Se avessi potuto
scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Sono tre mesi che ci
siamo trasferiti nella casa nuova, eppure non smettono di succedere
le cose che facciamo per la prima volta nella casa nuova. La prima
cena sociale. La prima sciarpa chiusa. La prima volta che Core è
caduta per strada venendoci a trovare. La prima torta salata. La
prima torta dolce. La prima bottiglia di Estathè essiccata
(ovviamente questa è stata la prima cosa che ho fatto, in assoluto,
nella casa nuova).
E adesso, il primo
albero di Natale.
La lunga diatriba che
ha preceduto la messa a punto dell'addobbo è stata scandita dal
sottofondo di Oris che inneggiava alle palle di cioccolato, sua unica
vera richiesta, mentre io e Pezzetta discutevamo sulla verità più
profonda dell'albero di Natale: in sostanza, io volevo usare il
vecchio albero in pura plastica, spelacchiato e stortigno, mentre
Pezzetta voleva comprare un albero vero.
Alla fine ho ceduto, perché era l'unica maniera di impedire ad Oris di continuare a
urlare: “Palledicioccolatopalledicioccolato”, saltellando per
casa come in overdose da zuccheri.
Quando
Pezzetta e l'albero hanno citofonato, sono andata ad aspettarli
davanti all'ascensore, pensando a quelle scene da film americano con
abeti giganti trascinati per metri che sembrano chilometri. Solo che la luce
dell'ascensore non si accendeva e sentivo i passi di Pezzetta per le
scale.
“O
l'albero sta salendo da solo, oppure è talmente piccolo che non ha
dovuto nemmeno prendere l'ascensore”.
“Palle
di cioccolato”, mi ha risposto Oris contrariata.
Era
chiuso in una rete arancione, era pungente e profumava di bosco.
“Sono
Æbete, il vostro albero di Natæle”, ha detto.
Mi
ha guardato, io l'ho guardato, poi ho guardato Pezzetta e ho spinto
Oris affianco al sempreverde.
“E'
più basso di Oris, che è la misura universale della bassitudine.
Praticamente, potevamo addobbare una bottiglia di Estathé...”.
Æbete
è parso offeso, tutto aggrovigliato su se stesso, anche perché, in
realtà, era alto come ben tre bottiglie di Estathè
messa una sull'altra.
“Sono
un ænimo
sensibile, io. Se non mi volete, mi faccio da pærte”
“Abete,
scusa, ma mi sa che ti sei già fatto da parte”
“Si
dice Æbete, è questa la pronuncia
giusta.”
“Beh,
èbete, pendi da un parte. Ti hanno invasato male.”
“Potrei
denunciarti per maltrattæmenti.”
Mentre
disquisivo con Abethé, Oris ha cominciato ad addobbarlo, ha
preparato una cioccolata calda che nemmeno nella pubblicità Ciobar
(suppongo fosse un tentativo di fare da sola le palle di cioccolato
che non le abbiamo comprato) e devo dire che aprendo le braccia, il vegetale ha
acquisito fascino.
“Niente
puntæle, græzie.
Equivarrebbe a tagliarmi
la testa“
“Palle
di cioccolæto”,
ha chiuso Oris prima di far partire l'illuminazione.
Chiaramente,
Æbete è già diventato uno di
famiglia, ci ha riunito intorno a lui per parlare male degli alberi
di natale troppo magri, di quelli tossicodipendenti,
dell'associazione solidale con gli alberi costretti alla coabitazione
con i felini e del gruppo di supporto per la depressione post feste.
Poi, ci ha anche cantato le canzoncine migliori, con quella sua
pronuncia un po' læppone, trasportando
Oris in un coro da vecchia frequentatrice di karaoke,
quando ha attaccato con “La prima cosa bella”.
“Questa
non è una canzone di Natale”, li ha interrotti Pezzetta con il suo
peso specifico musicale elevatissimo.
“San
Nicola di Bari ha dato origine al mito di Santa Claus”, ho detto io
con sapienza, smuovendo l'Estathè in un bicchiere da whisky.
“San Nicola di Bæri”,
ha ripetuto Æbete, mostrandoci
una chiara pronuncia pugliese più che lappone.
Stiamo
costruendo un cubo con i vuoti di Estathè per mettere i tacchi ad
Æbete, in modo che sia alto almeno
quanto Oris e il pensiero che finite le feste ci dovremo dividere
inizia già a distruggerci.
Credo
che lo faremo rimanere in casa per sempre.
Potrebbe
essere la prima cosa veramente bella che facciamo nella casa nuova,
oltre a raccogliere i punti dei Regalissimi Ferrero che giustificano
il mio abuso teinico con l'obiettivo di un tostafette che disegna delle
N di Nutella sul pane.
“Enne
di cioccolato”, ha detto Oris.
“Enne
di Nicola di Bari”, ha detto Pezzetta
“Enne
di Natæle”,
ha detto Æbete.
Enne di Estathè, ve lo dico io.
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