Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

lunedì 14 maggio 2012

O' Trerrothè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

Il ciclismo mi fa venire caldo, mi ricorda mio padre in canottiera, relegato in camera a guardare la fatica dei corridori in televisione e a sudare con loro sul copriletto di macramè che mia madre gli diceva di spostare, ma che lui lasciava intatto sul giaciglio: era una sacra sindone al contrario che non raccoglieva immagini su di sé, ma te le lasciava indelebili sul corpo.
Era il suo modo di soffrire con gli atleti, credo.
Oppure la sua innata pigrizia maschile.

A volte, io guardavo le gare con lui: mi sedevo per terra, facendomi spazio tra i tappeti sul parquet e mio padre mi fissava con sdegno, tipo a dire: “Ma che veramente tu sposti tutta quella roba? Siediti e suda sulla fibra indiana dello scendiletto! Devi sentire la fatica della competizione...”.
Ma la sua era solo una competizione con mia madre, credo.
Oppure con il suo elegante copriletto di macramé.

Da terra, io immaginavo il grande Pozzi e il famoso Girardoux di Stefano Benni che sfidavano Claudio Chiappucci e Marco Pantani, gli idoli di mio padre, ma il caldo mi faceva resistere poco tempo davanti alla televisione. Probabilmente, la mia passione per il ciclismo avrebbe resistito di più se il principe azzurro del Giro d'Italia fosse arrivato in camera dei miei genitori, sgommando su un'Apecar di estathè.

I' port' 'o trerrote”, avrebbe detto.
Io guido l'Ape Car”, avrebbe tradotto mio padre.
'O trerrote ra' piaggio”
L'Ape Car della Piaggio”
Me sceto 'e quatt''a matina...”
Mi alzo alle quattro del mattino...”
...e cocche vota pure''e quatt''e dieci”
... a volte mi sveglio più tardi.”

Mi avrebbe caricato dietro, in bilico su un perfetta montagna di estathè e avremmo sfidato i promontori italici insieme, passandoci i brick come Coppi e Bartali con la borraccia.
Ero troppo piccola per avere la quantità giornaliera di estathè necessaria al mio sostentamento, quindi i miei sogni romantici viravano più intorno a quello che alle principesse delle favole.
Ero certa che se avessero piazzato una cannuccia di estathè al posto del pisello sotto i venti materassi della fiaba di Andersen, io non sarei riuscita a dormire e, non perché fossi una vera principessa, ma perché dove c'è una cannuccia c'è anche un brick e una tossicodipendente non se lo lascia di certo sfuggire.
Le fiabe e i ricordi sono a libera interpretazione.
E la mia, quella d'O' Trerrothè ha una chiusura di critica sociale: l'Apecar si ribalta e si scopre che era piena di cocomeri e non di estathè. La principessa dei brick abbandona il principe Tony Tammaro al suo destino e molte macchine fanno lo stesso, rubando anche i cocomeri.

“I' port' 'o trerrote”, canta il principe disperato.
E mo' porto 'e stampelle”
“Ed ora sono bloccato in ospedale”
“Ma sé acchiappo 'a quillo che s'a' fottuto 'e meluni...”
“Ma se trovo l'autore del furto dei miei cocomeri...”
“... m'faccio ra''areto pure 'e scorze e sement!”
“...mi faccio restituire le bucce e i semi!”
“A' gente fanno tant''e signori...”
“La gente crede di essere per bene...”
“...e po' se fottono' 'e melun”

Alla fine della fiera, credo che sniffare l'aria scaldata delle fibre indiane dei tappeti di mia madre mi abbia fatto avere le allucinazione perché, una volta, sul podio del Giro d'Italia, ci ho visto salire mio padre, avvolto nel copriletto di macramè, mentre mia madre gli sbraitava contro dallo scalino del terzo posto e Oris leggeva Cioè in bilico sul gradino del secondo arrivato.
Sono quasi certa di essermelo inventato, in una crisi di astinenza da teina.

Diciamoci la verità: a me l'estathè, sponsor ufficiale del Giro d'Italia, m'ha salvato la vita.
Altrimenti, chissà dove sarei ad arrancare adesso...


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