Memorie di una bevitrice di Estahè

Memorie di una bevitrice di Estahè

venerdì 30 dicembre 2016

Le cose rotthè

Se avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!», gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce fuoricampo»

Ci sono periodi in cui sembra che il mondo abbia un bisogno incredibile di colla: calze che si strappano, scaldabagni che perdono, lavatrici che non centrifugano, wi-fi che spariscono dalla vista del computer in continuazione. Tutto si disfa, i giorni vanno in frantumi, le settimane sembrano depositi di cocci e i mesi diventano armi inceppate che ci rigiriamo nelle mani, chiedendoci come potremo mai usarle nelle nostre piccole guerre di quotidiana resistenza.
Di solito, sono così tutti i periodi di festa.
«Percepisco in te davvero molta gioia, molto spirito natalizio e tante speranze per il nuovo anno a venire», mi ha detto ironico il signor Wolf, mentre aprivo la lavatrice per rimettere la cinghia nel suo alloggiamento, in modo che cestello e motore fossero di nuovo collegati. 
«Sono una centrifuga di assoluta felicità. È così evidente?», ho risposto, coperta dal suono della lavatrice che ricominciava a funzionare.
Sono giorni, settimane, almeno un mese che mi asfissia con i suoi metodi di risoluzione dei problemi, con il suo papillon e la sua eleganza immacolata. Mi insegue dappertutto, mi dà ordini, si beve il mio Estathè dentro una tazza e usa il sarcasmo come una frusta mentre mi trascino di riparazione in riparazione. Spesso, imita perfino se stesso in Pulp Fiction.
«Non sono qui per dirti Per favore, sono qui per dirti cosa fare. E se un istinto di conservazione ancora lo possiedi sarà meglio che tu lo faccia. E subito anche...»
E io lo faccio, faccio davvero tutto, ma inizio a pensare che sia colpa sua se c'è sempre un problema, un po' come quel fatto che quando arriva la signora Fletcher in una città, in quella città muore di certo qualcuno. Ecco, quando c'è il signor Wolf che ti tampina, di certo avrai sempre un problema da risolvere.
E infatti lui era con me quando sono andata a trovare Ioris e, prima, mentre eravamo a casa sua a Torino, si è rotto lo scarico del bagno e siamo state a passarci cacciaviti e pazienza in piena notte e, poi, mentre da Fenegrò andavamo a Milano, si è forata la ruota posteriore destra, facendoci sbandare. Era con me quando si sono rotte le macchine di Draco Malfoy e di mio padre e quest'ultimo, oltre ad essere rimasto a piedi nel giorno di Natale, ha anche rischiato di rompersi qualche osso cadendo dal letto tra le risate di madre (che aveva sperimentato un nuovo metodo di passare l'aspirapolvere insieme alla donna che l'aiuta a pulire e, avendo sollevato il letto per poi lasciarlo ricadere a terra malamente, aveva incrinato uno dei piedini della rete, rompendolo).
Il signor Wolf era lì mentre mi si fracassavano amiche a causa di rapporti decennali finiti nel cesso con lo scarico rotto e mentre le gengive di amici senza alcun giudizio venivano aperte da qualche insolente tentativo di crescita. Era lì quando ho detto «Buon Natale» a mia nonna e lei mi ha risposto che il termosifone non si scaldava, che c'erano stati tantissimi furti nel suo quartiere e che le si era pure ristretta l'immagine della televisione – il tutto con un gergo parecchio scurrile.

Ci sono periodi in cui sembra che sia davvero impossibile trovare la colla giusta o il giusto collant, e allora si finisce per usare dello scotch che, se va bene per i pacchi di Natale, andrà bene anche per il mondo, i cocci, il wi-fi e tutto il resto.
«Tua sorella sta facendo dei pacchetti regalo orrendi. Fai qualcosa, ti prego», mi ha detto il signor Wolf, mentre arricciando nastrini rossi e blu di decorazione, pensavo alle mie bellissime forbici bianche, trovate al loro posto nel cassetto, due settimane prima, ma spezzate. Ovviamente avevo dato la colpa a Draco Malfoy che, sebbene fosse uno solo dei tre ospiti che avevano dormito a casa mia la notte precedente al danno e sebbene si fosse ampiamente discolpato, nell'iconografia del mio personale Mercante in fiera, è e sempre sarà un goffo e spaesato Vincent Vega che gira su stesso senza capire cosa diavolo fare e finisce per combinare sempre e solo guai. 
«Signor Wolf...»
«Chiamami pure Winston»
«Allora, Winston, il punto è questo: se vado avanti ad aggiustare tutto quello che consideriamo rotto, non ne uscirò mai. Ci pensi che potrebbe essere che è il voler risolvere questi problemi a crearli?»
«No, Iris. La vita è una Chevrolet verde del 1974 con un cadavere nel portabagagli, un cadavere di cui ci dobbiamo disfare...»
«E se fossi tu il cadavere nel mio portabagagli? Se fosse la mia mania del controllo a far sembrare questo 2016 un cantiere aperto della Metro C?»
«Ma stai facendo tutto questo casino perché è finito lo scotch?»
«Mi sa che il regalo di Natale migliore che posso farmi è sbarazzarmi di te...», ho chiosato, iniziando a vedere la palese asimmetria dei pacchetti che stava facendo Oris. Lei ha colto il dissenso nel mio sguardo, ha preso una pallina dall'albero e me l'ha tirata contro, beccando in pieno la tazza di Estathè del signor Wolf.

Forse il mio Natale sarebbe stato meno ridicolo se a mia madre non fosse venuta una paranoia folle che i ladri sarebbero passati anche da casa nostra o se a mia nonna non avesse preso la mania di dire un sacco di parolacce. L'unione delle due cose ha fatto sì che, per evitare una rivolta piena di insulti, la vigilia l'abbiamo dovuta festeggiare a casa sua, lasciando casa nostra preda facile di furti: così mia madre al grido di «Si possono portare via la casa, ma se prendono il tuo computer poi chi ti vuole sentire!» ha barricato le finestre con scope e sedie e ha convinto mio padre a cercare di infilare il mio computer nella cassaforte dei suoi fucili. Siccome non c'entrava, alla fine è stato messo in una cassapanca della mansarda, in mezzo ai vestiti mimetici di mio padre ma, visto che la cosa non ci dava abbastanza sicurezza, è finito sulla mia schiena.
Forse il mio Natale sarebbe stato meno ridicolo se non mi fossi dovuta portare lo zaino con il computer in giro, come farebbe una ragazza strampalata che non si fida delle mura, delle porte, delle finestre, degli hard-disk esterni e della propria fiducia nelle fasce di tenuta del mondo. O forse sarebbe stato meno ridicolo se, mentre ci scambiavamo i regali, mio cugino non mi avesse chiesto di presentargli Draco Malfoy, dicendomi che lo aveva tanto apprezzato nella sua partecipazione a Pechino Express e facendomi pensare insistentemente alle mie forbici bianche.
Di fatto, mentre io cercavo di aprire i regali senza strappare la carta dei pacchetti, il signor Wolf sbraitava alla vista del caos che il rompere, il tirare, il tranciare buste e fiocchi creava nella stanza.
«Raccogli quei pezzi!», mi ordinava: «Pulisci questo casino, Iris!»
«Winston, ma si fa così con i regali...»
«Winston? Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi Winston?»
«Penso in fretta e quindi parlo in fretta...», ho provato dire, imitandolo nella scena di Pulp Fiction, ma senza ottenere nient'altro che una sequela di nuovi ordini e poi una elegantemente immacolata uscita di scena.

Alla fine di certi periodi, quando colla, scotch, corde, nastri, cinghie e signori Wolf non sono più disponibili, l'unica cosa da fare è lasciar andare: bucare tantissimi Estathè, berli e poi accartocciarseli in mano fino a romperli. Forse è una maniera un po' didascalica per sottolineare l'importanza delle cose rotte, ma non sempre far ripartire un termosifone o ristabilire la grandezza desiderata dello schermo per vedere al meglio SL48 sono la cosa più onesta che possiamo fare.
Per questo ho deciso di togliermi il papillon e di far sì che il disordine di Oris non mi tangesse, ho deciso di mollare la presa e di lasciare intorno a me dello spazio non costruito, delle macerie fortemente asimmetriche.
Giuro che non rimetterò dritti i vostri quadri, non sprimaccerò con costanza tutti i cuscini del mondo, non piegherò i vestiti di mia sorella e non sistemerò il caricabatterie di mia madre, lascerò che la lavatrice non funzioni e che i rubinetti perdano, mischierò i due mazzi delle carte del Mercante in Fiera in modo che Draco Malfoy sia sempre più confuso e non lo aiuterò a districarsi tra i suoi guai, mi scorderò di pagare le bollette e lascerò il computer acceso anche quando non sono a casa. Lo giuro. Non sistemerò più niente.
Poltrirò lungo tutto questo cantiere aperto, per ogni giorno di questo dannato 2016.
«E per il 2017?»
«Ah, per quello, stai pure tranquillo, signor Wolf. Domani, a mezzanotte in punto, puoi tornare...»

Il fatto che le cose non cambino, anche quando sono addobbate a festa o completamente frantumate, è una di quelle verità su cui non riesce mai ad arrivare nessuna aspirapolvere.



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