il suo odio per i cambiamenti, Iris Versicolor è nata con quindici giorni di ritardo, a nove mesi e mezzo, occupando il ventre materno al grido di: 'Elefante, io ti batterò!'.
A Iris non piace perdere il controllo geografico sulle persone che ama, trovare il copridivano sgualcito quando apre la finestra del salotto di mattina presto e attenersi a una dieta, sia geografica che salutare, che non prevede l'Estathè nei suoi dettami.
A Iris piace trovare ispirazione guardando la tavola periodica degli elementi invece dell'atlante, obbligare Oris a piegare i vestiti per dare un po' più di ordine al mondo e aprire l'armadio di Pezzetta, ogni tanto, per sentirsi parte della perfetta catalogazione dei suoi calzini”
Lo so che ho chiesto io la voce fuori campo, ma ho un amico gialloblu che sostiene che Amélie Poulain e il suo favoloso mondo abbiano rovinato un'intera generazione: ha composto, in merito, anche un coro dell'Hellas Verona. Quindi, preferirei finirla qui.”
A Iris non piace il Café des 2 Moulins?”
No no, non è questo. Ma, tra il possibile e l'impossibile, preferirei frequentare il Paiolo Magico della Londra babbana. Peccato che nemmeno uno dei miei amici abbia in programma di trasferirsi a Londra...
Iris pensa di avere bisogno di un Ministro della Magia, nonostante abbia già ben due amici maschi che somigliano a Hermione Granger ed è convinta di poter invocare l'Expecto patronum per farsi servire un boccale di Estathè, al Paiolo Magico”
Non credo che sia del tutto impossibile.”

Se ripenso a un anno fa, a dov'ero, a cosa facevo, alle persone che avevo intorno e alla mia libertà di bere quantitativi a scelta di teina (adesso mi attesto su un massimo di tre bicchieri al giorno), non avrei mai creduto possibile che il tempo avrebbe mietuto tutte queste vittime, cambiato così tanto le carte in tavola, scelto un nuovo quartiere per la mia vita e esiliato gran parte delle persone a cui voglio bene.
Quando ho conosciuto Emma Bovary, all'università, e siamo diventati amici perché studiava ingegneria ma leggeva Flaubert, non me l' ha detto che voleva trasferirsi o, se me l'ha detto, io ho pensato che fosse il solito lamento di un amico dedito al bovarismo ma statico (sì, Emma è un uomo e no, non è lui che somiglia a Hermione Granger); e invece adesso anche lui probabilmente se ne andrà.
Dalla mia, ho imparato ad accettare che bisogna fare i conti, tutti i giorni, con l'impossibilità e con le scelte, per dirsi che no, non è che stavamo meglio quando stavamo peggio, forse stavamo meglio quando credevamo impossibile che non saremmo più stati così vicini.
Ma ho anche imparato che la vicinanza è un concetto astratto, che possiamo gestirci nello spazio e nel tempo a seconda di cosa ci è necessario e quindi ho combattuto ancora contro il mio elefante, contro la sua stazza, la sua gestazione, il suo naso a proboscide addirittura più lungo del mio e la sua proverbiale memoria.
Ho domato il pachiderma, lo spazio, il tempo e i ricordi, e, in qualche modo, sono pronta a partire: ci vedrete arrivare baldanzosi in tutte le vostre città, cercheremo di non calpestare il Café des 2 Moulins o il Parlamento Europeo, vi caricheremo a bordo, offrendo bicchieri di Estathè in barba al proibizionismo, e ci sentiremo sempre vicini, come l'Alluminio e il Silicio sulla tavola periodica, pure se io sto a Roma e voi chissà dove.

Il bello del futuro e delle cose impossibili è che possono capitare davvero e quindi vale la pena immaginare qualsiasi cosa perché potrebbe essere tanto impossibile da succedere. 
Per questo io e Lord Voldemort siamo su quell'elefante.
Se nessuno parlerà di cristallerie, fragilità o cose che si possono rompere, ve lo prometto: andrà tutto bene.