Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
Non
è facile muoversi con grazia e abilità in questa natura ostile, sia
quando essa è sotto forma di intricata giungla online che quando è
una desolata tundra off. È
questo il motivo principale per cui io procedo goffa e scontrosa
lungo i sentieri sconnessi di questo mio perenne campeggio
esistenziale.
Sono
una giovane marmotta dipendente dalla teina, alla disperata ricerca di
regole di vita sensate, di linee guida che mi facciano sembrare un
po' più elegante e un po' meno impervia nelle mie esternazioni. Non
ho fatto altro che pensare a questo, nei giorni confusi che sono
passati tra l'uscita del mio libro e la sua prima presentazione pubblica.
Mentre
ero alla ricerca di punti fermi, mi sono ricordata che, nella mia
vecchia casa, quella in cui ho vissuto per tanti anni e con tanta
-troppa- gente, avevamo un Manuale
di sopravvivenza
tra i libri: ce lo aveva lasciato la proprietaria di casa, insieme a
un paio di spade incrociate dietro a uno scudo e a un quadro del
Vate, appeso molto in alto, che ci ammoniva torvo quando mangiavamo
la Nutella del Todis, foriero di cattivissimi presagi. La meraviglia
di questo Manuale
di sopravvivenza
era nel suo essere perfettamente inutile, visto che ci forniva
risposte a domande che non ci saremmo mai fatti: la prima volta che
lo abbiamo sfogliato voracemente è stata la sera che una tempesta ha allagato il terrazzo della nostra palazzina e l'acqua ha
iniziato a uscire dai lampadari e dalle prese della corrente del
nostro attico. Lo abbiamo sfogliato a lume di candela («Sì, anche
questa candela l'abbiamo comprata al Todis, Gabriè!») e la pagina
più utile che abbiamo trovato per risolvere il nostro problema è stata: Come
difendersi dall'attacco inatteso di un gruppo di oche.
Era
letteratura di altissimo livello, chiaramente, ma assolutamente priva
di un'utilità di qualche tipo; infatti Qui, Quo e Qua, che erano con
me quella sera, mi hanno fatto notare che non ci avrebbero potuto
accendere nemmeno un fuoco con quelle pagine, tanto erano insolventi.
È
per loro e per me che ho provato a fare un piccolo decalogo
fuoricampo, una voce che possa seguirmi e seguirci quando, strafogandoci di Estathè e guardando la nostra bussola interna, ci
diciamo: «Vabbè, quello è il nord. E quindi?».
PUNTO
PRIMO: Essere specifici e concreti; ambire alla precisione e curare
le bugie fino a renderle quasi verità con i cerotti.
«Qui,
Quo e Qua, vi piace leggere?»
«Noi
leggiamo solo il Manuale delle giovani marmotte»
«C'è
una cosa che vi devo dire e allora vorrei farmi aiutare da un saggio
di John Barth sulla scrittura, che ne parla in termini di specificità
e cita questa frase meravigliosa di Dylan Thomas sulle descrizioni
generiche che certi scrittori fanno...»
«Taglia
corto, Iris»
«Tutti
gli alberi sono querce -tranne i pini»
«Ovvero?»
«È
la frase di Thomas»
«Non
capiamo»
«Era
per dire che voi vi chiamate Giovani Marmotte, ma in realtà siete
disegnati come anatre antropomorfe, pur essendo dei paperi»
«E
quindi?»
«I
paperi sono i maschi delle oche che non hanno ancora raggiunto la
maturità sessuale. Quindi, in pratica, voi siete un gruppo di oche»
«...»
«Ok,
forse non avrei dovuto dirvelo»
«...»
«Scusatemi»
PUNTO
PRIMO bis: Essere specifici e concreti; ambire alla precisione e
curare le bugie fino a renderle quasi verità con i cerotti MA stando
attenti a non essere troppo puntigliosi e pedanti.
«Pallax, ho letto il tuo messaggio che diceva EMERGENZA. Che è
successo?»
«Una
tragedia, Iris. Una tragedia. Sai l'orecchio che mi faceva male?»
«Eh,
non era domani che dovevi vedere l'otorino?»
«Sì,
è domani. Ma siccome 'sto tipo non lo conosco, ho pensato di andarlo
a cercare su Google e mi è uscita la sua pagina Facebook»
«E
quindi?»
«Oh,
è della LAZIO! Della LAZIO! Mi farà malissimo, sarà cattivo e
stronzo, un tipo improponibile, già lo so. E ho paura!»
«...»
«Iris‽»
«...»
«Cos'è
quel segno incomprensibile che mi hai fatto usare‽
Ecco! L'hai fatto di nuovo!»
«È
il punto esclarrogativo. Direi che te lo sei meritato. Non credi?»
PUNTO
PRIMO tris:
Essere specifici e concreti; ambire alla precisione e curare le bugie
fino a renderle quasi verità con i cerotti, stando attenti a non
essere troppo puntigliosi e pedanti E fidandosi delle opinioni degli
altri.
«Iris
che c'hai? Ti vedo pensierosa»
«Eh,
nonno: domani ho la prima presentazione. Ho paura»
«Non
devi avere paura»
«Eh,
ma ce l'ho»
«Ci
pensa nonno. Beviti sto vinello frizzantino, me l'ha portato zio»
«Nonno,
non lo so se è il caso»
«Fidati
di nonno»
(…)
«Peppì,
dove sta tua nipote?»
«In
bagno...»
«Nonna,
eccomi. Scusa»
«Scusa
di cosa?»
«Ho
vomitato»
«Quello
è stato l'Estathè. Non ti preoccupare. Hai scaricato?»
«Il
fatto è che è stata una cosa improvvisa e ho vomitato nel
lavandino»
«...»
PUNTO
PRIMO quater: Essere specifici e concreti; ambire alla precisione e
curare le bugie fino a renderle quasi verità con i cerotti, stando attenti
a non essere troppo puntigliosi e fidandosi delle opinioni degli
altri MA fino a un certo punto.
«Sapete qual
è quel punto, cari Qui, Quo e Qua? Quello che ti impedisce di vomitare nel lavandino del bagno dei tuoi nonni...»
«...»
«Scusatemi:
il fatto è che non sono capace di fare i decaloghi, non sono stata
in grado di andare nemmeno oltre il punto uno»
È
per questo che l'altro giorno ho costretto Oris a venire con me nella
casa in cui abbiamo vissuto per tanti anni e con troppa gente, con la
scusa della borsa di quando faceva danza da piccola, persa nel
trasloco che abbiamo fatto due anni fa (ovviamente, Oris si è
accorta di averla persa l'altro ieri e potrebbe essere praticamente
ovunque). Ma io l'ho spinta a fare quell'improvvisata perché il mio
vero intento era di rubare il fantastico e folle Manuale
di sopravvivenza,
sotto agli occhi sconvolti del Vate. Invece mi sono ritrovata a
cercare la borsa di Oris con la testa in un soppalco impolverato e un
paio dei nuovi inquilini di quella casa che mi guardavano sconvolti.
E
ho perseverato nel mio essere goffa, scontrosa, impervia e poco
elegante.
Ma
che vi devo dire? Almeno ci ho provato.
Ho
imparato a leggerla quella dannata bussola, ma con questo nord non so
davvero cosa farci.
P.S.
Per mera informazione: la presentazione del mio libro è andata, in
qualche modo, e non ho vomitato in nessun altro lavandino. Solo che della
cosa ho ricordi vaghi: non so cosa ho detto, in che modo l'ho detto,
con che voce l'ho detto. Era come se fossi ubriaca. Deve essere colpa
del vinello frizzante che mi ha fatto bere nonno Peppino.
P.P.S.
Il punto esclarrogativo è un'arma per difendersi dai fattoriali che
mi ha insegnato una mia amica molto pericolosa. Vi invito a
servirvene, in caso di necessità.