Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

martedì 26 aprile 2016

Labirintithè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!», gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo»

Ho capito di essere diventata adulta quando i miei genitori hanno iniziato a guardarmi con profondo dissenso per il fatto che non avessi ancora prodotto un piccolo erede.
«Ma non volete proprio farcelo un nipotino?», dicono a me e a Oris, con gli occhi lucidi e il labbro tremolante. Di solito, Oris gli risponde: «Non guardate da questa parte, io non so badare nemmeno a me stessa. Puntate su Iris se volete avere una seppur minima possibilità di successo», allora loro concentrano gli sguardi delusi verso di me: io deglutisco un sorso di Estathè e cerco di resistere.
All'inizio, sono state solo battutine, piccoli lamenti che comparivano tutte le volte che una mia compagna di scuola rimaneva incinta o che un'amica di Oris si sposava, poi siamo entrati in un territorio impervio, che ha portato avanti il dissenso, nutrendolo di una ricca serie di fasi.
«Le fasi addirittura?», ha chiesto una voce che veniva dall'iPhone di Oris, che era immotivatamente in camera mia, e io ho pensato fosse Siri, quindi l'ho ignorata e sono andata avanti a scrivere.

Dicevo: le fasi del dissenso. Prima c'è stata l'aggressività arricchita di anatema: «Ma magari vi capita, egoiste che non siete altro...»; poi abbiamo deviato verso la disperazione che induce alla libertà sessuale: «Va bene chiunque per farlo, non importa sapere chi è il padre...»; dopo è arrivata la capitalizzazione insensata dei nostri beni: «A chi andranno gli ulivi, i filari d'uva, le nostre case, il sassofono di Oris e questi fucili quando moriremo tutti?» e infine perfino il sostegno di nonna Berta con tesi provenienti da una soap di Rete4: «Ve ne pentirete, come quella di Tempesta d'amore che si è messa con uno vecchio contro il volere di tutti: lui si è fatto sterilizzare come i cani e quando lei l'ha scoperto, da che sembrava che non volesse i figli a che si è ubriacata, è entrata in un bar, è salita su un tavolo e ha iniziato a urlare: 'Qualcuno mi metta incinta! Qualcuno mi metta incinta!'».
Succede in tutte le famiglie, lo so, ed è inutile cercare di argomentare come fa Oris con la sua teoria sull'estinzione della razza umana – «Perché perseverare? Liberiamolo questo pianeta». Non c'è scampo. L'unica cosa che si può tentare è fare finta di niente: cercare di essere sordi da quell'orecchio, rendersi anatomicamente impermeabili alle recriminazioni.
«Sono tutti ossessionati», ha commentato la voce. «Un'infermiera prima mi ha chiesto se era perché avevo appena partorito che ero ricoverata qui...». Solo a quel punto, ho capito che la voce era quella di Wendy, che era in diretta no stop da Saronno, da una settimana, incorniciata in un'inquadratura di Facetime dal suo letto di ospedale.

«Wendy, come stai?», le ho chiesto.
«E come sto? La cartomante di mia madre ha visto che ho smesso di prendere la pillola e ci ha tenuto a dirle che il primo errore sarà fatale; poi non riesco a muovere la testa né a stare in piedi e le infermiere mi scambiano per una puerpera. A parte questo, tutto nella norma: la sceneggiatura di questo film continua a fare schifo».
Wendy è la migliore amica di Oris e, in quanto protagonista di Shining, ha sempre molte aspettative sugli intrecci narrativi e le doti extra-sensoriali delle persone che affollano le nostre giornate e soprattutto, dopo la sua roboante fuga verso Milano, il treno sbagliato che l'ha portata a Genova, il tentativo di furto sventato, un altro treno notturno per Milano, un bicchiere rotto con successivo taglio sotto al piede e il ricovero per labirintite, trova strampalato che qualcuno le parli di maternità, soprattutto che lo faccia la cartomante di sua madre. Allora ho preso in mano il telefono e l'ho guardata.
«Come è potuto succedere tutto questo, secondo te?», le ho domandato – e intendevo le sue corse, lo stress, la coclea, l'apparato vestibolare, il labirinto confuso del suo orecchio – ma ho capito subito di aver posto la questione in maniera troppo generica.
«È tutta colpa dei greci. Minosse ha fatto incazzare Poseidone, Pasifae è finita ad accoppiarsi con il toro, è nato il Minotauro (che poi, voglio dire, fai un figlio e ti viene fuori il Minotauro...). Comunque: Dedalo ha costruito il labirinto, Teseo ha ammazzato il Minotauro, Arianna ha salvato Teseo con il filo, intanto hanno rinchiuso nel labirinto Dedalo e suo figlio Icaro, Dedalo ha costruito le ali ma Icaro è volato troppo vicino al sole (un altro genio di figlio), poi Dedalo è andato in Sicilia, Minosse è morto, io ho superato i trent'anni, non riesco nemmeno a muovere la testa e adesso pare che, in sceneggiatura, c'è scritto che mi toccherà fare un figlio...», ha detto la povera Wendy, in un delirio mitologico da mancanza di Oris, totale assenza di equilibrio e ineleganti conati nei corridoi dell'ospedale.
«Vuoi che chiami Oris?», le ho chiesto.
«No, no, mi piace che stiamo parlando un po', Siri», mi ha risposto lei.

Una volta, da piccola, sono stata in un luna park di Roma che si chiamava LunEur e che aveva un labirinto di cristallo: ovvero un labirinto con divisori trasparenti pensati per ingannarti riguardo all'uscita, visto che, se non stavi attento, finivi per sbatterci la faccia convinto di aver trovato la strada giusta. A terra, questi divisori erano sostenuti da una guida di metallo: io me ne sono accorta, l'ho seguita e ho trovato subito l'uscita.
«Iris, ci hai messo pochissimo! Ti sei divertita?», mi ha chiesto mia madre e io ho risposto: «Non lo so», per non farla dispiacere, anche se non mi ero divertita per niente.
Saranno passati più di vent'anni da quell'episodio ma quando l'altro giorno, al telefono, mia madre mi ha detto: «Ma pure tu pensi che la razza umana si debba estinguere? Oris ti ha messo in testa queste cose e mo tu non mi fai un nipotino? Oppure è tutto quell'Estathè che ti bevi che ti ha fatto diventare così arida? Tu sei materna, Iris: lavi sempre i piatti, ti raccatti tutti quei pazzi, hai viziato tua sorella in un modo inimmaginabile perfino per Pezzetta, parificabile solo a quanto l'ho viziata io. Non puoi veramente pensare di non avere un figlio...», quando dopo tutto quel tempo, io le ho detto: «Non lo so, mamma. Non te lo so dire...», lei mi ha risposto: «Se è un Non lo so come quello del LunEur, siamo a posto».
«Non lo so nemmeno io, Siris», ha deciso di chiosare Wendy.

Il fatto è che stavolta, io non lo so davvero. Non so rispondere. Tra territori impervi, anatemi, filari d'uva, giornate di lavoro infinite, Tempeste d'amore, cartomanti, apparati vestibolari, treni sbagliati, miti greci, uscite con ragazzi cattolici che ti dicono: «Domenica se ti va, ti potrei portare in chiesa», sorelle particolarmente insolenti, mancanza di tempo, di guide di metallo e di vie d'uscita, uno non può avere nessuna sicurezza.
Quindi, quando ho letto il messaggio di Draco Malfoy che mi diceva: «Devo fare ginnastica e ho bisogno di compagnia: o te su Skype – se hai qualcosa da raccontarmi – o una puntata di Scrubs», mi sono precipitata a chiamarlo, anche perché non lo vedevo da un po'.
Mentre faceva i pesi, gli ho raccontato tutto quello che mi era successo negli ultimi giorni e, siccome non poteva parlare, non mi ha contraddetto: incredibile. Poi, mentre faceva le flessioni, gli ho raccontato del vino BIO VEGAN che Denis ci ha portato solo per quello che c'era scritto sull'etichetta: «I nostri vigneti sono gestiti con tecniche innovative di lotta antiparassitaria per confusione sessuale» e lui non ha mosso nessuna invettiva: assurdo. Dopo la doccia, si è presentato davanti alla web-cam con la maglietta della sua squadra di calcio di quando aveva dieci anni e quando gli ho detto che sembrava Mark Owen dei Take That, invece di incazzarsi, mi ha fatto un balletto da leader di una boy band: sublime.
Momenti perfetti, irripetibili, di quelli che ti fanno pensare che forse c'è una possibilità di ritrovare l'equilibrio, le risposte, e scappare dal labirinto. E invece niente: dalla posizione di uscita della sua performance, Draco mi ha guardato intensamente e mi ha detto: «Iris, comunque la tua vita è ridicola. Tu sei fortemente ridicola...».

«Fa proprio schifo diventare adulti», ha urlato Wendy dall'iPhone e, a quel punto, l'hanno dimessa. Per il resto di noi, invece, credo che ci vorrà ancora un po' di tempo.