Se avessi potuto
scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
I
detrattori leghisti dicevano che avrebbe piovuto su Roma, sulla festa
della Liberazione e sulla prima 'scampagnata' dell'anno e, invece,
corcazzo:
anche se la gente ha abbinato le canottiere con i moon boot (pure
l'abbigliamento è precario in una generazione precaria) il sole ti
batteva sulla collottola che era un piacere.
Eravam
trecento, eravam giovani e forti anche se non ce n'eravamo accorti,
quindi dopo un'oretta di tedesca, in salita, con il pallone un po'
sgonfio e la porta che non sapevi né dove iniziava né dove finiva,
ci siamo mangiati tutto quello che abbiamo trovato: capre, cavoli,
cous cous e tramezzini (abbiamo risparmiato soltanto la
spigolatrice di Sapri,
ché quella, poverina, ha già tanti problemi per conto suo).
Il mio unico amico
sportivo, chihuahua munito, ha convinto me, Oris e Paris ad andare a
fare una passeggiata con lui, in mezzo al bosco.
Oris è mia sorella,
quattro lettere di pigrizia assoluta che lei rivendica con orgoglio.
Paris è la mia amica
con la Yaris.
Nessuna di noi muove
mai un passo, quindi a forza di correre dietro al palestratissimo
chihauhua del mio amico (che cercava di litigare con tutti i cani
maschi che incontrava e di montarsi tutte le femmine -assolutamente
incurante della loro taglia e razza, in entrambi i casi-), ci siamo
ritrovate a non sapere nemmeno chi eravamo.
Iris, Oris e Paris
portate con l'inganno in mezzo ad un bosco.
Sembrava l'inizio di
una favola dai risvolti tragici.
Ma l'amico sportivo non
voleva granché da noi, a parte parlare di felci, raccontarci la
storia di tutti i ruderi che incontravamo e sostenere ardentemente
che dovevo essere stata io (ero io Iris, credo) ad avergli rubato il
suo cromosoma ipsilon, visto il mio amore per il calcio e il mio
cameratismo con il fidanzato di Paris che mi ci faceva giocare.
Fatto sta che mi sono
distratta ed ho bevuto un litro di estathè.
“Iris?
Un litro di estathè? Sei diventata pazza?”
“Oris,
non ti arrabbiare, sei tu che mi hai comprato i brick, lo sai che i
brick sono la massima espressione terrena dell'estathè...”
“Non
sono Oris, sono la voce della tua coscienza...”
“La
stessa che, da piccola, mi parlava da dietro il divano e mi spingeva
a consegnare tutti i miei risparmi alla mia povera sorella Oris?”
“Non
so assolutamente di cosa tu stia parlando!”
“Guarda
che, ad un certo punto, l'ho capito che eri tu stessa a fare quella
voce per intascarti i miei soldi. Mi hai creato un trauma
profondissimo che io sono costretta a riempire di estathè...”
“Guarda
che lo dico a mamma...”
“Guarda
che non abbiamo più dieci anni...”
Ma lei ha composto il
numero, allora io ho urlato a Paris di braccarla, ma Paris (che non
solo non sapeva più come si chiamava, ma pensava di poter trovare la
via più breve per raggiungere il suo fidanzato grazie alle mappe
dell'Iphone) non è stata di nessun aiuto, allora amico sportivo e
chihuahua hanno distratto Oris con il finto avvistamento di una
gelateria ed io l'ho fermata.
Siamo tornati a casa
distrutti, così come doveva essere, sudati e stanchi come i bambini
che si sfogano lontano dal controllo della mamma ed io ho convinto
Oris che non berrò più tutto quell'estathè.
Lei ci ha creduto, ma
adesso ha iniziato a fare le tacche sulla bottiglia per controllarmi.
Grazieadio,
Oris è l'anagramma di distrazione
e la cosa non durerà perché la verità è che brick o non brick,
Liberazione o Primo maggio, casa, parco o bosco, io lo bevo davvero
un litro di estathè al giorno. Ho misurato la capienza del mio
bicchiere preferito per esserne sicura.
Non giudicatemi,
moralisti degli zuccheri raffinati, ognuno ha le sue droghe.
Sono sicura che voi
fumate, mangiate nutella e bevete caffè.
Io non faccio nessuna
di queste tre cose.
E se non fumate, non
mangiate nutella, non bevete caffè e non adorate l'estathè, non
capisco cosa stiate leggendo a fare le mie memorie perché sono quasi
certa che, in questo caso, voi siate dei tristi leghisti.