Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 4 luglio 2017

De frathèllis

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!», gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo»

Sfortunatamente, la storia di noi due non inizia con nessun Estathè. La storia di noi due inizia con mia madre ventiquattrenne che partorisce Oris, mio padre che si presenta in ospedale con delle orchidee – ha trovato solo quelle il giorno dopo ferragosto – e gliele mette ai piedi del letto. «L'infermiere mi ha detto: 'Ma suo marito pensa che lei sia morta?'», racconta ogni volta mia madre e lui ogni volta ride e risponde che non era ancora esperto. Non credo che ventitré mesi dopo fosse molto più esperto, ma eccolo di nuovo lì: stesso ospedale, stessa moglie, nuova bambina. Mia madre non avrebbe mai lasciato Oris figlia unica, ma io non dovevo arrivare così presto: sono capitata, quindi mio padre ha comprato delle rose al volo e ha badato bene di non metterle nel posto sbagliato. 
Il mondo di Oris ha tremato quando mi ha visto in braccio alla sua mamma: chi era quell'essere che attentava alla sua corona? Ha attivato il file disperazione e ha cominciato a piangere più forte di quanto io potessi mai fare, urlando a mia madre che doveva rimettersi in piedi e che doveva tornare subito a casa con lei.
«E la sorellina?».
«Chi se ne frega della sorellina».

Le cose poi sono migliorate: dopo che ci siamo odiate, picchiate, abbracciate, allontanate, recuperate, urlate contro, sostenute e prese in giro su ogni roba del mondo, le cose sono migliorate. Oggi lei è bionda, dispettosa e insolente, depreca l'Estathé, il suo personaggio su questo blog, i miei capelli se mi azzardo a farmi una coda – perché, a quanto pare, sono ancora troppo corti per legarli – e il fatto che non mi affidi a lei per tutto quello che riguarda le mie scelte etiche ed estetiche. Se la incontrate e avete la disgrazia di conoscerla potrebbe rincorrervi brandendo un'immagine sul cellulare e urlando: «Ma, secondo te, Iris non starebbe meglio vestita così?».
«Ti voglio bene come a una sorella», le dico sempre.
Spesso, mi include forzatamente nelle sue «storie» Instagram; a volte, mi fa perdere i treni perché rallenta il passo per riprendermi mentre stiamo andando alla stazione, capita perfino che mi chieda di ripetere dei gesti che ho già fatto perché se li è persi stando su Yoox a cercarmi qualche nuovo outfit o su Google Immagini alla ricerca di una ragazza con la carnagione come la mia e con i capelli azzurri per dimostrarmi che ci starei bene.
«Oppure...», mi dice: «...un'altra possibilità è che io e Ines ti facciamo rossa. Dai! Ti prego, ti prego, ti prego...».
In questi casi, la voce che mi insegue è quella di nonna Berta che, quando Oris inizia a sproloquiare su qualcosa, incastra il mio sguardo nel suo, dandole le spalle, e poi mi dice: «Non ci da' retta a sorda, chessa te fa perde' la via de lo campa'». Il problema è che Oris, volenti o nolenti, ci sta dentro alla mia via de lo campa'.
«Iris, ho molto riflettuto...», mi ha detto qualche settimana fa: «...e ti dico questo nella consapevolezza che ti ho già delegato altre parti della mia vita, quelle stoltamente più pratiche, ma non posso davvero esimermi. Mi sono resa conto di non essere stata molto lucida nelle scelte sentimentali degli ultimi anni, quindi vorrei che te ne occupassi tu, da questo momento».
Non c'erano né rose né orchidee quando ha proferito quelle parole ma io, che non mi scordo mai di una frase in sospeso, anche se sono passati trent'anni, le ho risposto: «Ah, adesso te ne frega della sorellina...».

Fortunatamente, la storia di noi due va avanti con molti, moltissimi Estathè. Oris me li lascia bere anche se li odia, così come io la lascio stare con questi uomini ridicoli che si sceglie anche se li odio. Ovviamente, faccio sempre le mie rimostranze, ma senza esagerare, snocciolo i giudizi necessari affinché poi io possa sentirmi dire: «Avevi ragione, Iris. Come sempre». L'ultimo era un tronfio motociclista egomaniaco col rolex che aveva un tempo massimo di concentrazione di 15 secondi per tutto quello che non lo riguardava, quindi parlare con lui era un esercizio di condensamento di informazioni: devo dire che, in questo caso, dopotutto, non è stato così difficile avere ragione.
«La ragione è dei fessi...», mi dice nonna Berta nella testa: «...e chessa te fa perde' la via de lo campa'!».
Tutto questo succede perché io e Oris viviamo insieme. Sì, noi viviamo ancora insieme e a me non sembra una cosa così strana: agli altri, molto spesso, sì. Quando questi altri vengono a saperlo, capita che ci guardino come se gli avessimo buttato addosso un sacco di materiale psicologico da analizzare e cercano di ricordare se c'è una sindrome come quella di Edipo o di Elettra, ma riferita ai fratelli. Romolo e Remo? Eteocle e Polinice? Mary Kate e Ashley Olsen? Il folto gruppo delle sorelle Kardashian? Jake, Francis e Sloth de I Goonies?
«Ecco le sorelle Versicolor!», ci dicono quasi sempre, quando usciamo insieme, come se fossimo un corpo unico – l'equivalente femminile della banda The Fratellis, appunto. Eppure, siamo talmente diverse che tutte le amiche che abbiamo avuto sembravano mie sorelle o sue sorelle molto più di quanto noi due sembreremo mai una la sorella dell'altra.

«Iris, ma che te stai a 'mpazzi'?», ha cercato di dirmi nonna Berta, da dentro lo specchio, quando Oris, in uno dei miei momenti di confusione causati dal suo shopping convulso – durante i quali riesce a convincermi di qualsiasi cosa (e infatti per un anno e mezzo ho avuto un cellulare rosa a causa del pressing subito riguardo all'idea che lei ha di come dovrei essere) – mi ha fatto comprare un chiodo identico al suo.
«È un must-have, nonna!», mi ha detto Oris mentre me lo provavo: «E non puoi preoccuparti del fatto che sembriamo due Thunderbirds della Rydell High School. Paga e andiamo». Solo una sorella che ti ha visto ballare in Grease a dieci anni, con una parrucca bionda, durante una performance del baby club in settimana bianca, può manipolarti con la Rydell High School. Solo una sorella può essere così crudele.
Comunque, dopo il fidanzato cinepanettone, non sono l'unica ad essere preoccupata per la vita sentimentale della sorella Versicolor, e così quando, in uno sketch surreale tipico della mia famiglia, è entrato un fisioterapista mentre Oris si faceva un'ortopanoramica, mia madre ha detto un paio di frasi che hanno portato a un biglietto da visita nelle mani di Oris. «Ecco, questo sì. No quegli psicopatici che te fanno perde' la via de' lo campa'» ha detto mia madre con la voce di mia nonna nella mia testa, in una convergenza spaziotemporale di chiacchiere, istinti e genetica che ha fatto sì che fossi io a dirlo a Oris.
«Non prendere le parti di mamma, Iris».
«Sto solo prendendo le parti della tua cervicalgia», ho risposto con una voce che sembrava di nuovo appartenermi.

Stranamente, la storia di noi due non finisce con noi che ci tiriamo dietro delle bottiglie di Estathè. Nonostante tutti i litigi e i giudizi di morbosità, rapporto insano e principio di follia e zitellaggine che ci sono stati appioppati, ogni mattina che possiamo balliamo ancora Chelsea Dagger Henrietta in corridoio – come se quel dannato di Pezzetta non si fosse mai trasferito a Londra.
«Certo che parli un sacco di tua sorella, eh...»; «Vivete ancora insieme? E siete single, vero? Se continuate così, non vi fidanzerete mai...»; «Iris, la radice di tutti i tuoi problemi relazionali è ben visibile in quella foto che hai in camera, quella del tuo primo compleanno in cui Oris sta spegnendo le candeline al tuo posto»; «Non puoi davvero decidere della sua vita sentimentale, così come lei non può decidere il colore dei tuoi capelli»; «Oris non ha la patente e tu non usi il contorno occhi? Ma voi allora siete proprio delle pazze?!?»; «Lo sapete dove vi porterà tutto questo? Alla fermata del 360».
Non so se Oris si fidanzerà con il fisioterapista carino, così come non so se mi farò i capelli azzurri, non so se riuscirò a fare lo sforzo di sorridere in una delle sue «storie» Instagram o se lei si ricorderà – una volta, per sbaglio – di buttare l'immondizia o di comprare qualcosa per la casa, non so quanto ancora litigheremo, ci minacceremo, ci aiuteremo o vivremo insieme, ma so che non esiste un modo sensato, semplice o sano di essere famiglia, di essere sorella, di essere persona. No: fortunatamente, sfortunatamente e stranamente, non me ne convincerete mai.
Quindi se incontrate le sorelle Versicolor e avete la disgrazia di conoscerle potrebbero rincorrervi indossando due magliette con scritto rispettivamente: «Iris ha sempre ragione» e «Io sono Iris», con Oris urlante: «Secondo te Iris non sta meglio tinta così? Puoi dire a mia nonna che non le sto facendo perde' la via de lo campa'?».
Ecco, non vi spaventate, è solo la storia di noi due.