Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 22 gennaio 2019

Inthèrvention


Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!», gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo»

È più o meno da un mese che mia madre continua a parlarmi di astrologia e del fatto che tutti gli oroscopi dicono la stessa cosa: per il Leone, questo 2019 sarà un anno meraviglioso. Siccome non riesco a immaginarli nemmeno lontanamente i parametri di questa meraviglia, tendo a risponderle con poco entusiasmo, bofonchiando che non lo so, che non mi fido, che secondo me quest'anno non sarà per niente incredibile, a meno che non mi prenderò un cane.
«Ma smettila con questa storia del cane», mi risponde lei: «pensa invece che da marzo avrai delle grandi soddisfazioni lavorative e che, già nei prossimi giorni, l'amore verrà a bussare alla tua porta. Non essere sempre negativa...».
«Mamma, sai come si è chiuso il 2018? Con me che, ingenua e positiva, partecipo a una tombolata a casa di Silvis e, per colpa di un terno, mi ritrovo a cantare Non amarmi in duetto con uno sconosciuto davanti a 30 persone munite di telefonini che mi riprendono. Avevo fatto terno, doveva essere una cosa bella, una vittoria, ma quelli, invece di riempirmi un flûte di Estathè, mi hanno costretto a frignare: "Dimmi perché piangi..." con un manico di scopa a mo' di microfono. Poi c'è stato l'applausometro e, grazie alla mia pubblica umiliazione, mi hanno consegnato il premio: una clessidra con sabbiolina glitterata che ora sta sulla mia scrivania a ricordarmi che, se mi voglio salvare, non devo uscire, non devo socializzare. Se l'amore bussa alla mia porta, mamma, io non devo aprire, devo aizzargli contro il cane che non ho...».
E allora è tutta una pioggia di «Ma Paolo Fox ha detto...», «Simon & the Stars ha scritto...», «E Giove in Sagittario...», «Urano in Ariete...», «E guarda che bel sole che c'è oggi...», «Branko dice che devi metterci grinta...», eccetera, eccetera.
È più o meno da un mese che andiamo avanti così e il bello è che mia madre non crede nell'oroscopo in generale, crede solo nel mio e solo quando è positivo, quindi il bombardamento astrologico in atto è un suo mero tentativo di dare un senso, una costellazione di appartenenza, ai picchi di ridicolaggine della mia vita che, il più delle volte, sembra scritta da quelli che confezionano i biscotti della fortuna, che me la servono in foglietti lucidi, pieni di refusi e metafore insolubili.

È chiaro che sarebbe molto comodo credere a questi oroscopi, anche perché pure Oris è Leone, e Frederick e Marco Polo e Iaia e Francis e Ukulele e tanti altri; quindi, se questa meraviglia di anno fosse vera, vorrebbe dire che farei parte di un corteo trionfante di amici, tutti poveri cristi nati in estate che non hanno mai potuto festeggiare un compleanno a scuola e che risorgerebbero con me dalle ceneri delle loro feste sudate e semivuote per danzare e cantare al ritmo di lavori, amori e gioie di ogni tipo.
Ma come? Come posso crederci? Come può Roma diventare di botto il paese della Cuccagna, la contrada Bengodi, l'Eldorado dei Leoni di ogni possibile decade? Per quanti sforzi io possa fare, per quanto mi possa impegnare, ci vuole troppa fiducia.
Tra l'altro, quest'anno, che è iniziato da soli 22 giorni, ha già visto: una perdita di gas che ci ha costrette a sfondare il muro della cucina; la porta di casa che ha preso ad aprirsi e non aprirsi a suo piacimento e io e Oris che siamo rimaste fuori di sabato notte – fino a che, a forza di scassinare, non ho offerto una falange in dono al Signore dei Chiavistelli e quello ci ha permesso di entrare –; e infine, la malaugurata idea che ho avuto di chiedere a Oris di lanciarmi un cardigan dal balcone perché ero già uscita, ero in ritardo e avevo sottovalutato il freddo. Siccome viviamo al secondo piano, mi sembrava una pratica semplice, invece il mio cardigan preferito si è agganciato con un bottone a un ramo e un picco di ridicolaggine è stato immediatamente raggiunto con me che, abbracciata a quell'albero quantomeno centenario, cercavo di scuoterlo per far cadere il cardigan.
Mi guardavano tutti: i passanti, il signore della pizzeria, il proprietario dell'alimentari, la gente dalle finestre. Dal canto suo, Oris continuava a entrare e uscire con palle da tennis, corde, quadri, qualsiasi cosa le sembrava potesse essere lanciabile sul ramo, ma io la dissuadevo spiegandole che qualsiasi cosa avesse lanciato poi sarebbe arrivata in strada a far danni. Ovviamente, alla fine, mi ha proposto di rinunciare e di andare a comprarne un altro di cardigan, ed è stato in quel momento che ho sentito distintamente la voce di Francesca Alotta che cantava «Sola in mezzo a questo cielo non lasciaaarmi...». E allora mi sono bloccata.

«Stai tranquilla, Francesca, non ti lascerò...».
«Non sono Francesca Alotta, deficiente. Sono Lilla, il tuo primo cane, quello che ti è stato portato via senza fornirti nessuna spiegazione, il traumatizzante bretoncino rompicoglioni».
«Oddio, Lilla, che mi hai ricordato... Un'altra cosa che posso rinfacciare ai miei genitori».
«Già. Ma, come puoi vedere, non sono qui da sola. Ci sono anche Lupetta, Léon, India, Sophie, Maratona, Tobia, Novecento, Lola, Pecu, Bach e tutti gli altri cani, tuoi o non tuoi, che hai amato e importunato nel corso della tua vita. Siamo qui per un intervention».
«Un intervention? Ma come? Una cosa tipo quella che fanno gli americani in cui gli amici, i familiari, la gente ti piomba in casa e ti parla di un problema che hai, facendoti piangere fino a che non ti convinci a curarti?».
«Sì, esattamente quello. Sai, il 2018 è stato l'anno del Cane per l'oroscopo cinese, quindi avevamo questa finestra, fino al 5 febbraio, per venire a parlarti e ne abbiamo approfittato...».
«Cioè, è stato l'anno del Cane e io vengo a saperlo solo ora che sta per finire?».
«Proprio questo è il punto...».
«Che poi mi piace questa cosa che, nello zodiaco cinese, ci sono tutti animali, c'è coerenza tematica, noi invece abbiamo Bilance, Gemelli, Vergini, una promiscuità formale davvero imbarazzante...».
«Senti, concentrati, non cominciare a divagare».
«Sì, scusami».
«Allora, non so come dirlo gentilmente: ma hai rotto il cazzo con 'sta storia del cane. Tu usi il cane per giustificare tutta la tua negatività, lo usi come desiderio inappagabile, come idea platonica, essenza metafisica, come se tutti noi, cani della tua vita, non fossimo mai esistiti e tu corra perennemente dietro a questo sogno astratto. È una cosa offensiva per noi e un potenziale disturbo psichiatrico per te, ma non basta. Recentemente hai anche iniziato a ingarbugliare tutti i tuoi pensieri intorno a questo concetto, tanto che dici delle cose, assumi degli atteggiamenti, mistifichi il tuo immaginario con l'archetipo della caninità. Guardati adesso, per esempio: continui a saltellare verso questo cardigan, manco fossi un pastore delle Shetland in una gara di Agility. Ma vuoi stare ferma?».
«Sto solo cercando di attirare l'attenzione di Oris. ORIS, ORIS! PROVA CON UNA SCOPA!»
«Ecco, e poi anche questo. Tu non fai altro che abbaiare, abbaiare e abbaiare...».
«Non sto abbaiando, sto cercando di comunicare con mia sorella...».
«Bau bau bau. Basta. Stai zitta o i vicini finiranno per incazzarsi e lanciarti contro qualche polpetta avvelenata. A cuccia! Sennò faccio partire gli ultrasuoni».
«Ti stai tanto agitando e manco mi sono messa a cantare. Quando canto, sembro un chihuahua a cui hanno pestato una zampetta...».
«Lo vedi? Subito con la similitudine canina. Non va bene, Iris. Allora, provo a spiegarti. Cane a faccia in giù alla lezione di Yoga: sì; dire a Oris "Hai visto che carino quel ragazzo della tombolata, sembrava un pointer": no. Muovere le zampe mentre sogni: sì; ringhiare al supermercato per ottenere l'ultima bottiglia di Estathè: no; covare istinti omicidi per i piccioni che ti cagano sul balcone: sì; essere il migliore amico di tutti gli stronzi che incontri: no».
«Va bene, ho capito. Non è così difficile».
«Fammi dire solo un'ultima cosa, Iris, la più importante: basta ossessionarsi per il carlino brizzolato, lo so che non ha fatto altro che scodinzolare, ma quello è un paraculo pigro, che non verrà mai a bussare alla tua porta...».
«Ma non è che vi ha mandati mia madre per quella storia dell'amore, del Leone, dell'oroscopo?».
«Ma di che parli? Noi seguiamo l'oroscopo cinese, là il Leone nemmeno ci sta...».
«Mah, mah... Quella è Chicca? La mia gatta di quando facevo le medie. Grazie che l'avete portata. Sono vent'anni che non ci vediamo. Ciao Chicca».
«Lasciala perdere, per piacere. Se stiamo incazzati noi, figurati lei».
«Chicca, non essere arrabbiata. Tra l'altro tu sei l'unica che mi può aiutare. Perché non sali su questo albero a recuperarmi il cardigan?».
«...».
«Daaai!».
«Lasciala in pace. Non vedi che la stai mettendo in imbarazzo?».

Spazientita e sempre più in ritardo, ho chiesto a Oris di invertire i nostri ruoli e di scendere giù ad afferrare il cardigan mentre io cercavo di farlo cadere e giuro che, quando ha preso le scale saltellando, a me è sembrata una cockerina allegra e spensierata, con le orecchie lunghe di capelli color miele, e mi sono detta che forse i miei cani avevano ragione. Ho afferrato la scopa con rabbia e mi sono mossa sgraziatamente fino a quando non sono riuscita a colpire il ramo: il cardigan si è sganciato e poi solo grandi corse, ululati di scuse e risate scomposte.
Mi sono detta che forse il cardigan era entrato in congiunzione con Venere, si era allineato con Giove, che magari era caduto per terra e i cani lo avevano sbranato. Mi sono detta che forse si era smaterializzato prima di entrare in conflitto con Saturno, con un asteroide o con le unghie affilate di Chicca. Ho sperato di poter leggere nel destino del cardigan una profezia per il 2019, per i nati sotto il segno del Leone, per gli amanti dei cani senza cani che molestano i cani degli altri, per chi abbaia alla bottiglia di Estathè quando si azzarda a finire, per chi comunque continuerà a cantare: «Non amarmi perché vivo a Londra».
Però, quando Oris mi ha raccontato che il cardigan era caduto in testa a un signore, che gli aveva coperto il cappello con le falde come un velo da apicoltore, che lei gli era saltata addosso urlandogli: «È mio! È mio!» e che, davanti al suo sguardo sconvolto, aveva aggiunto: «Ci scusi, era tanto che cercavamo di farlo cadere dall'albero», abbiamo riso così tanto da non capirci niente. Lilla, Léon e tutti gli altri sono scappati in branco dal loro stesso intervention e, a me, non è rimasto che chiamare mia madre.
«Mamma, hai ragione tu: sento che, in questo 2019, farò tombola».

E allora meglio che inizio a prepararmi, chissà per avere il premio cosa mi toccherà scontare.