Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

venerdì 18 ottobre 2013

Verdure gratinathè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
Ehi tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo”

La settimana scorsa sono stata invitata a un pranzo della domenica: pizzette, pasta al forno, farinata di ceci, verdure gratinate e non, torta al limone, mise en place in terrazzo, amiche che tornano sudate dal tiro con l'arco, altre che vanno a fare tatuaggi o da Leroy Merlin o a farsi tatuaggi da Leroy Merlin... Tutto, era tutto perfetto, quasi magico, tanto che sul terrazzo con noi c'erano anche Emily Dickinson e Virginia Woolf: la prima decisamente (e sorprendentemente) più ciarliera della seconda.
Eppure, è bastato un attimo perché ci mettessimo a parlare di maledizioni hollywoodiane e malattie, invece che di inciuci e bagordi.

Lo sai che pure io soffro di gastrite, I? Mi raccomando non andate in macchina con M, è praticamente cieca. Io mi sono fermata alle emicranie, A, ma potrei spostarmi anch'io sull'apparato gastrico se è così in voga. F, io non sono cieca, ho solo qualche allucinazione. Io sono L e sono un uomo, non parlo delle mie malattie. Ma non ti fa male bere l'estathè? Perché nessuno mangia le verdure non gratinate? Dàlle a Virginia, M, le mangerà lei.

Quando inizi a fare i pranzi della domenica, invece delle uscite del sabato sera, ti metti d'accordo per scambiarti articoli di medicina psicosomatica e fai bullismo contro Virginia Woolf, è ufficiale: non sei più il giaguaro di una volta.
Se mai quel giaguaro lo sei stato.
«Dormi tranquilla, Iris. Tu quel giaguaro non lo sei mai stato. Non sei mai stata nemmeno una tigre, un leone, un tenero micetto ben gratinato al forno...»
«Magica Magica Emi? Proprio tu a dirlo! Quando guardavo il tuo cartone, avevo già una precoce e incontrollata dipendenza da teina, ascoltavo i dischi in vinile di mio padre, suonavo la batteria, andavo a cavallo... Ero una bimba rock and roll!»
«Cara, mentre Oris si dimenava a squarciagola davanti alla sigla, tu la cantavi a bassa voce, con un senso di terrore e frustrazione che non ti ha mai veramente abbandonato. Altro che rock and roll!»
«Scusami, May, o Emi, chiunque tu sia delle due. Parliamo di un ritornello che diceva: C'è un cuore sul bracciale/ che è magico perché/ può sempre trasformare/ May in Emi, Emi in me... Non potevo non mettere in conto il fatto che, per colpa di quel cazzo di folletto che ti aveva donato il braccialetto, tu avresti potuto trasformarti in me in qualsiasi momento della mia vita, non credi?»
«Dì la verità, sei tu l'amica con le allucinazioni, vero?»
«No, non sono io. E poi, senti chi parla! Una bambina roscia prestigiatrice che, quando ha avuto la possibilità di trasformarsi, ha scelto i capelli azzurri. Che cattivo gusto...»
«Devo dirti una cosa che ti abbiamo tenuto nascosta per anni, io e Oris. Sei pronta? Il braccialetto donato da quell'amore di folletto, poteva trasformare May in Emi e Emi in May. Non eri tu la protagonista di quella sigla, Iris...»
«Che cosa? Ma voi mi avete rovinato la vita! Io ho fondato tutto su quella eventualità, mi sono preparata! Sono nata verdura gratinata e mi avete fatto diventare pian piano un cavolo bollito, è questa la verità. E' questo il motivo per cui, a un certo punto della mia carriera scolastica, dopo tredici anni passati a essere la prima della classe, ho avuto la brillante idea di iscrivermi a ingegneria meccanica. Sono colpa vostra i patimenti della cottura al vapore, i pomeriggi passati a disegnare con autocad i meccanismi a camma con disco eccentrico e cedente traslante, oppure le notti passate a risolvere assurdi esercizi di meccanica dei solidi, per non parlare delle mattine di lezione passate a osservare le migliori menti della mia generazione farsi calve dal giorno alla notte per lo stress di tutte quelle materie tutte insieme. Mi avete causato l'assenza di vita sociale, il bruciore di stomaco, l'aria condizionata delle aule studio il 29 luglio, che quando uscivi ti veniva un coccolone e nessuno poteva aiutarti perché era il 29 luglio ed eri rimasto solo tu a bestemmiare contro le variabili termodinamiche per l'orale di Fisica Tecnica. Come quando i genitori ti vengono a trovare nella tua casa di studente fuori sede e appiccichi le tende con lo scotch perché tanto devono star su solo quel giorno. Ho fatto tutto questo per senso di ospitalità e tu... Emi perché? Perché non ti sei mai trasformata in me?»

I, stai bene? Guarda che quella è Virginia, non è Emily. F, visto che non sono l'unica con le allucinazioni su questo terrazzo? A, mi sta venendo l'emicrania. I, vuoi andare a fare un giro in macchina con M? Spiritosa, forse le farebbe bene bere dell'estathè. Io sono L e sono un uomo, posso andare in bagno? Mangiati due verdure non gratinate, ti faranno calmare.

L'autobus ci ha messo un'ora e quaranta per riportarmi a casa. Grazie all'ATAC, mi è sembrato di essere andata a pranzo a Firenze o a Napoli o da Leroy Merlin.
Immotivatamente, durante tutto quel tempo, non ho fatto che pensare al giorno in cui mi sono laureata, che era venerdì 17 dicembre, nevicava, io speravo ancora che Emi si sarebbe trasformata in me e Oris mi aveva spinta a indossare i RayBan vintage anni ottanta di nostro padre. Quel giorno, a conferma di quanto poco io sia gratinata, mi sono seduta sugli occhiali da sole e li ho spaccati.
Durante tutto il viaggio di ritorno dal pranzo della domenica, sono riuscita a pensare solo alla faccia sconvolta di Oris davanti ai suoi due pezzi di RayBan (tutto quello che è nostro appartiene in realtà a Oris, visto che è l'imperatrice dell'universo) e a Pezzetta che le dice: «Uà, che fa? L'ha crepati c'u mazz».
Al prossimo pranzo della domenica, me lo farò tatuale sul braccio.
Uà, che fa? L'ha crepati c'u mazz...
Amici, che giaguaro.



1 commento:

  1. non è vero, non nevicava. Aveva smesso da un quarto d'ora abbondante

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