Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Il
freddo, ieri, ha voluto dare un colpo di reni, sui miei di reni e
sulla mia schiena. Io ci avevo messo del mio, visto che avevo dormito
a pancia in sotto, con una canottierina e con il collo all'aria: la
cervicale era bene in vista, come se ci avessi disegnato un bersaglio
sopra. Il cecchino del freddo mi ha colpito alle spalle, come i
vigliacchi, come quell'amico burlone che, quando ti tagli i capelli,
si sente in dovere di darti un coppino sulla nuca.
Mi
sono alzata dal letto con fatica, climaticamente incredula.
In
corridoio, ho incontrato quel termosifone di Pezzetta, con le
infradito e la maglietta a mezze maniche, che mi ha detto: «Iris,
hai visto? E' arrivato il freddo, mi sono messo i pantaloni lunghi».
Io
non mi sono fatta rallentare dal suo dileggio e, con un vestitino con
le bretelle arrotolato a mo' di sciarpa e le parigine sopra ai
pinocchietti (non ho ancora fatto il cambio di stagione), ho
continuato la mia camminata rigida verso la cucina.
Quando
ho visto Oris, non sapendo da quanto fosse in piedi, non le ho
rivolto la parola: è una delle clausole del contratto tra
coinquilini, ma non dovete pensare che sia a suo favore. Per lei non c'è
problema se le rivolgi la parola, è come se pesti il piede a un
leone, non le fai poi così tanto male; il problema è che se non
hai sgabello e frusta, rischi la morte.
Evidentemente,
però, era già sveglia da un po' e, ravvivata dalla colazione che
Pezzetta le aveva preparato, mi ha rivolto la parola.
«Se
il tuo intento è citare il video di Paparazzi, dopo che Lady
Gaga è caduta dal terrazzo, hai sbagliato outfit, ma la postura a
ghiacciolo è perfetta»
«Lo
sapevo: è finito l'Estathè!»
«I
want your ugly/I want your disease/I want your everything/As long as
it’s free/
I want your love/Love-love-love/I want your love»
I want your love/Love-love-love/I want your love»
«La
situazione è seria, smettila di cantare»
«Iris,
io non sto facendo proprio niente»
«Baby
you’ll be famous/Chase you down until you love me/Papa-paparazzi»
E
infatti non era Oris: la musica veniva da dentro il frigo, incartata
nella carne cruda manco fossimo agli MTV Music Awards.
Il
primo freddo è come il primo caldo: può succedere di tutto. Devi
stare attento ad ogni cosa che dici perché se il vento muove i
bicchieri o il sole ne evapora il contenuto, può essere che evochi
tutto quello che pensi, come in una seduta spiritica.
Il
bello, riguardo a Lady Gaga, è che il mio primo ricordo di lei è
comunque legato al dolore: ero su un autobus che da Genova
Caricamento mi avrebbe portato a Genova Pegli con un mio ex
fidanzato, c'era traffico, era buio, avevo mal di testa e questi due
ragazzini hanno pensato bene di farsi musica col telefonino e
imparare le parole di Poker
face.
«No
he can’t read my poker face/(she’s got me like
nobody)/P-p-p-poker face, p-p-poker face/(Mum
mum mum mah)/P-p-p-poker face, p-p-poker face/(Mum mum mum mah)»
Ormai
non riesco più a pensare a Genova, senza pensare P-p-p-poker face.
Per
associarla a Via del campo, mi devo concentrare.
Impossibilitata
a fare colazione altrimenti, mi sono messa un cappotto non mio sopra ai
pinocchietti con le parigine, ho stretto il vestito con le bretelle
al collo e mi sono diretta verso il Carrefour. Blocco del collo,
colpo della strega, Pezzetta in infradito, Oris in vena di
chiacchiere o Lady Gaga: niente avrebbe potuto fermarmi.
Peccato
che, aperto il portone, mi sono ritrovata a Trieste: il vento mi
faceva sbattere la borsa contro la schiena ed era ovviamente
contrario al mio verso di percorrenza della strada. Ma soprattutto,
non ho potuto pensare a Trieste senza pensare a lei.
«La
mia vita è una roulette, i miei numeri tu li sai/Il mio corpo è un
moquette, dove tu ti addormenterai»
Siccome
arrivare al Carrefour era troppo, mi sono buttata in uno di quegli
alimentari che ti succhiano il sangue solo se entri, che una
bottiglia di Estathè la paghi come un diamante da un paio di carati.
Raffa è venuta fuori da dietro uno scaffale di barattoli di fagioli,
io ho gridato «Europa Europa» buttando la bottiglia di Estathè a
terra e tutti mi hanno guardato male. Forse perché non ho detto il
numero giusto dei fagioli contenuti nei barattoli.
«Pedro,
Pedro, Pedro, Pedro, Pe.../Praticamente il meglio di Santa Fe/Pedro,
Pedro, Pedro, Pedro, Pe.../Soli
io e
te»
Il
bello, riguardo a Raffaella Carrà, è che mi ha sempre fatto pensare
a mia madre che, a parte il fatto che è mora, le somiglia parecchio
e anche lei canta e balla molto volentieri (ma solo in privato -sennò
poi mi dice Su
quel blog mi fai passare come una che non è normale!).
Mammina cara, io non è che ti ci faccio passare, ti voglio ricordare
che, quando
ero piccola e non mi facevi fare colazione con l'Estathè, mi
preparavi mezzo litro di latte bollente (al quale, avremmo saputo più
tardi, sono intollerante) e mi obbligavi a berlo tutto. Io e Oris,
per evitare di vomitare a scuola, buttavamo l'in più nel lavandino
del bagno, una per volta, mentre l'altra faceva la guardia; e per
capire quanto ti stessi avvicinando a noi, valutavamo i decibel di
Pedro
Pedro Pedro Pedro Pe...
L'uomo
nero mi stava simpatico rispetto a Pedro Pedro Pedro Pedro Pe e ho
giurato su quel latte versato che mai e poi mai sarei andata a Santa
Fe.
Quando
sono uscita dall'alimentari, la bora mi ha spinto verso casa senza bisogno che camminassi e mi ha fonato i capelli così bene che quando sono
entrata, Oris mi ha detto: «Bella questa pettinatura, sembri
Reinhold Messner»
E
allora è arrivato lui e per il resto del pomeriggio ha ripetuto
Altissima,
purissima, Levissima,
mentre dall'ansia e dal dolore, io mi facevo di Estathè endovena.
Attenti
a quello che dite, leggete o pensate, durante i primi giorni
d'inverno: se è destino crasso, ve ne libererete in fretta, se è
destino tenue, vi aspettano metri e metri di congelatore, con indosso
solo le infradito di Pezzetta.
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