Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Chi segue questo blog
da almeno un anno o chi mi conosce personalmente (suo malgrado, in
entrambi i casi) sa quanto l'arrivo di Maggio possa mettermi ansia,
visto che mi succedono sempre cose brutte a Maggio; ma quest'anno, la
mia amica Marco Polo mi ha spiegato che quando si affastellano tutte
le sfighe del mondo nei mesi precedenti al Ma(nna)ggio, si riceve un
bonus karmico che funziona come una protezione.
Essendo una persona
poeticamente concreta, mi stavo chiedendo come sarebbe arrivato il
bonus, quando una voce sconosciuta da automa ha bussato alla mia
Porta Alchemica, per chiedermi conto dei mesti dividendi maturati.
Prima
di andare avanti, ho necessità di fare una piccola digressione sulla
mia Porta Alchemica: un tempo, infatti, come d'uopo, sulla soglia
c'era scritto Si
non sedes is,
il famoso motto che può essere letto da destra a sinistra o da
sinistra a destra e che, a seconda del verso, sta a significare Se
non siedi
vai
oppure
Se siedi non vai, ma
la
mia vita ha subìto diversi attacchi vandalici che prima hanno
trasformato la scritta in Si
non fetes is,
per poi cancellarla e trasformarla in un motto romanicamente più
consono: O
t'elevi o te levi.
Ma
torniamo alla voce robotica di chissà quale call center celeste che
ha invaso la mia parte di subconscio posizionata dietro la Porta
Ermetica (ermetica di ermetismo,
non di tupperware).
“Cu
rri cu lum Vi tae”, ha detto (come Wall-E quando chiamava Eve, ma
con meno trasporto).
“Prego?”
“Cu
rri cu lum Vi tae: in se ri re da ti per so na li per bo nus kar mi
co”
“Allora,
ok, sono pronta: Iris Versicolor...”
“Fat
to: bas ta il no me, ab bia mo già tut to nel da ta ba se”
“Tutto
tutto? Anche quella volta che mio cugino mi ha fatto roteare sui
rollerblade nuovi per poi lanciarmi in una discesa libera? Oppure
quella volta che, mentre facevo le medie, mi hanno tarato male gli
sci perché non potevano crederci che pesassi solo 28 chili e quando
sono caduta non mi si sono sganciati con provocazione danni?”
“Tut
to, c'è tut to; ma ab bia mo del le do man de.”
“Prego.”
“Lei
di ce sem pre 'Pre go'?”
“E'
questa è la prima domanda?”
“No,
scu si.”
“No,
perché, nel caso fossimo al momento FAQ, avrei anche io una domanda:
questo bonus karmico verrà accettato dagli esercenti Carrefour per
essere commutato in Estathè?”
“Pre
go?”
“No,
nel senso: io la faccio pure tutta la trafila del curriculum, ma poi,
di grazia, questo bonus come lo uso?”
La voce ha balbettato e
non ha saputo spiegarmi come avrei potuto utilizzare il credito,
offendendosi tremendamente quando ho provato a chiamarla Siri.
“Non
ci ri sul ta che lei ab bia un i Phone!”, ha detto piccata.
Io ho risposto che
avrei gradito che anche quell'informazione fosse aggiunta alle altre
e ho rimarcato la performance tremenda della metro presa al volo, con
doppio cambio di verso e direzione a causa dell'errore iniziale, con
la quale io e Marco Polo abbiamo rischiato di perdere il treno per
Bologna. E poi la meraviglia di aver portato con noi il maltempo,
rovinando quattro giorni interi ai bolognesi, che senza di noi sono
stati preceduti e seguiti da un sole a picco.
Io non so che vuol dire
quando si affastellano le sfighe (ma adoro Marco Polo quando usa
parole come affastellano, frasi come Per Andrea Salerno ho
un po' una crush o facce da tasto F4, basite dal modo in cui
l'iPhon e Instagram l'abbiano resa una gran fotografa); quindi, al
mio colloquio karmico, per non sbagliare, ho elencato le mie migliori
abilità pur di guadagnare punti, anche se poi non avrei saputo cosa
farci.
“La
mia capacità di sentirmi a disagio in ogni occasione in cui sono
contornata da più di cinque persone che non conosco, per esempio.
Oppure la mia estrema riluttanza ad avere le spalle dritte per cui
l'ortopedico disse a mia madre: 'Non è una cifosi, è un
atteggiamento: o non vuole essere la più alta delle sue amiche o
vuole disperatamente somigliare a Leopardi'. E poi, ecco, sì: sono
un'esperta redattrice di lettere di addio, non riesco a lasciare al
tempo il merito di allontanarmi dalle persone, no no, io voglio
proprio discutere, voglio scorticare, lo voglio quel Vaffanculo
se mi appartiene...”
Non
so dire con sicurezza per quanto tempo io sia andata avanti a
sproloquiare sugli avvenimenti della mia vita, su tutto quello che è
successo a me e alla mia famiglia in tutti i Maggio di tutti gli anni
dei secoli nei secoli e sugli uomini che ho incontrato e incontro
che, ecco, non so come altro dirlo, se non... bizzarri:
gli
uomini
bizzarri
che ho incontrato e incontro; so, però, che quando ho cominciato a
parlare dell'Estathè e di come io abbia mancato la giornata
nazionale Estapicnic per l'inizio degli influssi del Tu
sai che mese mag(g)ico,
la voce mi ha bloccato e mi ha detto:
“Va
be ne. Le fa re mo sa pe re”, manco avessi risposto a un annuncio
su Subito.it.
Inizio
a temere che la soglia del mio inconscio sia stata deturpata ancora
di più di quella del mio subconscio e che il simbolismo
incomprensibile insito in ciò che accade, nei debiti tra quello che
hai e quello che vorresti, nella differenza tra quello che ricevi e
quello che dai, non sia altro che una scritta anonima sulle pareti
del cervello, fatta con il pennarello quasi scarico, che non c'entra
niente con il curriculum karmico e il bonus vitae.
Una
cosa tipo:
Meglio scalzi che con le Hogan oppure
Love
will tear us apart.
Una
cosa che poi uno ne rimane immotivatamente convinto e si affastella.
Una
cosa che:
Per me, sei thè.
Amici,
coraggio: è quasi maggio.