Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!»,
gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce
fuoricampo»
«Nikolaj»
è la parola che sento più dire da mesi. «Nikolaj, torna da me».
«Nikolaj, ti amo». «Nikolaj, non ci dovevamo lasciare». Siccome
ne sono praticamente sopraffatta, oramai non faccio altro che dirla
anche io. «Nikolaj», sussurro tra me e me prima di andare a
dormire: «ma tu che ne dici dell'ultima puntata di Game of
Thrones?». «Nikolaj», mi interrogo dopo aver chiuso la porta di
casa: «ma, alla fine, l'ho staccato il ferro da stiro?».
È
tutta colpa della mia amica Lorelai che soffre per amore in maniera
talmente melodrammatica che certe volte mi preoccupo davvero, come se
l'amore fosse una cosa seria. Invece non lo è, come tutte le cose
importanti della vita.
Per
questo, mentre Oris cerca di creare uno schema per classificare
scientificamente le mutazioni zoomorfe che vede accadere intorno a sé
a causa delle beghe sentimentali, io ho deciso di sputtanare le acque
confuse delle mie tragedie amorose, cercando di dimostrare come la
messa in scena di quello che proviamo appartiene al comico, se la
guardiamo bene. Quindi, mi sono data da fare e mi sono aperta,
arrivando perfino ad accettare un appuntamento al buio. Ma andiamo
con ordine.
«Sai
chi andava sempre con ordine?».
«Non
mi viene proprio in mente nessuno, Lorelai».
«Nikolaj.
Nikolaj andava sempre con ordine...».
«E
allora faremo come faceva Nikolaj, così almeno sarai un po'
contenta».
«Niente
può alleviare questo dolore che mi affligge...».
«...tranne
Nikolaj».
«Esatto.
Tranne Nikolaj, quanto lo amo».
È
noiosa, lo so, ma lo siamo tutti quando arriviamo a certi livelli
terminali e lo stadio Nikolaj lo è, sai di esserci arrivato quando
ossessioni anche gli amici degli amici che hanno la malaugurata idea
di fare conversazione.
«E
tu cosa fai nella vita, Lorelai?».
«Mah,
dipende. Oggi pomeriggio ho pianto per due ore, poi mi sono
addormentata».
Praticamente,
dopo lo stadio Nikolaj, c'è solo lo stadio Brienne di Tarth che, per
chi non conosce Game of Thrones, è una guerriera fortissima che, a
un certo punto, quando decide di perdere la verginità, invece di
darla al bruto roscio Tormund, si concede a Jamie Lannister, un
biondino che impiega varie serie per uscire dall'incestuoso
innamoramento per sua sorella Cersei – che, a parte essergli
stretta parente, è pure di una crudeltà ingestibile – ma, siccome
le ultime stagioni delle serie tv sono spesso drammaturgicamente
insensate (come gli ultimi spari delle storie d'amore), alla fine,
dopo lungo peregrinare, Jamie torna da Cersei.
Lo
stadio Brienne di Tarth è quando da fulgida amazzone diventi
un'opaca frignona in camiciola lunga nera che, di notte, fuori da un
castello, struccata, si strugge a piangere l'abbandono di uno a cui,
tra l'altro, manca pure una mano.
Nikolaj,
da quanto ne so, ce le ha tutte e due, quindi confido che Lorelai non
arriverà a questo punto.
Comunque,
andando con ordine, la prima cosa che devo dire è che anche io sto
soffrendo per amore – come d'altra parte stiamo tutti sempre
soffrendo per amore – ma, a differenza di Lorelai e di Brienne, io
preferisco riderne, anche perché sto soffrendo per la solita storia
scema il cui unico senso è quello di dimostrami che la mia vita
sentimentale non è altro che una barzelletta emotiva, pullulante di
personaggi archetipici del più bieco racconto umoristico. E così,
dopo un bipolare, uno stalinista, uno stregone e un violinista –
solo per dirne alcuni – è arrivato il momento di soffrire anche
per un cattolico. Tutti i personaggi archetipici sono dei mitomani
narcisisti, ma ogni personaggio archetipico è mitomane narcisista a
modo suo. In particolare, il cattolico, nel corso del tempo, ha
compiuto diverse stravaganti gesta per cui Oris, man mano, lo ha
regredito tassonomicamente, di categoria in categoria inferiore, e
per cui io ho sempre trovato qualcosa di cui ridere.
E
infatti quando mi ha convocato per un «incontro diplomatico tra le
nostre due nazioni così diverse» e poi mi ha presentato una specie
di contratto, con «mission per questo secolo» e «ferree
regolamentazioni», che io ho deciso di non firmare, non mi sono
dovuta nemmeno impegnare per trovarlo esilarante: eravamo in una
gelateria che non vendeva Estathè, dalla radio Lady Gaga stava
cantando Shallow
e, sul telefono, brillava un messaggio di Fandango che mi diceva che
l'uscita de «La botanica delle bugie», il mio nuovo libro, sarebbe
stata rimandata di una settimana, visto che il macchinario di stampa
si era rotto proprio in quel momento, mentre le mie pagine erano lì
in mezzo.
«Credo
che, per qualche strana compensazione catto-mentitrice, Bradley
Cooper abbia rotto il mio libro», ho detto a Oris, quando sono
tornata a casa e ridevo sguaiatamente di quell'ennesimo addio col
cattolico.
«E
invece io credo che sia tutta colpa di quell'Amphiprion
ocellaris
e della sua dannata pinna atrofica. Capisci che da carlino
brachicefalo, il tuo cattolico è appena passato allo stato di pesce
pagliaccio? Nemmeno l'intero team di sviluppo progetti della Pixar
riuscirebbe a inventarsi questi uomini che ti scegli. Eh, ma prima o
poi ci vado io alla
ricerca di Nemo
e poi vediamo che succede...».
«E
Nikolaj, invece?», ha piagnucolato Lorelai.
«Io
con te nemmeno ci parlo. Questa tua scelta antiestetica di soffrire
per amore come se ti mancasse l'aria per respirare mi inquina la
vista».
«Guardalo,
quanto è bello in questa storia di Instagram...».
«...».
Una
volta, per amore, ho perso 10 chili in una settimana e mia madre, per
farmi smettere di vomitare, mi ha fatto registrare 400 fatture per
una casa di riposo: credo che sia stato quello il turning point,
quello e l'essere sorella di Oris che, per amore, non ha sofferto
mai. Appena presento qualcuno a mia madre, lei, tra le prime cose che
racconta, c'è la storia di come siamo arrivate alla registrazione
delle 400 fatture per la casa di riposo e, ogni volta, la scena di me
che vengo prelevata dalla mia camera da letto e mi faccio quattro
piani di scale in pigiama, con il computer sotto il braccio e il filo
della presa che sbatte a ogni scalino come se fosse la coda della mia
vergogna, fa sempre così tanto ridere che, ogni volta, mi è
impossibile non pensare che è proprio quando è più sgraziato che
il mal d'amore ti aiuta a sopravvivere. Per questo, io cerco di
sostare perennemente nello stadio Casa di riposo.
Eppure
questo non mi ha salvato dal ritorno del cattolico che, dopo avermi
chiesto scusa per la proposta del contratto diplomatico e aver finto
di aiutarmi nel placare le mie ansie per la pubblicazione del libro,
una settimana prima che «La botanica delle bugie» uscisse – e
quindi più o meno nel giorno in cui sarebbe dovuto uscire se non
avesse rotto il macchinario di stampa – lui è sparito nel nulla,
insieme a Bradley Cooper, a Jamie Lannister...
«E
a Nikolaj!».
«Certo!»
…
e
a Nikolaj – diomio, che pazienza. Nella personale sistematica di
Oris, a quel punto, è diventato una Drosofila
melanogaster
– ovvero un moscerino della frutta.
Quello
è stato il momento in cui, per resistere, per insistere e per
dimostrare la mia tesi, mi sono aperta, lasciando spazio di manovra a
quell'umanità che si trova sulle chat dei social network e che
ingrassa i meccanismi di ritorno del tuo passato che, quando vuoi
ridere delle tue tragedie amorose, sono una risorsa. Ovviamente, mi
sono trovata di fronte alla solita corte dei miracoli che, oltre a
mostrarmi quante colpe io abbia e quante scelte sbagliate io abbia
accumulato nel tempo (altro che analisti, basta guardare la
cronologia dei messaggi privati), mi ha anche fatto sentire un po'
assolta: io sarò pure un cazzo di magnete che beve Estathè e dà
udienza ai peggiori frequentatori dell'esistenza umana ma, se siamo
tutti arrivati a questo punto, qualche responsabilità ce l'hanno
pure loro, questi rottami ferrosi e scalcagnati che non capirebbero
come funziona il proprio apparato emotivo nemmeno se fosse montabile
come un mobile Ikea.
E
allora arriva quello che, mentre fa il cammino di Santiago, si
ricorda che sono due anni che non ti chiama e quindi torna alla
carica con scuse e proposte di viaggi insieme pure se tu rispondi
sconcertata alle sue scuse, visto che sei convinta che quando lo
avevi conosciuto era fidanzato con un uomo e non capisci proprio cosa
possa volere da te. E poi arriva l'altro, quello seduttivo come un
barattolo di crusca, che è fidanzato ma pensa che tu non lo sappia e
allora smiciona con te per farsi sistemare l'ego un po' spettinato
dalla quotidianità di coppia e poi quando lo vedi non ce la fa
nemmeno a guardarti in faccia perché va bene tutto, ma comunque non
ti sembra di essere un po' aggressiva con questo tuo pettine
appuntito e inquisitore? E arrivano i: «ti avrei voluto baciare, ma
abitiamo troppo lontani», «mi fai un pochino di terrore, ma
possiamo lavorarci», «l'Estathè è troppo dolce, non so come fai a
berlo» ed eccetera, eccetera.
E
allora come si fa a non ridere? Come? Quando, oltretutto, alla fine,
squilla pure il telefono e un tipo mai sentito ti dice: «Ciao, mi ha
dato il tuo numero Draco Malfoy, mi sono trasferito da poco a Roma e
volevo chiederti se ti va di berci una cosa insieme». Se ci si mette
pure Draco a sceneggiare questa grottesca e perpetua commedia
sentimentale, con la sua dialettica marxista e quella dei suoi amici,
come si fa?
«Dovresti
farti Tinder», mi ha detto un altro, a caso.
«Certo,
ci manca solo Tinder», gli ho risposto io.
La
settimana scorsa, mentre messaggiavo con Lorelai su qualche cosa
inerente Nikolaj che ora non ricordo, ho incontrato il cattolico: ci
siamo visti per caso, abbiamo incrociato gli sguardi, e lui ha fatto
finta di non conoscermi. In passato, era già successo che non mi
rivolgesse la parola ma almeno, ai tempi, aveva reagito alla mia
improvvisa comparsa con uno spasmo muscolare che gli aveva fatto
chiudere una palpebra a salvare le apparenze, quasi ammiccasse un
occhietto come cenno di saluto; stavolta, invece, ha abbassato gli
occhi come se non mi avesse mai visto in vita sua.
«Ormai
è imperdonabile, Iris. Lo sai, vero?».
«Sì,
lo so, Oris».
«Si
è trasformato in un Helicobacter
pylori,
un batterio spiraliforme, un organismo unicellulare nocivo e tossico,
che noi dobbiamo solo puntare ad eliminare dal tuo muco gastrico.
Altro che sole, cuore e amore, qua solo noia, infezioni e accolli».
E
così, la settimana scorsa, ho accettato l'appuntamento al buio con
l'amico di Draco Malfoy, un leninista con la cravatta rossa e un
completo gessato. Quando gli ho chiesto cosa faceva di lavoro, lui mi
ha guardato intensamente e mi ha detto serio: «Beh, sto preparando
la rivoluzione».
La
vita, l'amore, il dolore, la rivoluzione: è sempre tutto così
sgraziato da essere meraviglioso. Pure Game of thrones.
«Senti,
adesso che hai finito di scrivere e di ridere possiamo parlare un po'
di Nikolaj, per piacere?».