Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Due
giorni fa, il supermercato aveva finito l'estathè. Con l'arrivo del
caldo, tutti sono accorsi a sistemare le bottiglie in frigo, pensando
di avere un rapporto speciale con il mio nettare meraviglioso ed io
mi sono sentita tradita.
Ma
come, estathè? Proprio a me? Che non vivo nemmeno un giorno
d'inverno senza di te?
Questo
mi avrebbe dovuto far riflettere.
La
giornata era cominciata sotto i peggiori auspici, non sarei dovuta
andare dal parrucchiere di Oris. Io ho un cattivo rapporto con tutti
i parrucchieri del mondo: i miei capelli non sono fatti per essere
fonati e sistemati, si arrabbiano, si sentono artefatti e se la
prendono con me.
Ma
tutti possono sbagliare ed io ho sbagliato: ad andare dal
parrucchiere in un giorno nefasto, a dare retta alle bizzarre scelte
estetiche di Oris e a non scappare quando il suddetto ha cominciato a
chiamarmi passerotto.
“Vorrei
che me li accorciassi...” gli ho detto.
“Vorrei
un carré, più corto dietro e più lungo davanti.”
Una
cosa semplice, insomma, detta con i termini giusti, imparati sul
campo. Perché si dice “carré”, non “caschetto”. L'ultima
volta che ho detto ad un parrucchiere che volevo un “caschetto”,
mi ha consigliato di andare dal barbiere di Nino D'Angelo, l'unico in
Italia ad avere ancora il caschetto.
I
parrucchieri non devono amare gli iris.
E
non devono amare nemmeno l'Estathè.
Fatto
sta che, mentre ero lì ad aspettare, ho visto Alice su una poltrona
poco distante dalla mia: il brucaliffo le stava fonando i suoi
boccoli d'oro con il fumo infinito del suo narghilè.
“Oggi
mi sono trasformata così tante volte che non so più chi sono...”,
gli stava dicendo, ma lui non la ascoltava, era troppo concentrato
sulle sue boccate di fumo e sulla sua filosofia.
“E
tu?”, ha detto lei a me. “Tu chi sei?”.
“Non
lo so ancora, Alice. Dipende da come mi taglieranno i capelli”, ho
risposto.
Poi
ho sentito che il mio parrucchiere chiamava qualcuno coniglietto
e ho visto Alice farsi nervosa sul ticchettio di un orologio che le
urlava il suo ritardo.
“E'
tardi, Bianconiglio, dobbiamo andare!”.
“No,
mi stanno facendo la cresta e credo che me la tingerò di biondo,
come Balotelli.”
Proprio
in quel momento, mi sono accorta che, alle forbici, c'era un tipo
strano, uno con un cappello enorme che sorseggiava thè da molte
tazze diverse: un mio simile, praticamente.
Poi,
però, il negozio si è riempito di stregatti, gemelli sincronizzati,
leprotti bisestili, capitan libecci e canterine maratonde ed io mi
sono distratta così tanto da non far più caso ai miei capelli e
alle urla spietate di una donna con un mazzo di carte in mano.
“Tagliatele
la testa! Tagliatele la testa!”
Quando
ho sentito il rumore delle forbici che si chiudevano era troppo
tardi, mi sono guardata nello specchio e ho detto “E chi è quella?
Una catechista? Una zitella senza speranza chiusa in un romanzo di
Jane Austen?”
Il
brucaliffo stava pompando i capelli di Oris, mentre il mio sguardo si
distruggeva.
Non
ho letto il seguito, quindi non so cosa Alice trovò attraverso lo
specchio, so solo che, mentre uscivo disperata da quel posto, con un
fungo atomico sulla testa che non mi avrebbe fatto diventare né più
alta né più bassa di quanto io non sia già, ho sentito una vocina
leggera che mi ha detto:
“Di
solito io mi do degli ottimi consigli, ma raramente li seguo...”
“Non
avrei dovuto tagliarmi i capelli, vero?”
“L'importante
è che non hai perso le testa. Il resto si recupera.”
Sarà,
ma intanto fa troppo caldo per un cappello, ci sono troppi concerti
per non uscire di casa e bisogna fare le poste al camion dei
rifornimenti del supermercato per accaparrarsi un goccio di estathè.
E'
una vita davvero difficile.
Per
uno sparuto momento, mentre mi guardavo nello specchio enorme del mio
armadio nuovo, ho pensato che se avessi bevuto una tazza di estathè,
brindando al mio non compleanno, mi sarebbero ricresciuti i capelli.
“Impassabile”,
mi ha detto la serratura della porta.
“Vuoi
dire impossibile?”
“No:
impassabile. Nulla è impossibile...”
In
effetti, a guardarmi bene, sembro una rincoglionita che beve thè
deteinato: una cosa che credevo davvero impossibile...