Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
«Io
vorrei sapere dove mi state portando», ha sussurrato Oris, coprendo
il microfono dell'iPhone, mentre scendevamo dal Monte Lupone, dove
eravamo stati a trovare un pezzo della nostra famiglia.
«Credo
mi stiano rapendo. Non puoi capire», ha poi sentenziato al suo
interlocutore telefonico: «Siamo in una lingua d'asfalto nei meandri
di una foresta. Ci sono delle mucche in mezzo alla strada. Aiuto».
Anche la macchina di Pezzetta, Fusette, era un po' preoccupata
quando, in bilico sull'Antiappenino laziale, abbiamo incontrato il
segnale di attraversamento animali domestici, prima, e quello di
attraversamento animali selvatici, poi. E infatti, siamo entrati in
contatto con tre mucche, cinque cavalli, un'istrice, una faina, due
topi -di cui forse uno era uno scoiattolo, cinque cani e una volpe:
ma solo perché era notte e la visuale non era abbastanza sgombra da
poter apprezzare ancora più fauna.
«Potevamo
morire», ha detto Oris quando siamo arrivati sani e salvi a casa dei
nostri genitori.
«E
jaaa! Che esagerata!», le ha risposto Pezzetta: «C'erano i
cartelli, era tutto segnalato...».
Ne
è seguita una discussione molto animata, quasi animale, per capire
quanto una faccenda sia meno spaventosa se ti viene annunciata,
ratificata, descritta, fatta lampeggiare su un tabellone analitico.
Chiaramente, è stata una discussione infinita perché Pezzetta è
capace di argomentare pure sulla piegatura delle fascette per montare
i pedali sulla sua pedaliera e Oris ha una resistenza olimpionica al
contraddittorio, esercitata in anni di litigi mattutini sulle
responsabilità penali di Pezzetta riguardo alla mise en place
della colazione.
Allora
li ho chiusi fuori, in terrazzo, e ho appeso il cartello
Non disturbare,
per godermi un bicchiere di Estathè in cucina.
La
mia è una vita fatta di foglietti e avvertimenti, di cose che so di
non dover fare e poi faccio, di liste, annunci e dettami, post it e
piccoli mantra quotidiani che non servono a niente.
Buongiorno.
Oggi:
fare una passeggiata.
Mad
Men 07x01: abbi il coraggio.
Non
scrivere più a Babbo Natale.
Mostra
sui numeri: vacci da sola, tanto non ci verrà nessuno.
Conferenza
di Claudio Bartocci il 29 gennaio: ahahah! Invece qui non ti
manderanno da sola, no no no. Credici. Prova a dire «L'irragionevole
bellezza dei numeri», vedrai quanti calci in culo.
Questo
penso, mentre mi rendo conto che mia madre, come al solito, ha
lasciato l'Estathè fuori dal frigo e che sono davvero poche le
possibilità che ci siano dei cubetti di ghiaccio in freezer, visto
che è inverno.
Ma
ci provo.
Rapa
10.10.2014
Fagiuolini
13.12.2014
Cinghiale
24.12.2014
Erba
pazza 02.11.2014
Iris,
questa è tutta ROBBA TUA
E
poi il capolavoro, un pacchetto anonimo con sopra soltanto una data:
15.11.200014.
Da
dentro il congelatore, nonno Peppino ci parla con bigliettini
provenienti dal passato prossimo di un futuro distopico. Chissà cosa
si nasconde in quei messaggi, chissà cosa vuole dirci.
I
miei nonni sono l'enigma più arzigogolato della mia vita: nemmeno
Alan Turing verrebbe a capo della sciarada di numeri telefonici
dell'agendina di mio nonno (che lui, per confonderci, chiama La
mia Argentina); nemmeno Alan Turing potrebbe decodificare i
cassetti di mia nonna, pieni di vestiti nuovi con tanto di
cartellini, che lei compra ma non usa mai («Potranno essere affari
miei?», ci dice sempre).
«Quelle
sono le cose che nonno e nonna vi hanno preparato per il duro inverno
di Roma. Ve le portate?»
«Certo»,
dico a mia madre, con la mano tremante di Estathè caldo e gli occhi
pieni di rimprovero. Fusette lo sa che quando torniamo a casa deve
travestirsi da camion per grandi sollevamenti e trasporti
eccezionali.
[«State
traslocando in questo palazzo?», mi ha detto una volta un condomine
ignaro della gittata cardiaca del pozzetto dei miei nonni.
«Veramente,
viviamo qui da due anni», ho risposto io, l'anonima inquilina del
secondo piano. Lui mi ha guardato perplesso fino a quando non è
arrivata Oris e allora ha cercato di pacificarsi con il suo stupore,
dicendole: «Non conoscevo questa ragazza del palazzo. E lei?».
«Non
la conosce nessuno, non si preoccupi. Le prometto che la doteremo di
un badge identificativo, molto presto.»]
«Mamma,
perché ti ostini a lasciare l'Estathè fuori dal frigo? Lo sai che
lo odio...»
«Scusa,
hai ragione. Come posso farmi perdonare?»
«Potresti
leggere il libro che sto leggendo, per esempio. È
di 900 pagine: è bellissimo»
«Iris,
900 pagine? E come lo tengo dritto?»
Lo
so che quello che sto per dire ha dell'incredibile e che sarà
sorprendente anche se lo sto annunciando, se sto mettendo le mani
avanti, se sto cercando di prepararvi, ma è successo. Prima che
potessi aggiungere altro alla mia richiesta, tipo una cartolina sul
frigo con su scritto DonnaTartt.Pulitzer.2014,
abbiamo sentito bussare alla finestra e mia madre ha urlato: «Eccolo.
Viene tutti i giorni, non ce la faccio più: si sta mangiando il mio
Ficus Benjamin, me lo sta sminuzzando, foglia per foglia, e poi mi
graffia la finestra. L'anno scorso c'era il merlo che mangiava le
bacche del Ligustro e adesso lui...»
«Ma
lui chi?»
«Il
cardellino»
Il
bicchiere di Estathè mi è caduto dalle mani.
Sono
rimasta in contemplazione di Lino, il mio nuovo amico cardellino, per
tutto il tempo del suo pranzo. L'ho fotografato attraverso il vetro e
l'ho mandato a una mia amica, che mi ha detto: «Mi pare grasso».
«Forse
perché da selvatico sta diventando domestico», le ho risposto,
mentre Lino colorava di feci il davanzale di mia madre e lei gli
urlava: «Ho un fucile, Lino. Se non ti comporti bene, ti ammazzo».
Ho
preso il libro della Tartt per farlo vedere a mia madre e dimostrarle
che non stavo mentendo sul titolo e ho anche riaperto la finestra del
terrazzo per avere testimoni, perché Oris e Pezzetta potessero
apprezzare lo splendore di quel piccolissimo volatile. Nessuno poteva
crederci.
Su
un post it, ho scritto: «Lino, hai vinto il Pulitzer» e l'ho
attaccato sulla copertina del mio libro per poterlo mostrare al
cardellino.
«Il
vetro è uno specchio unidirezionale e adesso è giorno», mi ha
detto mia madre: «Non può vederti».
Oris
ha coperto la sua bocca verso il microfono dell'iPhone e ha detto:
«Non puoi capire. Mia sorella sta cercando di far leggere un
cartellino a un cardellino. Questa giungla mi distrugge.»
Pezzetta,
dall'altra parte del telefono, le ha risposto: «Questo non vuol dire
che avevi ragione tu sui segnali stradali. Ho altre motivazioni da
esporre».
Caro
Lino, a Roma ho un giacinto, una tradescantia pallida, tre narcisi e
un ciclamino. Posso portare pure l'Argentina di mio nonno, se ti
piace.
Vieni
a trovarmi, ti prego.
Mi
riconoscerai: ho un badge con su scritto Iris
Versicolor, bevitrice d'estathè, secondo piano.