Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Ci
capita, ogni tanto, di macchiarci del reato di appropriazione
indebita di noi stessi. Il fatto che ci possediamo non ci dà alcun
diritto di approfittarcene. Il nostro crimine è una conseguenza di
un processo mitotico durante il quale un'overdose di pensieri,
parole, opere, (o)missioni
(ed Estathè, per qualcuno) provoca una divisione equazionale e noi
ci riproduciamo in due diversi noi stessi. Quando mi succede, Oris
dice che è come se ci fosse una Iris con in braccio un forcone che
corre dietro ad un'altra Iris disarmata, punzecchiandole il culo per
farla correre più veloce.
In
pratica, non siamo più totalmente titolari del nostro corpo e del
nostro cervello e ci esprimiamo in comportamenti
solo
assimilabili
a quello che veramente siamo, con il fine di procurare, a noi o ad
altri noi, profitti di qualche genere.
Reato
di appropriazione indebita, appunto.
Uno degli aneddoti preferiti di mia madre (lo racconta a tutti gli amici che le porto
casa) riguarda quella volta che io e lei eravamo sommerse di casini,
con poco tempo a disposizione e troppi spazi da percorrere, e siamo
entrate di fretta in un supermercato perché non avevamo quasi più
niente in casa.
«Non
ti preoccupare, faccio io», le dicevo, correndo di qua e di là come
un'ossessa: «È
tardi, è tardi, è tardi. L'Estathè, l'Estathè, l'Estathè. Faccio
io, faccio io, faccio io»; ho preso la sporta di stoffa per metterci
la spesa e, nell'aprirla con troppa foga, l'ho stracciata in due.
La
gente era sconvolta e mi guardava tentare di rimettere insieme i due
lembi della shopper (ormai non più riutilizzabile), con la paura
che, da un momento all'altro, potessi diventare una verde, enorme e
cattivissima signorina Hulk.
Tutto
questo per dire che quando, qualche giorno fa, sono andata da Oris e
l'ho avvertita che, siccome volevo rilassarmi, mi sarei messa a
pulire il forno, lei non mi ha risposto che le sembrava una follia:
ha guardato le mie mani in alto, bene in vista, e l'altra Iris che mi
spingeva avanti minacciandomi con il forcone e ci ha lasciate fare.
«Ecco, mo ci intossicano», ha detto preoccupato Jackie O'.
Jackie
O' è un geco che vive nel nostro lampadario da una settimana e che
la sera guarda la televisione con noi.
«Vi
mangia le zanzare!», ci ha detto nostra madre: «ma non fatelo
avvicinare a Iris che quella è capace di stracciarlo in due. Ve l'ho raccontato di
quella volta che...».
Siccome
soffro di sensi di colpa continui e non volevo stracciare, cacciare né tantomeno gasare Jackie O', ho deciso di pulire il forno con un metodo
naturale, senza intossicazioni chimiche, quindi ho mescolato sale,
bicarbonato e acqua e l'ho gettato sulle pareti interne dell'elettrodomestico come un
perfetto muratore con la calce e poi mi sono messa ad aspettare.
Anche se sul sito dove mi sono informata c'era scritto scrub
ecologico, io non ho pensato che dovevo strofinare: ho chiuso il
forno e ho incrociato le braccia per un'ora.
Ovviamente,
quando ho riaperto, il composto si era seccato.
«Di zozzerie, tua sorella, ne ha fatte tante», ha detto Jackie O'
a Oris «ma questa le batte tutte». Oris, però, non era in grado di
sentire quella voce quindi: «Senti, Iris» mi ha detto. «Quel geco
mi sta fissando, tu sei infilata con la testa in un forno pieno di
bicarbonato secco e abbiamo un balcone invaso da bulbi morti che
sembrano cipolle mezze interrate. Che dobbiamo fare?»
«Oris,
se non mi lasci finire, non potremo usare il forno mai più»
«Ma è davvero così che ti rilassi?»
«Oris,
ti prego...»
«La verità è che, da
quando vi ho permesso di fare la raccolta differenziata, questa casa è
diventata una giungla...»
Due
ore, un prodotto chimico, mezza bottiglia di Estathè e una
canottiera sporca di grasso dopo, il forno era splendente, mentre io
e l'altra Iris lo eravamo molto meno. Oris si è avvicinata con un
cuscino del salotto tra le mani e mi ha detto che Jackie O' ci aveva
cacato sopra.
«Come
fai a sapere che è stato lui?»
«Ho
cercato su internet come è fatta la cacca dei gechi. È
giunta l'ora: deve sloggiare...»
Sono
andata a parlare con Jackie O' e gli ho spiegato che,
nell'ordinamento giuridico della nostra casa, il suo reato comportava
uno sfratto subitaneo. Lui, di risposta, si è
infilato all'interno del lampadario.
«Sta
raccogliendo le sue cose. Ora se ne va. Mi ha detto che aveva già
deciso di lasciarci quando ho spruzzato quello sgrassante artificiale
nel forno.»
«Certo,
geco incivile, sei meglio te!», gli ha detto Oris mentre lui varcava la soglia
della finestra senza dirci addio.
Ci
comportiamo come città aperte: cediamo, ci abbandoniamo, sventoliamo
bandiera bianca per evitare la distruzione nemica, appigliandoci a un
principio di autoconservazione. Io mi lascio sempre invadere da me
stessa, mi lascio occupare e poi mi ritrovo a pulire dal grasso la
canottiera bianca che ho indossato per lavare il forno, mentre
l'altra Iris, severa come il sergente maggiore Hartman, mi urla nelle
orecchie che adesso, per rilassarmi, dovrò ripitturare la camera di
Pezzetta (che sarà anche un modo per scusarmi visto che la
canottiera che ho rovinato era la sua: me l'aveva regalata con
tanto amore fraterno).
«Ma
chi sei? Cenerentola?», mi ha chiesto Jackie O', affacciandosi dalle
fenditure della persiana.
«Non credo. Tra
due giorni ho trent'anni e nella scarpina non riesco a infilarci
nemmeno mezzo brick di Estathè», gli ho risposto.
«Forse,
in questa storia, c'è una Iris di troppo...»
Ho trovato il coraggio: mi sono fatta consegnare il forcone dalla Iris di troppo e mi sono detta, dicendolo a lei, che, nell'ordinamento giuridico di me stessa, il reato di appropriazione indebita equivale a cacare su un cuscino. Non ho ridipinto la camera di Pezzetta, mi sono fatta tagliare i capelli male e ho chiuso la città aperta, dopo aver cacciato sia Iris Hulk che Iris sergente Hartman. Ho fatto anche dei buoni propositi sulla mia vita, tipo Se devi proprio commettere adulterio, procedi. Ma mai con il thè freddo fatto in casa...
Perché, tra poco, compio trent'anni e cambio decina.
In matematica, 30 è un numero abbondante, con o senza lode.
Ho trovato il coraggio: mi sono fatta consegnare il forcone dalla Iris di troppo e mi sono detta, dicendolo a lei, che, nell'ordinamento giuridico di me stessa, il reato di appropriazione indebita equivale a cacare su un cuscino. Non ho ridipinto la camera di Pezzetta, mi sono fatta tagliare i capelli male e ho chiuso la città aperta, dopo aver cacciato sia Iris Hulk che Iris sergente Hartman. Ho fatto anche dei buoni propositi sulla mia vita, tipo Se devi proprio commettere adulterio, procedi. Ma mai con il thè freddo fatto in casa...
Perché, tra poco, compio trent'anni e cambio decina.
In matematica, 30 è un numero abbondante, con o senza lode.
Speriamo
in una cornucopia di bene.