Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
La
settimana scorsa sono stata invitata a un pranzo della domenica:
pizzette, pasta al forno, farinata di ceci, verdure gratinate e non,
torta al limone, mise
en place
in terrazzo, amiche che tornano sudate dal tiro con l'arco, altre che
vanno a fare tatuaggi o da Leroy Merlin o a farsi tatuaggi da Leroy
Merlin... Tutto, era tutto perfetto, quasi magico, tanto che sul
terrazzo con noi c'erano anche Emily Dickinson e Virginia Woolf: la
prima decisamente (e sorprendentemente) più ciarliera della seconda.
Eppure,
è bastato un attimo perché ci mettessimo a parlare di maledizioni
hollywoodiane e malattie, invece che di inciuci e bagordi.
Lo
sai che pure io soffro di gastrite, I? Mi raccomando non andate in
macchina con M, è praticamente cieca. Io mi sono fermata alle
emicranie, A, ma potrei spostarmi anch'io sull'apparato gastrico se è
così in voga. F, io non sono cieca, ho solo qualche allucinazione.
Io sono L e sono un uomo, non parlo delle mie malattie. Ma non ti fa
male bere l'estathè? Perché nessuno mangia le verdure non
gratinate? Dàlle a Virginia, M, le mangerà lei.
Quando
inizi a fare i pranzi della domenica, invece delle uscite del sabato
sera, ti metti d'accordo per scambiarti articoli di
medicina psicosomatica e fai bullismo contro Virginia Woolf, è
ufficiale: non sei più il giaguaro di una volta.
Se
mai quel giaguaro lo sei stato.
«Dormi
tranquilla, Iris. Tu quel giaguaro non lo sei mai stato. Non sei mai
stata nemmeno una tigre, un leone, un tenero micetto ben gratinato al
forno...»
«Magica
Magica Emi? Proprio tu a dirlo! Quando guardavo il tuo cartone, avevo
già una precoce e incontrollata dipendenza da teina, ascoltavo i
dischi in vinile di mio padre, suonavo la batteria, andavo a
cavallo... Ero una bimba rock and roll!»
«Cara,
mentre Oris si dimenava a squarciagola davanti alla sigla, tu la
cantavi a bassa voce, con un senso di terrore e frustrazione che non
ti ha mai veramente abbandonato. Altro che rock and roll!»
«Scusami,
May, o Emi, chiunque tu sia delle due. Parliamo di un ritornello che
diceva: C'è
un cuore sul bracciale/ che è magico perché/ può sempre
trasformare/ May in Emi, Emi in me... Non
potevo non mettere in conto il fatto che, per colpa di quel cazzo di folletto che ti aveva donato il braccialetto, tu avresti potuto
trasformarti in me in qualsiasi momento della mia vita, non credi?»
«Dì
la verità, sei tu l'amica con le allucinazioni, vero?»
«No,
non sono io. E poi, senti chi parla! Una bambina roscia
prestigiatrice che, quando ha avuto la possibilità di trasformarsi,
ha scelto i capelli azzurri. Che cattivo gusto...»
«Devo
dirti una cosa che ti abbiamo tenuto nascosta per anni, io e Oris. Sei pronta? Il
braccialetto donato da quell'amore di folletto, poteva trasformare
May in Emi e Emi in May. Non eri tu la protagonista di
quella sigla, Iris...»
«Che cosa? Ma voi mi avete rovinato la vita! Io ho fondato tutto su quella eventualità, mi sono preparata! Sono nata verdura gratinata e mi avete fatto diventare pian piano un cavolo bollito, è questa
la verità. E' questo il motivo per cui, a un certo punto della mia
carriera scolastica, dopo tredici anni passati a essere la prima
della classe, ho avuto la brillante idea di iscrivermi a ingegneria
meccanica. Sono colpa vostra i patimenti della cottura al vapore,
i pomeriggi passati a disegnare con autocad i meccanismi a camma con
disco eccentrico e cedente traslante, oppure le notti passate a
risolvere assurdi esercizi di meccanica dei solidi, per non parlare
delle mattine di lezione passate a osservare le migliori menti della
mia generazione farsi calve dal giorno alla notte per lo stress di
tutte quelle materie tutte insieme. Mi avete causato l'assenza di
vita sociale, il bruciore di stomaco, l'aria condizionata delle aule
studio il 29 luglio, che quando uscivi ti veniva un coccolone e
nessuno poteva aiutarti perché era il 29 luglio ed eri rimasto solo
tu a bestemmiare contro le variabili termodinamiche per l'orale di
Fisica Tecnica. Come
quando i genitori ti vengono a trovare nella tua casa di studente
fuori sede e appiccichi le tende con lo scotch perché tanto devono
star su solo quel giorno. Ho fatto tutto questo per senso di
ospitalità e tu... Emi perché? Perché non ti sei mai trasformata
in me?»
I,
stai bene? Guarda che quella è Virginia, non è Emily. F, visto che
non sono l'unica con le allucinazioni su questo terrazzo? A, mi sta
venendo l'emicrania. I, vuoi andare a fare un giro in macchina con M?
Spiritosa, forse le farebbe bene bere dell'estathè. Io sono L e sono
un uomo, posso andare in bagno? Mangiati due verdure non gratinate,
ti faranno calmare.
L'autobus
ci ha messo un'ora e quaranta per riportarmi a casa. Grazie all'ATAC,
mi è sembrato di essere andata a pranzo a Firenze o a Napoli o da
Leroy Merlin.
Immotivatamente,
durante tutto quel tempo, non ho fatto che pensare al giorno in cui
mi sono laureata, che era venerdì 17 dicembre, nevicava, io speravo ancora
che Emi si sarebbe trasformata in me e Oris mi aveva spinta a
indossare i RayBan vintage anni ottanta di nostro padre. Quel giorno,
a conferma di quanto poco io sia gratinata, mi sono seduta sugli
occhiali da sole e li ho spaccati.
Durante
tutto il viaggio di ritorno dal pranzo della domenica, sono riuscita a pensare solo alla faccia sconvolta
di Oris davanti ai suoi due pezzi di RayBan (tutto quello che è
nostro appartiene in realtà a Oris, visto che è l'imperatrice
dell'universo) e a Pezzetta che le dice: «Uà, che fa? L'ha crepati
c'u mazz».
Al
prossimo pranzo della domenica, me lo farò tatuale sul braccio.
Uà,
che fa? L'ha crepati c'u mazz...
Amici,
che giaguaro.
non è vero, non nevicava. Aveva smesso da un quarto d'ora abbondante
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