Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 24 novembre 2015

L'orizzonthè degli eventi

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

È decisamente troppo che non scrivo un post, più di un mese. Potrei smuovere l'intera struttura quadrimensionale dello spaziotempo per capire come ho fatto ad accumulare tutto questo ritardo, ma so bene che «Ho dovuto tenere in braccio un gatto nudo» o «Ho avuto a che fare con l'energia delle maree» oppure «Ero intenta a riempire quasi quattrocento pass per allevatori di mici da esposizione» o addirittura «Si sono scordati di portarmi i piedi del letto», per non dire «Ho vinto il Premio Riccione per il Teatro», sono tutte giustificazioni che non reggono. Roba talmente surreale da non convincere nessuno.
Eppure, è successo: lo sphynx – il gatto nudo – si chiamava Yuri ed era uno scaldino di 38 gradi centigradi; non ho potuto scrivere che l'idrocinetica marina sta ai mulini idraulici come il mio ragazzino delle ripetizioni che fa surf sta a me che imparo a nuotare con la tavoletta in piscina - ma l'ho pensato; Oris mi ha scudisciato con iFrusta fino a che non ho montato l'ultimo badge della fiera; Pezzetta mi ha sgridato perché con i tipi del letto ho usato la frase: «Dubito che sia possibile...» e loro – che non erano italiani – mi hanno risposto: «Scusi, signora, non abbiamo capito che ha detto» (però non ha sgridato loro per avermi chiamato 'signora') e poi, improvvisamente, una voce ha annunciato: «Vince la 53° edizione del Premio Riccione per il Teatro 'L'orizzonte degli eventi' di Elisa Casseri».
Al che ci sarebbero un paio di cose da dire. Innanzitutto: «Elisa Casseri? Chi diavolo è costei?» (sarei io, che mi faccio chiamare così, ogni tanto, fuori da questo blog) e poi: «Come può essere che i titoli dei miei testi finiscono sempre per contenere thè?» (c'è Thèoria idraulica delle famiglie, L'orizzonthè degli eventi, ma anche La geometria della notthè e altri).
«I tuoi titoli contengono me?», mi ha detto un piccolo e amorevole brick.
«Certo, tutto quello che scrivo contiene te...», gli ho risposto, tirandolo fuori dal frigo e portandomelo in camera.
Ma il nostro idillio amoroso non è durato molto: Oris non ha dato il tempo all'Estathè di esprimersi come voce fuoricampo ufficiale di questo blog perché è comparsa sulla porta, urlando: «Ti stai strusciando un brick di Estathè sul collo. Cosa sono? Preliminari?»
«Oris, da dove esce tutta questa aggressività? E soprattutto: cosa avevamo detto riguardo al piombare in camera mia mentre sto scrivendo? Hai un carnet settimanale per le interruzioni, non lo sprecare...»
«Alzati da quella sedia»
«Non credo proprio...»
«Ho detto 'Alzati'»
«Cosa credi di fare con quel pomodoro? Mi stai minacciando?»
Sì, mi sta minacciando.

Fermi tutti. Questa è un'occupazione. Sono stanca di essere – al massimo – una voce fuoricampo, sono stanca che Iris abbia sempre l'ultima parola. L'ho legata ai piedi del letto e lei mi sta dicendo di non ciccare sul suo computer – e pensare che non sto nemmeno fumando. È proprio questo il fatto: in un mondo giusto e ben governato, con me come imperatrice e nonna Tyrell come consigliera, Iris non potrebbe fare quello che fa.
Non potrebbe ribellarsi alla mia volontà, non potrebbe avere sempre strani disturbi, sintomi di malattie inspiegabili. Non potrebbe stringere le amicizie che stringe, quelle con i bambocci, gli egoisti, i pazzi scriteriati (tutte cose che fa alle mie spalle e poi mi porta davanti belle e pronte). E poi soprattutto, non potrebbe tornare dallo shopping con una sola e piccolissima bustina, che invece di un vestito, contiene un barattolo a pois con una cannuccia, una specie di biberon che, da quel momento, accompagnerà tutte le sue apparizioni, che ci sia o meno gente in casa – che imbarazzo.

«Dai, Oris, basta! Ma che stai scrivendo...»
«Stai tranquilla. Tieni questo. Bevi dal tuo barattolo»

Credete sia facile essere me? Lei crede che lo sia. Lei crede sia divertente vederla sul palco di Fahrenheit che fa dei respironi e temere che vomiterà o esserle seduta accanto quando dal palco la annunciano come vincitrice del Premio Riccione e lei mi guarda con gli occhi più inquietanti che ha e io penso: «Ora sviene, ora vomita, ora cade, ora va là sopra e dice Estathè» e poi doverla sentire che mi domanda: «Ma perché mi guardi sempre così? Ma che ti guardi?».
Che mi guardo? CHE MI GUARDO?
In un mondo giusto, non accadrebbe tutto questo. Quindi sono qui, in occupazione del suo blog.
Vorrei far notare che sono un'imperatrice molto ragionevole: invece di defenestrarla, mi limito a mettere altro dissenso in un cumulo già gigante di disapprovazione.

«Sai cosa mi fa arrabbiare? Che tu e tua madre pensate che sia colpa mia quello che mi succede. Mi stai minacciando con un pomodoro, ma non ti vergogni?»

Ho resistito, sono anni che resisto: ma, ieri sera, abbiamo raggiunto il limite, ieri sera questa tizia alla quale sono indissolubilmente legata (i legami di sangue sono una grande fregatura: nel mio mondo ideale, non esisterebbero – come del resto la riproduzione), la nostra Iris, l'ho vista vomitare acqua e un solo pomodoro, ingerito tra l'altro 9 ore prima. Mi dovete dire: chi è che vomita un pomodoro e poi ti dice: «In effetti, sono due e tre volte che dopo mangiato mi viene l'orticaria sul collo e avevo sempre mangiato pomodori, prima...»? Chi è che tossisce da tre settimane e che si è curata prima per un'influenza, poi per il reflusso gastroesofageo e ha infine scoperto che probabilmente si tratta di una tosse allergica e il problema è piccolo, rosso e acidulo?
E quindi eccoci qua: forse abbiamo una nuova ed entusiasmante allergia al pomodoro.

«Se continui a puntarmelo, finisce che me lo mangio. Poi non ti lamentare se tossisco e non senti bene le battute dei film...»

Sorelle in ascolto, è finito il tempo della comprensione: basta sintomi, basta nervosismo, basta nausea, rash cutanei e tosse. E soprattutto basta Estathè: una bevanda inelegante, dozzinale e piena di zuccheri. Mi dice sempre che non posso incazzarmi, che lei berrà pure Estathé, ma io fumo.
Una volta per tutte: fumare è nel decalogo di qualsiasi leader mondiale, bere Estathè come se fosse acqua è nel decalogo di quelli che finiscono ad abbracciare gli alberi e a chiamarli per nome.
Ecco, ho finito.

Sapete perché non cancello questi sproloqui? Perché sono buona – e anche perché temo una rappresaglia, certo. E poi, pure perché Oris ha un pochino di ragione: lei è un'iper-ansiosa e io sono un guaio perenne, con una vita confusa, i sensi di colpa e gravissimi problemi con la gioia e con il tempo. Ma che ci posso fare se capitano tutte a me? Se tra maree, gatti nudi, piedi del letto, badge allevatori e pomodori passa un mese e nemmeno me ne accorgo? L'intera struttura quadrimensionale dello spaziotempo si prende gioco di me, mi pare chiaro.
Non mi resta che strusciarmi un brick di Estathè sul collo invece di grattarmi, restare ferma e trovare un modo che sia meno goffo di questo per guardare il sole – che quando tramonta sull'orizzonte, comunque, sembra proprio un pomodoro.

«Non sei brava ad essere felice: questo è. Se comandassi io, ti farei venire un'allergia alla teina...»
«Ma non avevi finito?»
«Sono sempre qua. Non vado da nessuna parte. E soprattutto: io non finisco mai...»

«Sulla soglia dei buchi neri esiste una superficie limite, una regione dello spaziotempo che separa il posto da cui è ancora possibile osservare un fenomeno dal posto in cui non lo è più. Questa superficie si chiama orizzonte degli eventi e, in pratica, è la bordatura dell'universo così come lo conosciamo.»
«Quindi, bisogna stare su questo orizzonte, per non finire nei buchi neri?»
«In realtà, proprio come un qualsiasi orizzonte, è irraggiungibile: si allontana all'avvicinarsi dell'osservatore. Funziona come il futuro.»
(L'orizzonte degli eventi, Elisa Casseri – chiunque essa sia)