Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

venerdì 22 maggio 2015

Thèlecomando

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Com'è universalmente noto (ne ho parlato anche nel mio ultimo post, in questo periodo è davvero un'ossessione per me), io non ho possibilità di stare davanti nei viaggi in automobile in cui è presente mia sorella. E questo succede in generale, ma quando si tratta di Fusette, la macchina di Pezzetta, la realtà è ancora più esasperata: il posto davanti della Peugeout 206 reca sopra incisa l'immagine sacra di Oris, con una palette di biondi Targaryen che se i tuoi capelli non corrispondono alla tonalità giusta il sedile prende fuoco (provare a ignorare questi segnali sarebbe una blasfemia inaccettabile e pericolosa).
Oris è sempre stata davanti a me, in questa battaglia -in tutti i sensi; ma con la storia di Fusette mi ha definitivamente disarcionata, nella giostra medioevale del «Tocca a me stare davanti» e regna incontrastata sul suo trono di spade con cintura di sicurezza.

Qualche settimana fa, mentre andavamo ad Ascoli Piceno o in Ascoli Piceno o per Ascoli Piceno -o con, su, tra, fra Ascoli Piceno- Pezzetta, evidentemente mosso a compassione, mi ha detto che aveva un regalo per me e, infilando la mano verso la parte povera dell'automobile, mi ha donato un telecomando sottile come una bustina di zucchero usata.
«Con questo, puoi controllare la musica da dietro...», ha proclamato con soddisfazione.
Io ho guardato commossa questo benefit inaspettato e mi sono sentita invasa da una gioia parificabile alla sensazione di quando sono entrata in un bar di Torino, ho timidamente chiesto del thè freddo e la ragazza al bancone mi ha detto: «Però...» (quando una frase inizia con un però è sempre molto insidiosa) «Però qui abbiamo solo Estathè» e io avrei voluto dirle «Amo te, Torino e i vostri però», ma mi sono trattenuta.
Alla vista del telecomando, Oris ha incrociato le braccia con dissenso, persino i suoi capelli si sono intrecciati di disapprovazione, e mi sono accorta che stava già pensando a una macchinazione per risolvere anche questo torneo in suo favore.

Non appena ho messo le dita sui tasti, ho capito: Mr Sandman, Earth Angel, Johnny B. Good, Ritorno al futuro, anni dieci del duemila che diventano anni ottanta del millenovecento e poi diventano anni cinquanta, viaggi nel tempo, Quantum Leap, nebulose di ricordi, Le cosmicomiche.

«Nell'universo ormai non c'erano più un contenente e un contenuto, ma solo uno spessore generale di segni sovrapposti e agglutinati che occupava tutto il volume dello spazio, era una picchiettatura continua, minutissima, un reticolo di linee e graffi e rilievi e incisioni, l'universo era scarabocchiato da tutte le parti, lungo tutte le dimensioni»
«Italo, io lo sapevo che prima o poi...»
«Se compri il biglietto alla vista di un fuoco fatuo in un calda sera d'agosto, mentre guardi una stella cadente e senti ululare un lupo mannaro, Italo ti fa uno sconto del 97% su La distanza della luna»
«Guarda che se cominciamo a fare giochi sui tuoi titoli o sulle tue parole, non la finiamo più. Non saresti Italo Treno manco se collegassi tutte le tue città invisibili, anche perché, se lo fossi, ti farebbero arrivare solo nelle stazioni secondarie...»
«Non mi sembra il caso di far polemica, adesso. Spiegami solo perché sono qui»
«Non lo so, forse è perché, in questo periodo, ho un problema col tempo...»

Il sedile posteriore di Fusette è tutta un'altra storia a dividerlo con Calvino, «il tempo cambia di forma, la notte si dilata, le notti diventano un'unica notte nella città attraversata...». E così.
E così tutto in blocco, di tasto in tasto, di canale in canale: mi sono cresciuti i capelli che nemmeno me ne sono accorta; ho picchiato una chiave inglese sulla testa di Oris perché lei ha cercato di tagliarmi un dito mentre nostra madre non ci teneva sotto controllo; un piccione mi ha cagato in testa a Via del Babuino, poco prima di Tiffany (che vite diverse io e Holly Golightly); mi sono ritrovata a Torino in una riunione di un gruppo civatiano del PD che doveva decidere se abbandonare il PD o rimanere; ho litigato con il bidello delle medie perché l'orologio andava male; ho partecipato alle dieci di mattina a un party su un treno con degli sconosciuti che mi hanno fatto bere due bicchieri di prosecco a stomaco vuoto (e non ho vomitato); mi sono trasferita a Roma in un giorno di febbraio con un sole incredibile; mi si è incastrata un'ape pelosa sotto la maglietta e ho pianto dal dolore mentre mia madre la ammazzava con una pratica di un suo cliente; Aldo è comparso con una maschera orrenda davanti alla finestra di quella cucina piccolissima della casa in cui stavamo, mentre lavavo i piatti di tutti quanti, e io mi sono spaventata tantissimo -che era il suo intento- e poi è scomparso d'improvviso, come se fosse davvero possibile; la mia migliore amica si sposa e quando mi ha detto che ero la sua testimone, ho pensato che forse testimone è il termine più giusto per definire un'amica, ancora più del termine amica; ho ballato in corridoio con Oris e Pezzetta tutti i giorni in cui siamo stati tristi.

«Che stai facendo lì dietro?», mi chiede Oris, muovendo indietro la sua chioma, solo per spaventarmi: «Che te l'abbiamo dato a fare questo telecomando, se non lo usi?»
«Abbiamo? Come se tu c'entrassi qualcosa... Me l'ha dato Pezzetta»
«Beh: abbiamo o no, usalo. Sennò dallo a me, così non devo allungare il braccio per cambiare canzone: sai, la cintura mi tira troppo...»
«Beh, forse è perché sei alta poco più di Tyrion Lannister»
Quando ho visto Pezzetta innervosirsi, ho capito che stava per dirci un paternalistico: «Se non la smettete me lo riprendo 'sto telecomando». Ecco qual era il suo piano: furba di una bionda. Me ne sono stata zitta, allora, sperando, come il signor Palomar, che il silenzio contenesse qualcosa di più di quello che il linguaggio può dire.
Ma essendo consapevole che non esiste silenzio al mondo che possa battere mia sorella, ho spinto i tasti 1 9 9 2 e d'un tratto, Pezzetta era nel sedile passeggero, Oris non era più bionda e stavamo nell'Alfa Sud di nostro padre.
«Papà, andiamo a sentire un po' di musica in macchina», gli avevamo detto perché eravamo nel maneggio di un suo amico ma non si poteva più cavalcare.
«Oris lo sai che se io mi metto ai pedali e tu al volante possiamo guidare?». Eravamo in discesa, lei mi ha messo le gambe intorno al collo, io ho tirato giù il freno a mano e poi ho cercato di spingere l'acceleratore con le mie mani di bambina. Abbiamo iniziato a muoverci subito, ci hanno fermato in quindici: tutti gli amici di mio padre si sono lanciati sulla macchina e l'hanno bloccata, con mio padre che sudava freddo e Pezzetta che diceva: «Ecco cosa c'è: voi siete sempre state due pazze».

Mentre scendeva dalla macchina di Pezzetta, Calvino mi ha detto: «Iris, non avere problemi col tempo. Facci quello che vuoi. Sei sempre uno dei tu possibili».

P.S. Il telecomando, però, ce l'ho ancora io.