Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

domenica 26 gennaio 2014

Masthèrchef

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Quando sabato sera è iniziato a piovere in camera di Oris, lo dovevamo immaginare che si stava preparando qualcosa di epico per noi, dovevamo intuirlo che il destino ci stava impiattando un tappeto umido di sfighe con catastrofi al gratin.
Invece noi, memori del nostro 2013 disastroso, non ci siamo preoccupati, ci siamo detti: «Eh, vabbè, mo: ci spaventiamo per due gocce?».
Dopo aver chiamato l'amministratore e l'idraulico e dopo aver avvertito i vicini di casa, ci sembrava tutto risolto.
«Però la cena di cinghiale non possiamo farla qui, in questo cantiere aperto. Facciamola in esterna: così sarà un incrocio tra Masterchef e il Boss delle torte. Sai quando Buddy carica quelle costruzioni saccarinose color evidenziatore dentro al furgone? Beh, faremo anche noi così...»
«Mi pare ottimo, a parte il fatto che invece del furgone noi abbiamo Fusette»
Fusette è la macchina di Pezzetta. Si scrive Fusette e si legge fùset, come se fosse francese, anche se, in realtà, è campano e vuol dire «io fui»: prima persona singolare del passato remoto del verbo essere sannita.

Come devo aver già detto, da qualche parte, io ho un coro, come quello del teatro greco, solo che il mio si chiama Core e parla in romanesco. Un tempo, quando eravamo tutti più moderni, contribuiva all'azione, era parte integrante della scena, mentre adesso, da quando è a Bruxelles, il suo ruolo è più un dissing, un rap continuo, politicamente scorretto, con il quale Core mi innesta sensi di colpa che nemmeno Bastianich quando tira in aria i piatti.

«I delfini vanno a ballare sulle spiagge. I cinghiali vanno a ballare in cimiteri sconosciuti...»
«Oddio, Core, che pesantezza»
«Oh, non lo so: te stai a magnà Pumba!»
«Hakuna Matata: due magiche parole contro tutti i problemi»
«Tu caschi male, tocca te se era n'altro è uguale, Lè, niente de personale
Però tu caschi male, nelle borgate della capitale pare che caschi male...»
«Senti, Core, sto insaporendo. Non mi distrarre che è un attimo che, al posto dell'olio, ci metto l'Estathè. Ma che cos'è sta paranoia?»
«Di politica non sono un esperto, ma dicono l'Italia sarà presto un deserto
Tra vent'anni saremmo tutti quanti emigrati a Saint-Tropez, tranne te.
Tranne te, tranne te, tranne teee...»
«Core, qui c'è la musica e tu non balli, tu parli parli parli...»

Siccome la cottura del cinghiale è molto lunga, io e Oris abbiamo deciso di fare anche altre cose, mentre Core ballava in cucina, forse troppe, ma eravamo sovraeccitate, tra questa cosa che ci pioveva in casa e l'idea che nessuna pièce che questo 2014 avrebbe potuto mettere su, ci poteva far paura.
Al momento del trasporto eravamo un po' in difficoltà: pentole pesanti, patate, contenitori, teglie, peperoni, un metro quadrato di tiramisù.
«Pezzetta, tu vai a prendere Fusette, che poi carichiamo»

E' stato un attimo. Ce l'avete presente quell'attimo in cui ti dici: «Pensa se mi capitasse questo, che tragedia»; quel momento iperbolico che non capita mai, ma che ti dà comunque un piccolo pizzico di adrenalina; quel secondo che passa tra «Non parlare con la bocca piena» e la manovra di Heimlick?
E' successo così.
Oris ha preso male la pentolona di sugo di cinghiale che avevamo amorevolmente preparato nelle precedenti tre ore e che dieci persone stavano aspettando per cena e l'ha lanciata, giuro, l'ha lanciata, lungo le scale dell'atrio del nostro palazzo.
La pentola ha sbattuto sullo scalino, il coperchio è volato e il sugo è esploso.
Boom.
Dopo la detonazione, Oris mi ha guardato accasciarmi a terra e, secondo me, ha pensato che mi avessero sparato. Ma no, non era una puntata di Homeland, più che altro era la scena di Shining in cui una cascata di sangue che esce dall'ascensore imbratta tutto quello che incontra.
Sono corsa a prendere il secchio che raccoglieva l'acqua della perdita in camera di Oris, ho agguantato il mocio e mi sono messa a pulire tutto, come una pazza, mentre Pezzetta mi guardava da fuori, dal marciapiede di un film scritto male, con la pioggia che bagnava Fùset, e lui che si nascondeva sotto l'ombrello e Oris, stordita e quasi assente, avvertiva i commensali che forse avremmo allungato il sugo con l'Estathè, ridendo istericamente.
Più tardi, a bocce ferme, si sarebbe stupita del fatto che nessuno le aveva chiesto chi era alla guida della pentola, prima del danno. 
Già, chissà come mai, Oris...

«Può succedere», ha detto Core tenendo il tempo hip hop con la mano destra.

Può succedere? No, che non può succedere.
Io e te, caro anno nuovo, avevamo fatto un p(i)atto.
Da quando abbiamo impuzzolito il palazzo di animale selvatico, Pezzetta si è dimenticato di pagare le bollette, Oris sostiene che le si stanno per staccare i denti (e si infila l'iPhone in bocca e scatta con il flash, per dimostrarlo), Core parla in francese e il termoidraulico mi ha detto una cosa del tipo: «Scusa, mi sto fumando sotto» e si è acceso una sigaretta.
«Mi sto fumando sotto»: capisci?

Io non mi faccio spaventare da due gocce, ma ho avuto un attacco di ansia che nemmeno il giorno che si sono dimenticati di dirmi che mi laureavo e l'ho scoperto, per caso, qualche ora prima.
Come al solito, più del solito, ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c'è: «Oh bucaiola, tu mi tradisci...».
E vaffanzum.

Perché ognuno ha il coro che si merita.

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