Se
avessi potuto scegliere, io avrei voluto una voce fuoricampo
«Ehi tu, Dio!»,
gli avrei detto, «Non darmi tutte queste tette, dammi una voce
fuoricampo»
Ci
sono periodi in cui sembra che il mondo abbia un bisogno incredibile
di colla: calze che si strappano, scaldabagni che perdono, lavatrici
che non centrifugano, wi-fi che spariscono dalla vista del computer
in continuazione. Tutto si disfa, i giorni vanno in frantumi, le
settimane sembrano depositi di cocci e i mesi diventano armi
inceppate che ci rigiriamo nelle mani, chiedendoci come potremo mai
usarle nelle nostre piccole guerre di quotidiana resistenza.
Di
solito, sono così tutti i periodi di festa.
«Percepisco in te davvero molta gioia, molto spirito natalizio e tante speranze per il nuovo anno a venire», mi ha detto ironico il signor Wolf, mentre aprivo la lavatrice per rimettere la cinghia nel suo alloggiamento, in modo che cestello e motore fossero di nuovo collegati.
«Sono una centrifuga di assoluta felicità. È così evidente?», ho risposto, coperta dal suono della lavatrice che ricominciava a funzionare.
Sono giorni, settimane, almeno un mese che mi asfissia con i suoi metodi di risoluzione dei problemi, con il suo papillon e la sua eleganza immacolata. Mi insegue dappertutto, mi dà ordini, si beve il mio Estathè dentro una tazza e usa il sarcasmo come una frusta mentre mi trascino di riparazione in riparazione. Spesso, imita perfino se stesso in Pulp Fiction.
«Non sono qui per dirti Per favore, sono qui per dirti cosa fare. E se un istinto di conservazione ancora lo possiedi sarà meglio che tu lo faccia. E subito anche...»
«Percepisco in te davvero molta gioia, molto spirito natalizio e tante speranze per il nuovo anno a venire», mi ha detto ironico il signor Wolf, mentre aprivo la lavatrice per rimettere la cinghia nel suo alloggiamento, in modo che cestello e motore fossero di nuovo collegati.
«Sono una centrifuga di assoluta felicità. È così evidente?», ho risposto, coperta dal suono della lavatrice che ricominciava a funzionare.
Sono giorni, settimane, almeno un mese che mi asfissia con i suoi metodi di risoluzione dei problemi, con il suo papillon e la sua eleganza immacolata. Mi insegue dappertutto, mi dà ordini, si beve il mio Estathè dentro una tazza e usa il sarcasmo come una frusta mentre mi trascino di riparazione in riparazione. Spesso, imita perfino se stesso in Pulp Fiction.
«Non sono qui per dirti Per favore, sono qui per dirti cosa fare. E se un istinto di conservazione ancora lo possiedi sarà meglio che tu lo faccia. E subito anche...»
E
io lo faccio, faccio davvero tutto, ma inizio a pensare che sia colpa
sua se c'è sempre un problema, un po' come quel fatto che quando
arriva la signora Fletcher in una città, in quella città muore di
certo qualcuno. Ecco, quando c'è il signor Wolf che ti tampina, di
certo avrai sempre un problema da risolvere.
E
infatti lui era con me quando sono andata a trovare Ioris e, prima,
mentre eravamo a casa sua a Torino, si è rotto lo scarico del bagno
e siamo state a passarci cacciaviti e pazienza in piena notte e, poi,
mentre da Fenegrò andavamo a Milano, si è forata la ruota
posteriore destra, facendoci sbandare. Era con me quando si sono
rotte le macchine di Draco Malfoy e di mio padre e quest'ultimo,
oltre ad essere rimasto a piedi nel giorno di Natale, ha anche
rischiato di rompersi qualche osso cadendo dal letto tra le risate di
madre (che aveva sperimentato un nuovo metodo di passare
l'aspirapolvere insieme alla donna che l'aiuta a pulire e, avendo
sollevato il letto per poi lasciarlo ricadere a terra malamente,
aveva incrinato uno dei piedini della rete, rompendolo).
Il
signor Wolf era lì mentre mi si fracassavano amiche a causa di
rapporti decennali finiti nel cesso con lo scarico rotto e mentre le
gengive di amici senza alcun giudizio venivano aperte da qualche
insolente tentativo di crescita. Era lì quando ho detto «Buon
Natale» a mia nonna e lei mi ha risposto che il termosifone non si
scaldava, che c'erano stati tantissimi furti nel suo quartiere e che
le si era pure ristretta l'immagine della televisione – il tutto
con un gergo parecchio scurrile.
Ci
sono periodi in cui sembra che sia davvero impossibile trovare la
colla giusta o il giusto collant, e allora si finisce per usare dello
scotch che, se va bene per i pacchi di Natale, andrà bene anche per
il mondo, i cocci, il wi-fi e tutto il resto.
«Tua sorella sta facendo dei pacchetti regalo orrendi. Fai qualcosa, ti prego», mi ha detto il signor Wolf, mentre arricciando nastrini rossi e blu di decorazione, pensavo alle mie bellissime forbici bianche, trovate al loro posto nel cassetto, due settimane prima, ma spezzate. Ovviamente avevo dato la colpa a Draco Malfoy che, sebbene fosse uno solo dei tre ospiti che avevano dormito a casa mia la notte precedente al danno e sebbene si fosse ampiamente discolpato, nell'iconografia del mio personale Mercante in fiera, è e sempre sarà un goffo e spaesato Vincent Vega che gira su stesso senza capire cosa diavolo fare e finisce per combinare sempre e solo guai.
«Tua sorella sta facendo dei pacchetti regalo orrendi. Fai qualcosa, ti prego», mi ha detto il signor Wolf, mentre arricciando nastrini rossi e blu di decorazione, pensavo alle mie bellissime forbici bianche, trovate al loro posto nel cassetto, due settimane prima, ma spezzate. Ovviamente avevo dato la colpa a Draco Malfoy che, sebbene fosse uno solo dei tre ospiti che avevano dormito a casa mia la notte precedente al danno e sebbene si fosse ampiamente discolpato, nell'iconografia del mio personale Mercante in fiera, è e sempre sarà un goffo e spaesato Vincent Vega che gira su stesso senza capire cosa diavolo fare e finisce per combinare sempre e solo guai.
«Signor
Wolf...»
«Chiamami
pure Winston»
«Allora,
Winston, il punto è questo: se vado avanti ad aggiustare tutto
quello che consideriamo rotto, non ne uscirò mai. Ci pensi che
potrebbe essere che è il voler risolvere questi problemi a crearli?»
«No,
Iris. La vita è una Chevrolet verde del 1974 con un cadavere nel
portabagagli, un cadavere di cui ci dobbiamo disfare...»
«E
se fossi tu il cadavere nel mio portabagagli? Se fosse la mia mania
del controllo a far sembrare questo 2016 un cantiere aperto della
Metro C?»
«Ma
stai facendo tutto questo casino perché è finito lo scotch?»
«Mi
sa che il regalo di Natale migliore che posso farmi è sbarazzarmi di
te...», ho chiosato, iniziando a vedere la palese asimmetria dei
pacchetti che stava facendo Oris. Lei ha colto il dissenso nel mio
sguardo, ha preso una pallina dall'albero e me l'ha tirata contro,
beccando in pieno la tazza di Estathè del signor Wolf.
Forse
il mio Natale sarebbe stato meno ridicolo se a mia madre non fosse
venuta una paranoia folle che i ladri sarebbero passati anche da casa
nostra o se a mia nonna non avesse preso la mania di dire un sacco di
parolacce. L'unione delle due cose ha fatto sì che, per evitare una
rivolta piena di insulti, la vigilia l'abbiamo dovuta festeggiare a
casa sua, lasciando casa nostra preda facile di furti: così mia
madre al grido di «Si possono portare via la casa, ma se prendono il tuo computer poi chi ti vuole sentire!» ha
barricato le finestre con scope e sedie e ha convinto mio padre a
cercare di infilare il mio computer nella cassaforte dei suoi fucili.
Siccome non c'entrava, alla fine è stato messo in una cassapanca
della mansarda, in mezzo ai vestiti mimetici di mio padre ma, visto
che la cosa non ci dava abbastanza sicurezza, è finito sulla mia
schiena.
Forse
il mio Natale sarebbe stato meno ridicolo se non mi fossi dovuta
portare lo zaino con il computer in giro, come farebbe una ragazza
strampalata che non si fida delle mura, delle porte, delle finestre,
degli hard-disk esterni e della propria fiducia nelle fasce di tenuta
del mondo. O forse sarebbe stato meno ridicolo se, mentre ci
scambiavamo i regali, mio cugino non mi avesse chiesto di
presentargli Draco Malfoy, dicendomi che lo aveva tanto apprezzato
nella sua partecipazione a Pechino Express e facendomi pensare
insistentemente alle mie forbici bianche.
Di
fatto, mentre io cercavo di aprire i regali senza strappare la carta
dei pacchetti, il signor Wolf sbraitava alla vista del caos che il rompere, il tirare, il tranciare buste e fiocchi creava
nella stanza.
«Raccogli
quei pezzi!», mi ordinava: «Pulisci questo casino, Iris!»
«Winston,
ma si fa così con i regali...»
«Winston?
Chi ti ha dato il permesso di chiamarmi Winston?»
«Penso
in fretta e quindi parlo in fretta...», ho provato dire,
imitandolo nella scena di Pulp Fiction, ma senza ottenere
nient'altro che una sequela di nuovi ordini e poi una elegantemente
immacolata uscita di scena.
Alla
fine di certi periodi, quando colla, scotch, corde, nastri, cinghie e
signori Wolf non sono più disponibili, l'unica cosa da fare è
lasciar andare: bucare tantissimi Estathè, berli e poi
accartocciarseli in mano fino a romperli. Forse è una maniera un po'
didascalica per sottolineare l'importanza delle cose rotte, ma non
sempre far ripartire un termosifone o ristabilire la grandezza
desiderata dello schermo per vedere al meglio SL48 sono la cosa più
onesta che possiamo fare.
Per
questo ho deciso di togliermi il papillon e di far sì che il
disordine di Oris non mi tangesse, ho deciso di mollare la presa e di
lasciare intorno a me dello spazio non costruito, delle macerie
fortemente asimmetriche.
Giuro
che non rimetterò dritti i vostri quadri, non sprimaccerò con
costanza tutti i cuscini del mondo, non piegherò i vestiti di mia
sorella e non sistemerò il caricabatterie di mia madre, lascerò che
la lavatrice non funzioni e che i rubinetti perdano, mischierò i due
mazzi delle carte del Mercante in Fiera in modo che Draco
Malfoy sia sempre più confuso e non lo aiuterò a districarsi tra i
suoi guai, mi scorderò di pagare le bollette e lascerò il computer
acceso anche quando non sono a casa. Lo giuro. Non sistemerò più
niente.
Poltrirò
lungo tutto questo cantiere aperto, per ogni giorno di questo dannato
2016.
«E
per il 2017?»
«Ah,
per quello, stai pure tranquillo, signor Wolf. Domani, a mezzanotte
in punto, puoi tornare...»
Il
fatto che le cose non cambino, anche quando sono addobbate a festa o
completamente frantumate, è una di quelle verità su cui non riesce
mai ad arrivare nessuna aspirapolvere.
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