Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 22 luglio 2014

Come città aperthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Ci capita, ogni tanto, di macchiarci del reato di appropriazione indebita di noi stessi. Il fatto che ci possediamo non ci dà alcun diritto di approfittarcene. Il nostro crimine è una conseguenza di un processo mitotico durante il quale un'overdose di pensieri, parole, opere, (o)missioni (ed Estathè, per qualcuno) provoca una divisione equazionale e noi ci riproduciamo in due diversi noi stessi. Quando mi succede, Oris dice che è come se ci fosse una Iris con in braccio un forcone che corre dietro ad un'altra Iris disarmata, punzecchiandole il culo per farla correre più veloce.
In pratica, non siamo più totalmente titolari del nostro corpo e del nostro cervello e ci esprimiamo in comportamenti solo assimilabili a quello che veramente siamo, con il fine di procurare, a noi o ad altri noi, profitti di qualche genere.
Reato di appropriazione indebita, appunto.

Uno degli aneddoti preferiti di mia madre (lo racconta a tutti gli amici che le porto casa) riguarda quella volta che io e lei eravamo sommerse di casini, con poco tempo a disposizione e troppi spazi da percorrere, e siamo entrate di fretta in un supermercato perché non avevamo quasi più niente in casa.
«Non ti preoccupare, faccio io», le dicevo, correndo di qua e di là come un'ossessa: «È tardi, è tardi, è tardi. L'Estathè, l'Estathè, l'Estathè. Faccio io, faccio io, faccio io»; ho preso la sporta di stoffa per metterci la spesa e, nell'aprirla con troppa foga, l'ho stracciata in due.
La gente era sconvolta e mi guardava tentare di rimettere insieme i due lembi della shopper (ormai non più riutilizzabile), con la paura che, da un momento all'altro, potessi diventare una verde, enorme e cattivissima signorina Hulk.
Tutto questo per dire che quando, qualche giorno fa, sono andata da Oris e l'ho avvertita che, siccome volevo rilassarmi, mi sarei messa a pulire il forno, lei non mi ha risposto che le sembrava una follia: ha guardato le mie mani in alto, bene in vista, e l'altra Iris che mi spingeva avanti minacciandomi con il forcone e ci ha lasciate fare.

«Ecco, mo ci intossicano», ha detto preoccupato Jackie O'.
Jackie O' è un geco che vive nel nostro lampadario da una settimana e che la sera guarda la televisione con noi.
«Vi mangia le zanzare!», ci ha detto nostra madre: «ma non fatelo avvicinare a Iris che quella è capace di stracciarlo in due. Ve l'ho raccontato di quella volta che...».
Siccome soffro di sensi di colpa continui e non volevo stracciare, cacciare né tantomeno gasare Jackie O', ho deciso di pulire il forno con un metodo naturale, senza intossicazioni chimiche, quindi ho mescolato sale, bicarbonato e acqua e l'ho gettato sulle pareti interne dell'elettrodomestico come un perfetto muratore con la calce e poi mi sono messa ad aspettare. Anche se sul sito dove mi sono informata c'era scritto scrub ecologico, io non ho pensato che dovevo strofinare: ho chiuso il forno e ho incrociato le braccia per un'ora.
Ovviamente, quando ho riaperto, il composto si era seccato.
«Di zozzerie, tua sorella, ne ha fatte tante», ha detto Jackie O' a Oris «ma questa le batte tutte». Oris, però, non era in grado di sentire quella voce quindi: «Senti, Iris» mi ha detto. «Quel geco mi sta fissando, tu sei infilata con la testa in un forno pieno di bicarbonato secco e abbiamo un balcone invaso da bulbi morti che sembrano cipolle mezze interrate. Che dobbiamo fare?»
«Oris, se non mi lasci finire, non potremo usare il forno mai più»
«Ma è davvero così che ti rilassi?»
«Oris, ti prego...»
«La verità è che, da quando vi ho permesso di fare la raccolta differenziata, questa casa è diventata una giungla...»

Due ore, un prodotto chimico, mezza bottiglia di Estathè e una canottiera sporca di grasso dopo, il forno era splendente, mentre io e l'altra Iris lo eravamo molto meno. Oris si è avvicinata con un cuscino del salotto tra le mani e mi ha detto che Jackie O' ci aveva cacato sopra.
«Come fai a sapere che è stato lui?»
«Ho cercato su internet come è fatta la cacca dei gechi. È giunta l'ora: deve sloggiare...»
Sono andata a parlare con Jackie O' e gli ho spiegato che, nell'ordinamento giuridico della nostra casa, il suo reato comportava uno sfratto subitaneo. Lui, di risposta, si è infilato all'interno del lampadario.
«Sta raccogliendo le sue cose. Ora se ne va. Mi ha detto che aveva già deciso di lasciarci quando ho spruzzato quello sgrassante artificiale nel forno.»
«Certo, geco incivile, sei meglio te!», gli ha detto Oris mentre lui varcava la soglia della finestra senza dirci addio.

Ci comportiamo come città aperte: cediamo, ci abbandoniamo, sventoliamo bandiera bianca per evitare la distruzione nemica, appigliandoci a un principio di autoconservazione. Io mi lascio sempre invadere da me stessa, mi lascio occupare e poi mi ritrovo a pulire dal grasso la canottiera bianca che ho indossato per lavare il forno, mentre l'altra Iris, severa come il sergente maggiore Hartman, mi urla nelle orecchie che adesso, per rilassarmi, dovrò ripitturare la camera di Pezzetta (che sarà anche un modo per scusarmi visto che la canottiera che ho rovinato era la sua: me l'aveva regalata con tanto amore fraterno).
«Ma chi sei? Cenerentola?», mi ha chiesto Jackie O', affacciandosi dalle fenditure della persiana.
«Non credo. Tra due giorni ho trent'anni e nella scarpina non riesco a infilarci nemmeno mezzo brick di Estathè», gli ho risposto.
«Forse, in questa storia, c'è una Iris di troppo...»

Ho trovato il coraggio: mi sono fatta consegnare il forcone dalla Iris di troppo e mi sono detta, dicendolo a lei, che, nell'ordinamento giuridico di me stessa, il reato di appropriazione indebita equivale a cacare su un cuscino. Non ho ridipinto la camera di Pezzetta, mi sono fatta tagliare i capelli male e ho chiuso la città aperta, dopo aver cacciato sia Iris Hulk che Iris sergente Hartman. Ho fatto anche dei buoni propositi sulla mia vita, tipo Se devi proprio commettere adulterio, procedi. Ma mai con il thè freddo fatto in casa...
Perché, tra poco, compio trent'anni e cambio decina.

In matematica, 30 è un numero abbondante, con o senza lode.
Speriamo in una cornucopia di bene.

mercoledì 2 luglio 2014

Thè Sims

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Ci sono dei momenti, nella vita di Oris, in cui è circospetta, quasi furtiva. Di solito si avverano mentre sparecchiamo la tavola, mentre laviamo i piatti o mentre puliamo la casa; si avverano quando cerca di ristabilire quel suo personale ordinamento dell'universo nel quale lei divide et impera. Esistono diverse formule attraverso le quali ciò accade:
  • la sparizione (Oris c'è, Oris non c'è più, oppure il famoso: «Adesso torno! Mi sta squillando il telefono!»);
  • il caos (Oris ti fa tanti piccoli giri intorno, in modo che tu ti distragga, pensando che anche lei sta partecipando alle attività, solo più tardi scoprirai amaramente di aver fatto tutto da solo, che l'unico apporto di Oris è stato sommergerti con un'ondata di parole e anidride carbonica -per questo e per altri motivi viene chiamata Tsutsunami);
  • la frivolezza (nelle varianti: Oris DJ, Oris «Vi faccio vedere come mi stanno i vestiti che mi sono comprata?» e Oris GiocoDelle3Carte «Dai! Carta vince, carta perde!» -succede sempre che Oris vince e la squadra Iris&Pezzetta perde).
È stato in maniera circospetta e furtiva che, qualche giorno fa, si è presentata in camera mia con in mano il suo iPad e mi ha chiesto: «Si chiamava The Sims quel gioco dal quale eri ossessionata quando eri piccola?»
«Si chiamava Estathè quel gioco dal quale ero ossessionata quando ero piccola»
«Madonna, Iris! Dici sempre le stesse cose! Te ne rendi conto? La tua vita ha bisogno di più avventura. Sai che faccio? Darò il tuo nome al mio primo Sim»

La semplice realtà non basta più a nessuno e questa è una verità noiosa e sufficientemente ovvia. Il fatto che mia sorella abbia deciso di mettersi a combattere con un simulatore di vita che andava di moda più di dieci anni fa (The Sims, appunto) rende gustosamente vintage questa verità. Il fatto, poi, che guadagni dei soldi che si chiamano simoleon coltivando angurie e che costruisca case con le pareti a pois rende dannatamente divertente questa verità. Il fatto, infine, che gestisca un'intera città in cui abitiamo noi e i nostri amici, sotto forma di avatar, rende assolutamente geniale questa verità.

Quando ci giocavo io a The Sims, non ci giocavo veramente: un mio amichetto nerd mi aveva insegnato un trucco, un codice che mi permetteva di avere una quantità infinita di soldi. Ero una specie di ereditiera priva di scrupoli, sfornita del senso del denaro, quindi passavo il mio tempo a costruire supercase di tre piani, con centri benessere, piscine, comfort sciocchi e personaggi senza obiettivi che finivano per morire in incendi scoppiati durante la preparazione di una torta (se non gli fai studiare un manuale prima di metterli ai fornelli, succede) o per affogare in piscine extralusso in cui mi ero dimenticata di costruire le scalette di uscita. La cosa più folle era che, alla morte di un Sim, compariva una lapide, nel posto stesso in cui era morto, e tutti gli altri si raccoglievano lì intorno a piangere. E piangevano, piangevano. Allora io azzeravo la partita e ricominciavo da capo.
Oris, invece, non conosce trucchi (non che non ci abbia provato, eh, quell'ambiziosa imperatrice del mondo!), quindi è costretta a sgobbare.
Quello che segue è il report delle conversazioni assurde che sono avvenute tra Oris, il suo iPad, me e Pezzetta, anche se chiamarle conversazioni è sbagliato, visto che, più che altro, sono stati dei folli monologhi che ci hanno inseguito in tutte le stanze.

Mansione sociale: Non credi che il tuo Sim si senta solo? Crea dei vicini di casa per lui!
«Allora, Iris, eccoti qua: ti piaci? Sono stata costretta a farti tutte queste tette, ma in compenso c'è anche una voce fuoricampo! Non sei contenta? Adesso, siccome non potevi vivere da sola nella città, ti ho creato tre vicini: Oris Tsutsunami, Pezzi Pezzi (risata bionda) e Fabio Fazio. Vedi? Ti spiego: Fabio Fazio è il tuo possibile fidanzato, infatti sta nella casa accanto alla tua; ama pescare e lavora insieme a tutti noi in un centro scientifico. Per ora siamo al livello Cavie da laboratorio, ma è solo uno stage, possiamo crescere in questa azienda. Gli altri due siamo, inutile dirlo (seconda risata bionda), io e Pezzetta. Tra l'altro, fammi aprire una parentesi, trovo molto scortese che Pezzetta si sia tagliato la barba proprio questa settimana, visto che il suo Sim, invece, ce l'ha lunga... E dire che io mi sentivo in colpa perché, avendo finito i soldi, invece di una casa normale ho dovuto costruirgli un santuario che si chiama così ma, nella pratica, è un monolocale con il bagno esterno...»

Missione matrimonio: Non credi che sia arrivato il momento dell'amore? Fai che due dei tuoi Sim creino una relazione stabile che sfoci in un matrimonio.
«Lo so che avevo detto che ti avrei fatto fidanzare con Fabio Fazio, ma, a parte che questo esce a pesca e sta fuori anche per 24 ore di seguito... Sì, sì, certo che ce lo mando io, che c'entra? Devono guadagnare questi Sim sennò chi la manda avanti 'sta baracca? Comunque, a parte la pesca, ho notato che tra Oris e Pezzi Pezzi c'era qualcosa, un certo feeling, e quindi ho puntato su loro due. Vedi? Ponderano, si fanno gesti romantici, gentilezze, si baciano. Ecco! Ecco! Ce l'ho fatta! Si sposano!»
Nel frattempo, la città è cresciuta, ci sono anche Core, il nostro amico Roscio, Giaris, il cane di Core e molti altri, quindi, avendo io avuto la fortuna di avere Oris sul bracciolo della mia poltrona mentre accadeva il completamento del livello Nozze (una vicinanza imposta, chiaramente), ho assistito alla follia della festa, con tutti questi Sim che ballavano a casa di Oris e Pezzi Pezzi. In ogni caso, grazie a questo matrimonio di convenienza, Pezzi ha lasciato il suo santuario e si è trasferito nella casa rosa shocking di Oris, prendendo il suo cognome.
«Quindi, mo' sono Pezzi Tsutsunami?» è stato l'unico commento di Pezzetta.

Missione due Sim e mezzo: Non credi sia ora di far crescere la famiglia? I tuoi Sim sembrano pronti a comprare una culla...
È qui che l'ho vista vacillare. All'idea di avere un bambino, anche se virtuale, ho visto l'amore di Oris per The Sims vacillare fortemente; ha riflettuto, discusso con Pezzetta, fatto guardare ai loro avatar dei documentari sui bambini. Poi si è fatta forza e ha spinto il pulsante Fiki Fiki (lo giuro, c'è un pulsante Fiki Fiki).

Driiin, driiin.
«Mamma, senti, ti volevo dire che diventerai nonna. Ti sto facendo trasferire in una casetta che si chiama santuario. Hai il bagno esterno, ma non ti preoccupare, cercheremo di fare dei lavori. Ora sia io che Iris siamo passate al livello Assistenti di laboratorio; Pezzi è ancora Cavia, ma nutriamo buone speranze. Volevo chiederti: ti va bene se ti metto la carta da parati broccata?»
«Pensavo di essermi liberata di quel gioco tanti anni fa, comprandomi Iris con due casse di Estathè...», è stato l'unico commento di mia madre.
E invece no, mamma, pare proprio di no.