Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
C'è
sempre un momento, nelle riunioni delle comitive di oggi: in fila a
prendere l'ennesimo Negroni o intorno a un tavolo dopo aver mangiato
anche le posate, durante un happening artigianale al pubbetto sotto
casa oppure in macchina, fermi al semaforo, ad aspettare il verde;
c'è sempre un momento in cui gli occhi di uno si alzano a scrutare
gli altri, lo sguardo di un impavido si staglia oltre i pixel del
proprio telefono, oltre lo status Facebook che ha appena scritto ma
che non ha avuto nemmeno un mi piace, oltre whatsapp e
quell'altra applicazione che ti dice quanti sampietrini mancano per
arrivare dove devi arrivare. Tutti
gli altri guardano il loro smartphone, ridono, si incazzano,
rispondono a qualcuno, mentre lui, in poppa, su quella nave che ha
attraversato i decenni dal Commodore 64 ai Google Glass, lui guarda
oltre, verso il futuro, verso quel modo di vivere che è talmente
lontano che sembra dover ancora arrivare. Vede uno spicchio di terra
all'orizzonte, vede una ragazza in bici, sente un profumo di fiori e,
per non essere l'unico detentore di quelle meraviglie, lo dice: «Oh,
per colpa di questi telefonini, non viviamo più nella realtà. Ma ve
lo ricordate quando c'avevamo solo il telefono fisso? Quando dovevamo
telefonare a casa delle persone e dire Pronto, casa Nintendo?
Per dire: sono SuperMario vorrei parlare con la principessa del
Regno dei Funghi...»
All'inizio
nessuno lo ascolta, pensano stia lasciando un messaggio vocale o
parlando con Siri, ma non appena anche gli altri capiscono che si
tratta di nostalgia, mollano il telefono e cominciano a parlare di
riviste di musica, del vecchio packaging dell'Estathè, dei cartoni
animati, di quando arrivava l'amico di qualcuno e ti faceva la
richiesta.
«Piaci
all'amico mio, volevo sapere se ti ci vuoi fidanzare»
«L'amico
tuo? Ma chi è l'amico tuo? E pure a te, ma chi ti conosce...»
Per
un attimo, tutti quelli della comitiva, prima di afferrare i Negroni,
prima di prendere un Brioschi, prima di uscire dal pubbetto e prima di
sentire i clacson di quelli delle macchine dietro che li invitano,
insieme a li mejo mortacci loro, a vedere che è scattato il
verde: tutti provano un forte senso di nostalgia.
Dura
un minuto, giusto un minuto di silenzio, poi è tutto come prima,
perché la voglia di ritornare al passato è solo un trucco. Nessuno
di noi vorrebbe veramente tornare indietro, nessuno di noi riesce a
immaginare una vita in cui non si può stalkerare la gente su
Facebook, Twitter, Instagram, Tumblr, Pinterest, Linkedln.
Pure
su Linkedln? Pure su Linkedln.
L'altro
giorno, un mio amico mi ha detto: «Il colloquio numero 7 è andato
molto male» e si riferiva a una ragazza con cui era uscito: credo
fortemente che l'avesse trovata su Linkedln.
La
donna è mobile, il telefono è mobile, l'Estathè sta dentro a un
mobile. Insomma, c'è una certa conformità nella frivolezza della
nostra esistenza: io, Oris e Pezzetta abbiamo cercato di combatterla,
prendendoci un telefono fisso.
Lui
sta lì e ci guarda, in un vestito rosso cordless. Il numero non ce
l'ha tanta gente, giusto mia madre, la madre di Pezzetta e i miei
nonni eppure lui squilla, altroché se squilla.
La
gran parte delle volte sono call center che cercano di farci cambiare
compagnia telefonica, compagnia del gas, qualsiasi tipo di compagnia,
pure quella degli amici e, altre volte, sono persone che cercano
Roberto Goffredo, l'uomo di cui abbiamo ereditato il numero, di cui
conosciamo l'indirizzo e alcuni parenti, visto che, prima del suo
matrimonio, non hanno fatto altro che chiamarci zie che avevano perso
la partecipazione, cugini con la tosse o amici privi della cognizione
della sera tardi, della mattina presto e del concetto di insistenza.
È così che arriviamo a domenica mattina, quando, alle otto in punto,
il telefono fisso ha iniziato a squillare e io, che sono nella stanza
più lontana di tutte dal salotto, mi sono svegliata, sono scattata
in piedi e ho iniziato a correre. Ma, tra me e quel telefono, tra me
e il mio bicchiere di Estathè mattutino, tra me e il mio immotivato
senso di responsabilità per ogni voce che mi attende dall'altra
parte della cornetta, c'era uno stendino.
«Ma
ve lo ricordate quando usavamo lo stendino? Quando dovevamo appendere
i vestiti per farli asciugare?», ci diremo un giorno, quando
i telefonini faranno anche da essiccatori di abiti.
Domenica
mattina, in questo tempo ancora imperfetto, nella corsa disperata
verso la base del cordless, io mi sono buttata sullo stendino.
Avendo giocato a calcio, so come cadere per farmi il meno male
possibile, quindi mi sono protetta con il braccio sinistro e ho
sbattuto quello. Il dolore non ha fermato gli squilli del telefono,
quindi, stoica, mi sono rialzata e sono andata a rispondere, con un
livido che iniziava a diventare verde, appena in tempo per sentire un
lungo: «Tuuu... Tuuu...».
«Tuuu,
Iris Versicolor, sei la classica persona che dice sempre Ma vi
ricordate quando giocavamo a pallone davanti casa? e poi passi il
tuo tempo attaccata al computer. Tuuu hai una rubrica scritta a mano,
non hai mai comprato niente su eBay e non sei iscritta alla
newsletter di Groupon, quando Oris ti ha regalato il tuo primo
smartphone le hai detto Mi hai rovinato la vita! e adesso hai
un programma che gestisce le tue mestruazioni. Tuuu non hai un
Kindle, non hai un Mac, hai rotto il tuo lettore mp3 e non l'hai
ricomprato, ma poi hai fatto un funerale laico per Windows 7 quando
sei stata obbligata a interagire con l'8. Tuuu sei una nostalgica contraddittoria. Tuuu te lo meriti quello
stendino. Tuuu te lo sei guadagnato quel livido. Tuuu... Tuuu...»
Sul
livido, ho messo un brick di Estathè ghiacciato, ma non è servito.
Allora
ho preso il mio smartphone e l'ho fissato fino a che non si è
svegliata Oris, che non aveva sentito né me, né lo stendino, né il
telefono che squillava.
«Mi
fa malissimo», le ho detto.
«Te
lo devi tenere, Iris. Non puoi mica tornare indietro nel futuro!»,
mi ha risposto.
Grande
Giove, lo so che eri tu al telefono, che volevi offrirmi del plutonio
e un flusso canalizzatore. Richiama, ti prego.
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