Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
“Ehi
tu, Dio!”, gli avrei detto “Non darmi tutte queste tette, dammi
una voce fuoricampo”
E'
arrivato un caldo che fa sudare pure i gomiti, pure gli occhi, pure
le parole; quindi ce ne stiamo tutti zitti zitti, alla ricerca
disperata di un riparo occasionale negli spruzzi d'ombra di ogni
tipo: alberi, balconi, giganti dalle pettinature afro, perfino pali
della luce.
Una
situazione surreale.
Ho
visto un bambino farsi ombra sugli occhi con il gelato, per guardare
la vetrina di un negozio di giocattoli, mentre sua madre leccava il
cono per non farlo sporcare ed era prospetticamente sistemata dietro
lo spazio di competenza di un orso gigante, posizionato all'ingresso
del negozio di giocattoli, che gettava una tenue oscurità sui piedi
della signora, per evitare che sudassero. Almeno quelli.
Siccome
ero lì, ho fatto un po' di ombra all'orso (mutua assistenza urbana),
mentre guardavo quella matrioska di famiglia accaldata (e accalcata).
Quando
lui mi ha ringraziata, ho capito che c'era qualcosa che non andava e
che quasi sicuramente stavo sognando.
Ho
appena imparato cosa sia l'onironautica, grazie ad un libro prestato
da un'amica che non è una teiera (e che purtroppo beve caffè freddo
-e vabbè, che dobbiamo fare...-), quindi mi sono messa subito
all'opera ed ho seguito le regole per capire se fossi all'interno di
un sogno lucido.
Mi
sono specchiata nella vetrina: ero deformata.
Ho
chiesto l'orario ad un passante per due volte di seguito e alla prima
ha detto: “Sono le due”, mentre alla seconda ha detto:
“Vaffanculo” (per il sogno lucido, devi avere due risposte
diverse: ci siamo).
Ho
letto la temperatura su un display. Trentacinque fottutissimi gradi e
subito dopo trentasette fottutissimi gradi.
E'
fatta: sto sognando.
Posso
fare ciò che voglio.
Christopher
Nolan: a noi!
“Ma
che vuoi?”
“Sei
Christopher Nolan?”
“No,
so' tu nonno in carriola...”
Non
ci siamo. Devo essere io alla guida di questo sogno: adesso abbasso
la temperatura, congelo il gelato del bambino, mi alzo in volo e vado
a fare due chiacchiere con quelle dannate taccole assassine che fanno
incetta di piccioni ululando alle quattro di notte, metto l'aria
condizionata su tutti i cazzo di autobus di Roma, do una messa a
posto alla metro B1, elimino in maniera definitiva l'utilizzo di
pantaloncini imbarazzanti e distribuisco brick di estathè in tutti i
bar di Roma.
“Ah
bella! Attraversi o no?”
“Sei
Christopher Nolan?”
“Chi
sso' io? Che hai detto? Guarda che io te gonfio...”
“No,
non hai capito! Io mi chiedevo solo se fossi il regista di...”
“Il
regista de che? Ma allora tu me vòi proprio fa perde' la pazienza
regazzì?”
Quando
sono passata di nuovo vicino all'orso e ho visto il gelato del
ragazzino squagliato sui piedi della madre, l'orso mi ha detto:
“Grazie” e allora ho capito che forse mi ero sbagliata. Quindi
gli ho chiesto che ore fossero e l'orso mi ha guardato perplesso
prima di dire: “Grazie”. Non ero in un sogno lucido: non avrei
avuto falsi risvegli, allucinazioni uditive o turbanti stati
ipnopompici.
I
gradi aumentano davvero a vista d'occhio; l'aria condizionata è uno
stato di grazia che non ci è concesso e le taccole, se non stai
attento, iniziano a girarti sopra la testa, facendo strani versi.
Nonostante
la tentazione di domandare all'automobilista nervoso se avesse almeno
visto 'Inception' , ho optato per entrare in un bar e chiedere un
brick d'estathè.
“L'Estathè
non ce l'abbiamo. Abbiamo il thè fatto da noi”, mi hanno detto,
scuotendo una bottiglia di acqua Levissima piena di un liquido
torbido.
Altro
che onironautica, questo è un incubo ad occhi aperti.
“Non
ti puoi mettere contro di me, mia cara, io ho diretto 'Memento', 'Il
cavaliere Oscuro' e...”
“Beh,
allora tu sei Cristopher Nolan?”
“Di
certo non sono tuo nonno in carriola”
“Tu
hai salvato Batman. Tu hai salvato un supereroe. Tu sei un mito.”
“Tu
hai un'amica tejera e delle paralisi ipnagogiche. E non fai nemmeno
uso di droghe.”
“Non
credo che mi daranno un oscar per questo.”
“No,
nemmeno io. Non con questo caldo, perlomeno.”
Ho
abbracciato l'orso, fino a quando non mi hanno cacciato via.
Poi
sono tornata a casa ed ho cercato di dormire.
Quando
dormo, posso aprire un'anta dell'armadio e ritrovarmi ad Istanbul
oppure sganciare la pistola di un distributore di benzina e riempirmi
di estathè oppure girare per strada a mezzogiorno senza colare come
se fossi appena uscita da una doccia.
Quando
dormo, è tutto più semplice.
Il
mondo reale è monotono e privo di inventiva.
E
poi fa sudare troppo.