Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Quando
sabato sera è iniziato a piovere in camera di Oris, lo dovevamo
immaginare che si stava preparando qualcosa di epico per noi,
dovevamo intuirlo che il destino ci stava impiattando un tappeto
umido di sfighe con catastrofi al gratin.
Invece
noi, memori del nostro 2013 disastroso, non ci siamo preoccupati, ci
siamo detti: «Eh, vabbè, mo: ci spaventiamo per due gocce?».
Dopo
aver chiamato l'amministratore e l'idraulico e dopo aver avvertito i
vicini di casa, ci sembrava tutto risolto.
«Però
la cena di cinghiale non possiamo farla qui, in questo cantiere
aperto. Facciamola in esterna: così sarà un incrocio tra Masterchef
e il Boss delle torte. Sai quando Buddy carica quelle costruzioni
saccarinose color evidenziatore dentro al furgone? Beh, faremo anche
noi così...»
«Mi
pare ottimo, a parte il fatto che invece del furgone noi abbiamo
Fusette»
Fusette
è la macchina di Pezzetta. Si scrive Fusette e si legge fùset, come
se fosse francese, anche se, in realtà, è campano e vuol dire «io fui»: prima
persona singolare del passato remoto del verbo essere sannita.
Come
devo aver già detto, da qualche parte, io ho un coro, come quello
del teatro greco, solo che il mio si chiama Core e parla in
romanesco. Un tempo, quando eravamo tutti più moderni, contribuiva
all'azione, era parte integrante della scena, mentre adesso, da
quando è a Bruxelles, il suo ruolo è più un dissing, un rap
continuo, politicamente scorretto, con il quale Core mi innesta sensi
di colpa che nemmeno Bastianich quando tira in aria i piatti.
«I
delfini vanno a ballare sulle spiagge. I
cinghiali vanno a ballare
in cimiteri sconosciuti...»
«Oddio,
Core, che pesantezza»
«Oh,
non lo so: te stai a magnà Pumba!»
«Hakuna
Matata: due magiche parole contro tutti i problemi»
«Tu
caschi male, tocca te se era n'altro è uguale, Lè, niente de
personale
Però
tu caschi male, nelle borgate della capitale pare che caschi male...»
«Senti,
Core, sto insaporendo. Non mi distrarre che è un attimo che, al
posto dell'olio, ci metto l'Estathè. Ma che cos'è sta paranoia?»
«Di
politica non sono un esperto, ma dicono l'Italia sarà presto un
deserto
Tra
vent'anni saremmo tutti quanti emigrati a Saint-Tropez, tranne te.
Tranne
te, tranne te, tranne teee...»
«Core,
qui c'è la musica
e tu non balli, tu parli parli parli...»
Siccome
la cottura del cinghiale è molto lunga, io e Oris abbiamo deciso di
fare anche altre cose, mentre Core ballava in cucina, forse troppe, ma eravamo
sovraeccitate, tra questa cosa che ci pioveva in casa e l'idea che
nessuna pièce che questo 2014 avrebbe potuto mettere su, ci poteva
far paura.
Al
momento del trasporto eravamo un po' in difficoltà: pentole pesanti,
patate, contenitori, teglie, peperoni, un metro quadrato di tiramisù.
«Pezzetta,
tu vai a prendere Fusette, che poi carichiamo»
E'
stato un attimo. Ce l'avete presente quell'attimo in cui ti dici:
«Pensa se mi capitasse questo, che tragedia»; quel momento
iperbolico che non capita mai, ma che ti dà comunque un piccolo
pizzico di adrenalina; quel secondo che passa tra «Non parlare con
la bocca piena» e la manovra di Heimlick?
E'
successo così.
Oris
ha preso male la pentolona di sugo di cinghiale che avevamo
amorevolmente preparato nelle
precedenti tre ore e che dieci persone stavano aspettando per cena e
l'ha lanciata, giuro, l'ha lanciata, lungo le scale dell'atrio del
nostro palazzo.
La pentola ha sbattuto sullo
scalino, il coperchio è volato e il sugo è esploso.
Boom.
Dopo la detonazione, Oris mi ha
guardato accasciarmi a terra e, secondo me, ha pensato che mi
avessero sparato. Ma no, non era una puntata di Homeland, più che
altro era la scena di Shining in cui una cascata di sangue che esce
dall'ascensore imbratta tutto quello che incontra.
Sono corsa a prendere il secchio che
raccoglieva l'acqua della perdita in camera di Oris, ho agguantato il
mocio e mi sono messa a pulire tutto, come una pazza, mentre Pezzetta
mi guardava da fuori, dal marciapiede di un film scritto male, con la
pioggia che bagnava Fùset, e lui che si nascondeva sotto l'ombrello
e Oris, stordita e quasi assente, avvertiva i commensali che forse
avremmo allungato il sugo con l'Estathè, ridendo istericamente.
Più tardi, a bocce ferme, si
sarebbe stupita del fatto che nessuno le aveva chiesto chi era alla
guida della pentola, prima del danno.
Già, chissà come mai, Oris...
Già, chissà come mai, Oris...
«Può succedere», ha detto Core
tenendo il tempo hip hop con la mano destra.
Può succedere? No, che non può
succedere.
Io e te, caro anno nuovo, avevamo
fatto un p(i)atto.
Da quando abbiamo impuzzolito il
palazzo di animale selvatico, Pezzetta si è dimenticato di pagare le
bollette, Oris sostiene che le si stanno per staccare i denti (e si infila l'iPhone in bocca e scatta con il flash, per dimostrarlo), Core
parla in francese e il termoidraulico mi ha detto una cosa del tipo:
«Scusa, mi sto fumando sotto» e si è acceso una sigaretta.
«Mi sto fumando sotto»: capisci?
Io non mi faccio spaventare da due
gocce, ma ho avuto un attacco di ansia che nemmeno il giorno che si
sono dimenticati di dirmi che mi laureavo e l'ho scoperto, per caso,
qualche ora prima.
Come al solito, più del solito, ci
sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c'è: «Oh bucaiola, tu mi tradisci...».
E vaffanzum.
Perché ognuno ha il coro che si merita.