Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Quando ho scritto il
mio ultimo post, a luglio, pensavo che mi sarei buttata tra le
grinfie di quest'estate con spavalderia, che non avrei speso un
pensiero uno per le preoccupazioni quotidiane che mi avevano afflitto
durante il terribile nugolo di mesi di questa prima metà d'anno.
Avrei scoperchiato le onde, bevuto Estathè e rinvigorito la
pigmentazione della mia pelle, lasciando danzare la melatonina verso
lidi a me più consoni rispetto all'opaco olivastro che mi regala la
mia reclusione cittadina.
Niente poteva andare
storto.
Già. Niente.
Questo
pensiero di quieto ottimismo, lo devo imputare al mio amico Seitan,
già detto Ukulele che, dopo che Mark Zuckerberg ha cancellato tutte
le nostre chat per contenuti pericolosamente tristi, si è
licenziato, è diventato vegano, ha deciso di andare via dall'Italia
ed è sorprendentemente diventato una vocina positiva nella mia
testa.
«Mo,
basta. Famola finita co' sto mood emotivo da 'voglio rimpinguare le
tasche di un cazzo psicanalista a caso'!».
Mi
ha convinto.
Niente.
Poteva. Andare. Storto.
Non come quella volta
che mi sono messa a succhiare una biglia di vetro perché ero sicura che tutto, in fondo, fosse masticabile, e quella mi si è
incastrata in gola e sono quasi morta.
«Iris, le tessere del
domino non sono biscotti. No, non sono il negativo dei pan di stelle»
Questa voce fin troppo
realista è di Oris, invece, di parecchio tempo fa, in quel mio
periodo confusamente sinestetico, durante il quale lei smazzava carte
da poker che nemmeno una croupier e io mangiavo scontrini che manco
un evasore totale.
Quando ho scritto il
mio ultimo post, non sapevo che il giorno dopo mi sarei svegliata
strana, con un groppo in gola e che quel groppo ce l'avrei avuto per
i successivi venti giorni, durante i quali, non avrei scoperchiato
Estathè o bevuto onde, ma ripetuto ossessivamente: «Ho sputato
sangue», in un senso troppo poco lato per essere motivo di orgoglio.
Inutile dire che io ho
pensato fosse la tubercolosi, una cosa che mi avrebbe fatto sentire molto più
letteraria di quanto potrò mai essere.
Inutile dire che tutti
mi hanno giudicato con un: «È colpa dell'Estathè!».
Inutile dire che è
stata tutta colpa delle tessere del domino.
Le tessere del domino,
infatti, non sono biscotti, sono ore, giorni, mesi, sono pezzi di
tempo, sono la maniera in cui ci muoviamo all'interno della nostra
vita. Ognuno ci gioca come vuole. Alcuni costruiscono lunghe code
sfavillanti, figure che partono dal geometrico per arrivare
all'artistico. Altri incastrano sezioni di pallini in serpenti
bidimensionali con uno spiccato senso matematico. Certi, lasciano
tutte le tessere nel sacchetto.
Io, a quanto pare,
inanello coreografiche catene di sfiga che nemmeno a programmarle
sarebbero così perfette.
Riassumerei il mio
agosto nei seguenti punti:
- Sputo sangue.
- Torno a casa per andare dal mio medico di fiducia indossando una maglietta troppo larga, quindi alla stazione un'ape di quattro centimetri di quelle pelose mi si infila sotto la maglietta e mi punge pancia e mano.
- Al pronto soccorso scopriamo che non sono allergica, ma quella stronza cicciona (prontamente ammazzata da mia madre con una raccomandata) mi lascia un dolore immenso per i successivi due giorni.
- Il medico dice che, come al solito, è l'esofago, ha attaccato la faringe, facendola sanguinare (no turbecolosi, no party).
- Dieta («No, non fa niente che voi vi mangiate la frittura di pesce», «No, grazie, non posso bere nulla», «No, cazzo, non è colpa dell'Estathè»).
- Trattative con il medico: «Posso bere qualche Estathè?» «No» «Lei non capisce, io sono intollerante al latte! Devo fare colazione con l'acqua calda?» «Uno, ne può bere uno» «Uno? Ma è estate! È Sta Thè!» «Io credo che lei non voglia guarire».
- Fiducia mal riposta: impellente necessità di cambiare medico.
- Sotto l'ombrellone: io, un libro e Noremifa, una musicale alternativa al Gaviscon che mi procura delle macchie sulla pancia che mistifico dicendo a mia madre «No, non ti preoccupare, ci sono partita da Roma».
- Blocco intestinale causa dieta («A questo punto era meglio mangiare la frittura di pesce», direbbe quel burlone del mio medico).
- Rash cutaneo sulla fronte («Che bella pelle che ti fa il mare!»).
Potrei continuare, ma
mi fermo perché dieci tessere mi sembrano abbastanza per dire che
dopo che, a luglio, ho fulminato tutto ciò che di elettronico
possedevo e che, ad agosto, ho resettato il mio apparato
gastrointestinale (per inciso: sto facendo ancora la cura e sono
intrattabile), non mi aspetto grandi cose da questo settembre.
Ma siccome voglio
essere fiduciosa, ruberò la voce a un amico bandito (che stava
parlando con Oris e non con me, quindi è un vero furto): «Bisogna
chiudere questa stupida estate e iniziare una nuova stagione. La
sorte ce lo deve. Ho bisogno di tornare al 2004 per incontrare certi
apici di malinconia».
Se volete avere notizie
di Pezzetta, l'ultimo suo avvistamento è stato su Monte Miletto: ha
pensato di scalare 2050 metri con le Clarks fino a che, perculato da
due ornitologi (stavano cercando un Piviere Tortolino e hanno trovato
Pezzetta, pensate che sfiga pure loro, poveracci), ha comprato 90
euro di scarpe da trekking e ci ha telefonato con un attacco di
dispnea talmente acuto che sembrava calabrese.
Quando voi postavate su
Facebook le foto strafighe della vostra vacanza, sappiate che io
brindavo a voi con il mio musicale Noremifa che mi
ha dimostrato che, alla fine, non tutto è commestibile, visto
che quell'antiacido, sia alla vista che al gusto, sembra uno di quegli shampoo
monouso che ti danno in albergo.
Però, almeno, grazie a
lui, mi sono sentita un po' in vacanza anch'io.
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